Dieci anni fa, la scoperta per tornare staminali
Nel 2018 ricorre il decimo anniversario della scoperta, da parte del premio Nobel Yamanaka, di poter riprogrammare cellule umane adulte in cellule staminali pluripotenti indotte
Affascinanti e misteriose, non esistono cellule del nostro organismo capaci di ammaliare scienziati e ricercatori come le staminali. Si tratta infatti di cellule uniche nel loro genere: possono moltiplicarsi, specializzarsi per svolgere funzioni specifiche e creare nuovi tessuti quando si dividono e si differenziano. Grazie a queste caratteristiche, le staminali rendono possibile la creazione di un organismo complesso, aprendo prospettive promettenti nel campo della cosiddetta medicina rigenerativa, che ha lo scopo di riparare organi danneggiati o invecchiati dal naturale trascorrere del tempo. Non c’è da stupirsi, quindi, se oggi le cellule staminali siano considerate un vero tesoro biologico. Doveva esserne convinto anche Shinya Yamanaka quando, esattamente dieci anni fa, riuscì a riprogrammare le cellule umane adulte in cellule staminali pluripotenti indotte (iPCS). Una scoperta che gli valse il premio Nobel per la medicina nel 2012.
All’origine degli esperimenti condotti dallo scienziato giapponese vi era la ricerca, condotta quasi quarant’anni prima su alcune rane, con cui il premio Nobel John Gurdon aveva chiarito che la maturazione cellulare non era irreversibile ma era possibile far ringiovanire le cellule adulte, come in una macchina del tempo, spostando indietro le lancette del ciclo cellulare, fino a riportarle al loro stato primordiale. Si trattò di una scoperta importante, che scosse la comunità scientifica dell’epoca per la sua portata rivoluzionaria, e stimolò Yamanaka a indagare sui meccanismi molecolari alla base di questa trasformazione. Egli ipotizzò che il genoma delle cellule adulte, sebbene differenziate e specializzate per svolgere le proprie funzioni, conservasse le informazioni necessarie per guidarne lo sviluppo verso tutte le altre tipologie cellulari del corpo umano, dalle cellule nervose fino a quelle muscolari o epatiche. Il suo esperimento gli diede ragione: inducendo l’attivazione di quattro specifici fattori di trascrizione genica, noti con le sigle Oct3/4, Sox2, c-Myc e Klf4, Yamanaka fu in grado di riprogrammare alcune cellule epiteliali di topo in cellule pressoché identiche a cellule embrionali staminali.
A distanza di dieci anni, data l’importanza delle loro applicazioni attuali e dell’enorme potenziale terapeutico che avranno in futuro, le cellule staminali si sono affermate come vere protagoniste della medicina moderna. La possibilità di cambiare l’identità di una cellula matura, farla ringiovanire ad uno stato simil-embrionale e convertirla successivamente in un qualsiasi altro tipo cellulare, ha già mostrato benefici assolutamente inediti: nel 2009, per esempio, alcuni ricercatori hanno riprogrammato fibroblasti adulti della pelle in cellule cardiache. Dopo essere state trapiantate in topi malati, queste cellule sono riuscite ad integrarsi correttamente nel tessuto cardiaco, ottenendo un miglioramento strutturale e funzionale del cuore infartuato in sole quattro settimane. Qualche anno dopo, un gruppo di ricercatori giapponesi ha realizzato un ulteriore passo in avanti, riuscendo a generare in laboratorio un fegato pienamente funzionale, a partire da cellule staminali pluripotenti indotte umane coltivate in vitro. Una volta trapiantato in alcuni topi di laboratorio, questo fegato primordiale è stato in grado di completare il proprio sviluppo, organizzando un sistema vascolare completo e attivando le sue normali funzionalità metaboliche, senza produrre alcun rigetto.
Oggi, l’obiettivo di Yamanaka è quello di “portare la tecnologia delle cellule staminali ai pazienti, ai letti degli ospedali”. Dimostrata l’efficacia del trattamento anche sulle cellule umane, ridotto al minimo il rischio di sviluppo tumorale, “la vera sfida inizia ora, a partire dalla ricerca clinica e dalla sperimentazione di nuovi farmaci”. Non a caso, nel 2018, le Università di Keio, Osaka e Yokohama inizieranno a condurre le prime sperimentazioni cliniche per il trattamento delle lesioni del midollo spinale, dell’insufficienza cardiaca e di quella epatica, a partire dal trapianto di cellule staminali. Ancora più preziose saranno le ricerche nel campo delle patologie neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer. La speranza è quella di trovare una terapia definitiva alle malattie incurabili del nostro secolo.
Credits immagine in evidenza: Chris Goodfellow
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