Farm to fork: alimentarsi nell’Antropocene
L’intero sistema alimentare, dalla produzione alla consumazione, ha un impatto negativo sulla salute del genere umano e del pianeta. A livello globale ci si interroga sulle azioni da intraprendere per ridurre entro il 2030 gli effetti dannosi generati da agricolture e allevamenti intensivi e da cattive abitudini alimentari
di Annalisa De Angelis
Dall’ azienda agricola alla forchetta (farm to fork) il passo è breve ma i danni alla salute dell’ambiente e di chi lo popola sono molti e allarmanti. I numeri della crescita demografica (da 1 a 8 miliardi in soli 200 anni e si prevede arrivi a 10 miliardi entro il 2030) e il conseguente aumento della domanda di cibo, eccessiva rispetto al fabbisogno reale, preoccupano le Nazioni Unite per il futuro del pianeta, tanto da mettere in agenda, tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030, la promozione di un’agricoltura sostenibile per sconfiggere la fame e la salvaguardia della vita sulla terra e sott’acqua.
Ambiente e alimentazione sono strettamente legati e i dati lo dimostrano.
I settori agricolo e zootecnico sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas a effetto serra. In particolare, l’allevamento incide sui due terzi delle emissioni dell’intero settore alimentare in Europa. Dato confermato anche in Italia dove le emissioni climalteranti si concentrano in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna che registrano una quota simile di allevamenti (oltre 30000 per regione). Il cambiamento climatico che ne deriva insieme a un uso eccessivo di suolo e di risorse come acqua e aria per attività agroalimentari hanno determinato la perdita di specie animali e vegetali sia selvatiche che domestiche. Basta considerare che più di un terzo delle terre emerse è dedicato all’ allevamento e quasi i tre quarti della superficie terrestre è stata alterata dal genere umano. Ciò ha causato, negli ultimi quarant’anni, una riduzione del 60% della flora e della fauna selvatiche, confinate in uno spazio naturale sempre più piccolo. Secondo la Fao il 75% delle varietà vegetali è perso. La popolazione globale consuma solo lo 0,24% delle specie vegetali che restano (5000 censite in tutto il mondo). Slow Food, associazione internazionale impegnata nella promozione di un’alimentazione “buona, pulita e giusta”, denuncia che la dieta mondiale si basa per il 50% solo su tre cereali (grano, riso e mais) delle migliaia di varietà che un tempo si coltivavano. Secondo un’analisi di Coldiretti (Confederazione nazionale dei coltivatori diretti), nell’ultimo secolo tre varietà di frutta su quattro sono scomparse dalla tavola e, tra quelle ancora coltivate, più della metà sono a rischio.
Una situazione così compromessa ha obbligato le Nazioni unite nel 2015 a fissare obiettivi urgenti, tra cui la riduzione delle emissioni di CO2, dell’uso di pesticidi e fertilizzanti nei campi e di antibiotici negli allevamenti, la pianificazione di corridoi ecologici e fasce di protezione, ovvero zone di connessione tra habitat diversi e l’aumento delle superfici agricole dedicate al biologico. L’Italia, secondo il rapporto Asvis (Alleanza italiana dello sviluppo sostenibile), resta stabile nel raggiungimento degli obiettivi della Farm to fork su alimentazione e agricoltura fissati: se da una parte aumentano le coltivazioni biologiche e si riduce l’uso di fertilizzanti e fitosanitari, dall’altra peggiorano le abitudini alimentari con un aumento della percentuale di adulti obesi o in sovrappeso. Infatti, sistemi agricoli sostenibili non potrebbero soddisfare, a lungo termine, scelte alimentari sbagliate. Da qui la proposta degli scienziati della commissione EAT-Lancet di una “dieta della salute planetaria”, ricca di alimenti di origine vegetale con piccole quantità di cibo animale, in proporzioni attentamente valutate tenendo conto della cultura, la geografia e la demografia e dei singoli individui, con un’attenzione particolare alla riduzione degli sprechi alimentari.
La transizione prevista dall strategia Farm to fork verso diete sane è urgente. L’Italia inizia dalla Costituzione, integrata, l’8 febbraio scorso, con i riferimenti all’ambiente, alla biodiversità, agli ecosistemi e agli animali.
In mancanza di azioni concrete, il mondo rischia di non soddisfare gli obiettivi dell’Onu e le future generazioni erediteranno un pianeta gravemente danneggiato in cui gran parte della popolazione soffrirà sempre più di malnutrizione e malattie prevenibili.
Staremo a vedere, o meglio, chi non si estinguerà vedrà.
Immagine in evidenza: collezione del museo di zoologia della Sapienza, foto di Mattia la Torre
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