Bovet

Daniel Bovet, il chimico che sintetizzò gli antistaminici

La storia di Daniel Bovet, dalla formazione in ambito chimico-farmacologico al Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia, assegnato nel 1957. I suoi studi hanno permesso la sintesi dei primi antistaminici e dei primi anestetici sintetici per le sale operatorie

Per le sue scoperte in relazione a composti sintetici che inibiscono l’azione di alcune sostanze dell’organismo, e soprattutto alla loro azione sul sistema vascolare e i muscoli scheletrici”; con questa motivazione, nel 1957, veniva insignito del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia Daniel Bovet, biochimico svizzero naturalizzato italiano. Le sue ricerche nel campo della farmacologia hanno permesso di migliorare molti farmaci utilizzati nelle sale operatorie e nei trattamenti di chemioterapia. Bovet, insieme alla sua equipe, è ricordato soprattutto per la scoperta della pirilammina, il primo farmaco antistaminico.

Daniel Bovet nacque il 23 marzo del 1907 a Neuchậtel, in Svizzera, da una coppia di professori universitari. Dai quattro ai diciotto anni frequentò un istituto delle scuole Montessori a Bourg-de-Four, interessandosi all’anatomia umana e animale, fino a laurearsi in Scienze nel 1927 all’Università di Ginevra con una tesi sulla zoologia e sull’anatomia comparata. Dopo la laurea si interessò alla chimica farmacologica, fino a quando, nel ’29, venne ammesso come assistente nel laboratorio di chimica terapeutica dell’Istituto Pasteur di Parigi. Qui la carriera di Bovet accelerò rapidamente: in poco tempo, grazie ai suoi successi scientifici, passò da assistente a direttore dell’istituto.

Daniel Bovet.
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Nel laboratorio di chimica terapeutica dell’Istituto Pasteur Bovet conobbe molti di quei ricercatori che gli sarebbero stati a fianco nel resto della sua carriera: anzitutto Filomena e Federico Nitti, batteriologi e futuri moglie e cognato di Bovet, il farmacologo Ernest Fourneau e il chimico Jacques Tréfouël. È in questi anni che, insieme ai Nitti, Fourneau e Tréfouël, Bovet iniziò a studiare l’efficacia antibatterica dei sulfamidici, molecole composte da un gruppo aromatico e un solfonammide, prima su modelli sperimentali e poi in clinica. L’equipe di Bovet riuscì a dimostrare che l’azione antibatterica di un farmaco tedesco, il Prontosil rosso, era da attribuire alla sola porzione sulfamidica della molecola. Durante gli studi nei laboratori dell’Istituto Pasteur, Bovet e i membri della sua equipe scoprirono l’efficacia antistaminica della molecola pirilammina; la sintesi del primo farmaco antistaminico valse a Bovet il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia, assegnatogli nel 1957.

Il periodo di Parigi giunse al termine, segnato da nuovi temi nelle ricerche e da un lutto: Federico Nitti, cognato di Bovet, morì per un’infezione causata da un ceppo di tubercolosi rilasciato accidentalmente nei laboratori dell’Istituto Pasteur; questo evento porterà Bovet a trasferirsi a Roma insieme alla moglie, su invito dell’allora direttore dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) Domenico Marotta.

È a Roma, nel 1947, che Domenico Marotta fondò il primo laboratorio di chimica terapeutica dell’ISS e ne nominò Bovet come direttore; il posto lasciato vacante dalla morte di Federico Nitti venne preso da Ernst Boris Chain, premio Nobel per la fisiologia e la medicina del 1945. La presenza di un premio Nobel nel laboratorio diede inizio ad un incessante pellegrinaggio di grandi menti scientifiche il cui contributo fu poi fondamentale per gli esiti delle ricerche future.

Le ricerche di Bovet proseguirono anche dopo la massima onorificenza del Nobel, ma le vicende legali che coinvolsero Domenico Marotta lo portarono ad allontanarsi da Roma e ad insegnare chimica farmacologica in alcune delle Università migliori del paese.

Al suo rientro a Roma, nel ’69, venne nominato direttore del laboratorio di chimica farmacologica del Cnr; in quest’ultimo periodo della sua vita si dedicò anche alla scrittura di libri: fu un grande sostenitore dell’utilizzo di farmaci e uno dei temi più importanti delle sue opere è proprio il rifiuto per le cure naturali, considerate da Bovet insufficienti per prendersi cura di un corpo malato.

Morì a Roma l’8 aprile del 1992.