Cracking Covid, un documentario (girato via Zoom) con il Nobel Doherty
La regista Sonya Pemberton entra nel Doherty Institute durante la pandemia, per girare un documentario insolito, via Zoom
Prendiamo Sonya Pemberton, documentarista vincitrice dell’Emmy Award nel 2012, e Peter Doherty, medico veterinario e Nobel per la medicina nel 1996 per aver scoperto come il sistema immunitario riconosca le infezioni virali, e facciamoli incontrare in tempo di pandemia. Il risultato? Un documentario day-by-day girato via Zoom sull’attività di ricerca del Doherty Institute di Melbourne, centro di eccellenza per le infezioni e l’immunità, dove scienziati e opinion leader collaborano per migliorare la salute umana a livello globale. L’Istituto ha contribuito fortemente, in Australia, alla lotta al Sars-CoV-2. Nato come joint venture tra Royal Melbourne Hospital e università locale, è al primo posto in Australia nel Times Higher Education e tra le principali realtà accademiche al mondo: l’Istituto non vanta solo la competenza di un Nobel in carne e ossa, ma anche quella di Sharon Lewin dell’università di Melbourne, leader nella ricerca clinica dell’Hiv. Al loro fianco, 700 professionisti applicano quotidianamente un approccio multidisciplinare alla gestione di focolai infettivi e allo sviluppo di strategie per prevenire, trattare ed eliminare le malattie infettive.
Cracking Covid, questo il titolo del documentario lanciato dall’emittente Abc il 13 luglio scorso, è stato un progetto in continua evoluzione, come ha dichiarato la stessa Pemberton in un’intervista a The Age. La giornalista è stata davvero un’inviata speciale, avendo avuto accesso alle videochiamate Zoom quotidiane tra Peter e l’Istituto: in fase di montaggio, Pemberton si è resa conto che la parte più efficace, oltre alle testimonianze dirette di pazienti che avevano contratto l’infezione, era proprio quella delle conversazioni tra il premio Nobel e i suoi colleghi. “Tutto reale e crudo”, dirà sempre a The Age. Realizzare questa sorta di reality dell’era pandemica ha richiesto circa un anno di lavoro.
È stato dimostrato che un buon lavoro di squadra migliora i risultati e limita gli errori medici. Ma cosa è successo quando Covid-19 ha costretto il teamwork a trasferirsi su Zoom? Secondo uno studio dell’Università di Yale che analizza proprio questo passaggio, la pandemia ha offerto un’opportunità unica per re-immaginare, rinvigorire e innovare i metodi dell’apprendimento in team. E Doherty – classe 1940 – non ha esitato a cogliere questa opportunità, fondendo scienza e videoconferenze telematiche, per interagire con il suo team. Nel febbraio scorso, poi, ha trovato anche il tempo di chiedersi Cosa abbiamo imparato da Covid-19?, rispondendo che “impariamo dalle sfide, dai danni e dai fallimenti” e, quindi, anche da una pandemia. E che la salute è one health – dunque una sola, per esseri umani, animali e ambiente – e, ancora, che la politica deve proteggerla, se vuole evitare future pandemie.
Adesso torniamo con lo sguardo su Cracking Covid ed eccolo riapparire, Doherty, mentre spiega concetti basilari dell’immunologia; sotto, intanto, scorreranno suggestive ricostruzioni 3D di linfociti B e T, utili alla comprensione. E non mancheranno l’ironia e la sagacia con cui Doherty è solito condire i suoi interventi: “Non è mica una medaglia di cioccolata!” – dirà a un certo punto, sorridendo, con il suo Nobel in mano a favore di webcam.
Immagine in evidenza: Credit {Foto di Pavel Danilyuk da Pexels}
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