Un diario dettagliato a portata di ricordo: l’ipermemoria
Otto soggetti con ipermemoria e ventuno con normali doti mnemoniche. Un ricordo datato e uno studio funzionale dell’encefalo. Il lavoro tutto italiano, pubblicato sulla rivista Cortex, indaga la dimensione temporale dei ricordi e apre a nuove prospettive per la ricerca nel campo della neuroriabilitazione della memoria
“La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”, diceva Oscar Wilde. Eppure, quante volte cercando di ricordare qualcosa che ci è accaduto troviamo tutto un po’ confuso? Non è certo il caso di chi è dotato di una memoria autobiografica superiore e ricorda la maggior parte degli eventi della propria esistenza. Tecnicamente la condizione si chiama ipertimesia o Hsam (Highly Superior Autobiographical Memory): uno studio italiano pubblicato sulla rivista Cortex, coordinato dal Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “Vittorio Erspamer” di Sapienza Università di Roma, condotto nei laboratori della Fondazione Santa Lucia Ircss di Roma, con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Università di Perugia, ha indagato la memoria di 8 soggetti italiani con Hsam. “La memoria autobiografica conferisce una dimensione temporale alla nostra esistenza”, dicono gli autori, e “per la prima volta sono stati studiati i meccanismi neurobiologici associati alla dimensione temporale dei ricordi”.
La memoria di queste persone, per comprenderne meglio il funzionamento, è stata confrontata con quella di ventuno soggetti senza deficit o particolari doti mnemoniche, ossia con una memoria normale. A tutti è stato chiesto di ricordare un evento della propria vita, indietro nel tempo di almeno venti anni; durante la rievocazione è stata eseguita, real time, una risonanza magnetica funzionale dell’encefalo. Sono state così individuate le aree encefaliche maggiormente coinvolte nel processo. Inoltre, nei soggetti ipermemori è stata effettuata anche l’innovativa Multivoxel Pattern Analysis (Mvpa). Questo metodo permette di analizzare l’esperienza percettiva del soggetto, in questo caso la rievocazione dell’evento, dovuta all’attivazione neuronale nelle regioni encefaliche interessate, fornendone una migliore rappresentazione.
“Le persone con ipermemoria presentano un’elevata attivazione specifica – soprattutto per i ricordi autobiografici più vecchi – della porzione ventro-mediale della corteccia prefrontale, un’area ritenuta coinvolta nell’organizzazione delle funzioni cognitive superiori”, spiegano gli autori, “regione che sembra essere meno interessata nei soggetti con una memoria normale, tanto da far confondere sulla dimensione temporale del ricordo”. Ciò chiarirebbe perché in queste persone “alcuni ricordi restano indistinti e sfocati”. Lo studio di persone dotate di ipermemoria autobiografica ha dunque consentito di identificare le aree dell’encefalo che permettono di “datare” i ricordi.
La comprensione delle doti speciali di queste persone, poche in Italia come nel resto del mondo, è importante, ma la vera forza del lavoro è nelle implicazioni dei risultati ottenuti. Le conoscenze acquisite rappresentano un ponte verso altri studi. Si apre la prospettiva di nuove ricerche nel campo della neuroriabilitazione della memoria per i pazienti con lesioni del sistema nervoso centrale, poiché, concludono gli autori, “la comprensione dei sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento della memoria può fornire una mappa delle aree da stimolare in persone con deficit o lesioni neurologiche per il ripristino di un adeguato funzionamento della memoria”.
Credits immagine in evidenza: Pixabay
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