L’ex professoressa Sapienza che insegna l’italiano ai migranti
La storia di Maria Vittoria Tessitore, ex professoressa di Sapienza che oggi, a 85 anni, insegna l’italiano ai migranti a Casetta Rossa, Roma
“Io per prima sono stata una migrante e credo che le diversità sia una cosa preziosa”. Maria Vittoria Tessitore è una delle insegnanti della scuola d’italiano per migranti organizzata da Casetta Rossa, lo spazio sociale autogestito attivo dal 2001 nel quartiere Garbatella a Roma. Tessitore ha 85 anni e una lunga carriera universitaria da professoressa di Sapienza e Roma Tre. Ha insegnato anche negli Stati Uniti e in Somalia, dove ha imparato “a insegnare a chi non aveva nessuna istruzione, una cosa tanto difficile questo importante”, come ricorda lei stessa.
La sua storia
Maria Vittoria Tessitore nasce in una famiglia della borghesia romana. Si laurea in letteratura americana, poi approda negli Usa con una borsa di studio di un anno: vi resterà per altri cinque anniUno dei primi “cervelli in fuga”, come lei stessa si definisce, aggiungendo come “quell’esperienza in America mi ha avvicinata all’insegnamento”: è infatti in questo periodo che Tessitore comincia a impartire lezioni d’italiano agli studenti americani , arrivando anche ad avere classi di oltre mille studenti. “Ho imparato anche a fare attivismo politico visto che all’epoca c’erano le proteste contro la guerra in Vietnam. Quel periodo della mia vita mi ha profondamente cambiata, facendomi maturare e allontanare dalla visione culturale con cui ero stata cresciuta”.
Ritornata in patria, insegna inglese all’università fino agli anni ottanta, quando svolge la sua prima esperienza in Somalia, un altro punto di svolta personale per la professoressa. Una nuova sfida che la porterà ad insegnare a persone senza nessuna istruzione di base. Dopo dieci anni, infatti, ritorna nello stesso paese come responsabile della facoltà di lingue somala. Un ricco curriculum maturato anche nelle aule dell’università di Sapienza prima e Roma Tre poi, dove ha diretto le relazioni internazionali dell’ateneo e ha contribuito a fondare e coordinare un corso di master in “Politiche dell’incontro e mediazione culturale”.
“Una volta in pensione, mi sono ritrovata con tanto tempo libero ma anche tanta voglia di dare una mano”, spiega Tessitore, “e considerando che l’unica cosa che so fare è insegnare l’italiano agli stranieri ho cercato un posto adatto, ed eccomi qua. Io sono fermamente convinta che il primo impegno della società sia di accettare le persone che vivono in questo paese”. Un impegno che sta dando i suoi frutti: “Una ragazza congolese di 17 anni”, dice ancora la professoressa, “è riuscita a passare l’esame di terza media. Adesso freqenta le superiori e vorrebbe diventare infermiera, mentre un ragazzo afghano imparando l’italiano è riuscito a diventare aiuto-cuoco”.
Nel piccolo giardino di questo spazio sociale i tavoli distanziati formano una classe, in cui ogni insegnante segue da uno a tre studenti. Durante la pandemia le attività educative non si sono fermate se non lo stretto necessario. Sono state tenute lezioni all’aperto, anche d’inverno, per rispettare le norme anti-Covid. Gli studenti provengono da ogni parte del mondo: Sri Lanka, Nigeria, Tunisia, Gaza.
“In Italia dobbiamo cambiare prospettiva, passare dal concetto di accoglienza a quello d’incontro”, conclude Tessitore. “Tutto questo non può dipendere solo dal volontariato: lo stato deve rendersi conto che c’è una certa parte della popolazione che deve essere rappresentata nelle sue necessità. E questo processo di integrazione deve partire dalle scuole”.
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immagine in evidenza rielaborata da Luigi Suglia con immagini di dominio pubblico ottenute da Pixabay
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