scuola di specializzazione in fisica medica
Di Tiziano Alimandi ed Emilio Giovenale.
Dialogo con Vincenzo Patera, Direttore della Scuola di specializzazione in Fisica medica della Sapienza Università di Roma, che ci spiega l’importanza della Fisica medica e ci illustra le opportunità lavorative collegate.
Professor Patera, ci racconta il suo percorso professionale?
Sono partito dalla fisica delle particelle elementari, facendo ricerca al CERN e nei laboratori del Gran Sasso e di Frascati, per poi passare alla Fisica medica in virtù di quello che avevo imparato sull’interazione delle radiazioni con la materia. I medici le chiamano radiazioni, i fisici particelle elementari: nomi diversi per la stessa entità. Spesso in questi campi si utilizzano gli stessi strumenti di analisi, e questo ha reso più facile passare dalla ricerca di base alle applicazioni in medicina. Il nostro gruppo ha messo a punto dispositivi, per esempio, in uso al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica di Pavia, e software attivi in centri di trattamento in Europa, tra cui Maastricht e Cracovia.
Non è facile accedere alla Scuola di specializzazione che dirige: ci sono a bando soltanto sei posti e una sola borsa. Il numero di posti è sufficiente a soddisfare le richieste del mercato del lavoro? Una sola borsa è sufficiente?
I posti sono abbastanza? No, non sono abbastanza: lo scorso anno in Italia ne abbiamo formati 52, mentre ne servono almeno 120 l’anno. Anche per gli studenti stranieri l’accesso è difficile, perché le normative nazionali spesso creano una barriera. Abbiamo un esempio di una collega italiana, espertissima, coordinatore della fisica medica di Maastricht che, avendo preso l’abilitazione in Fisica medica in Germania, secondo le norme non potrebbe esercitare in Italia. Per gli studenti che vengono da paesi extraeuropei il percorso è ancora più difficile.
Quali sono gli sbocchi lavorativi per chi esce dalla Scuola di specializzazione?
Le unità operative di Fisica medica di qualsiasi ospedale. Già durante la formazione gli ospedali ospitano gli specializzandi del secondo anno per il tirocinio. Per loro, significa avere manodopera formata, ad altissima specializzazione. Ci sono poi cliniche private che chiedono di far finire la formazione ai ragazzi presso di loro, offrendo una borsa. Il che significa retribuire con una borsa di studio da 500-700 euro al mese uno specializzando al terzo anno, che è già formato come un neo-fisico medico, a cui dovrebbero dare 2200-2300 euro. Dopo la specializzazione, c’è un collo di bottiglia: servono tantissimi specialisti, ma i posti per farli lavorare nel pubblico sono sotto finanziati. Tuttavia, dato l’enorme bisogno, lo sbocco è pressocché sicuro: nella maggior parte dei casi questi ragazzi vengono assunti a tempo determinato subito dopo la specializzazione e dopo qualche anno passano tutti al tempo indeterminato.
Cosa direbbe a uno studente che vuole iniziare questa Scuola di specializzazione?
Che c’è bisogno di passione, di amare sia la fisica che la medicina. Chiaro che poi la passione, in un ospedale italiano, si deve coniugare con la capacità di sopravvivenza. Però è una bella strada: riuscire a unire scienza e sociale è veramente piacevole.
Un messaggio anche per chi invece la scuola sta per terminarla?
Mantenere un forte legame con gli sviluppi della tecnologia e, per chi sta sul campo in ospedale, con i pazienti. La ricerca in medicina non è uguale alla ricerca di base: è il medico che sta a contatto con i pazienti che orienta lo sviluppo delle nuove tecnologie. In questo ambito, quando si parla di ricerca, per esempio con la flash therapy, si parla di curare più gente, di salvare delle persone e di farle sentire meglio. Questo tipo di ricerca, deve essere fatta seguendo gli sviluppi della ricerca mondiale, e in questo processo sono proprio i fisici medici e i medici che stanno in ospedale a indicare a chi fa ricerca quali test o strumenti sviluppare. Il ruolo dei fisici medici è collegare i medici con la ricerca e lo sviluppo. Quindi a chi sta per intraprendere questa carriera dico di non abbandonarsi alla routine, di fare sempre meglio e possibilmente di mantenere i contatti con l’università che è il luogo dove si fa ricerca.
Vincenzo Patera, fisico e direttore della scuola di specializzazione in fisica medica della Sapienza università di Roma
Tiziano Alimandi e Emilio Giovenale studentə del Master “La scienza nella pratica giornalistica” presso il dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza università di Roma
Commenti recenti