genere oltre il DNA

genere oltre il DNA

i principali fattori che influenzano l’identità di genere

intervista a Guido Giovanardi di Stella Françoise Iacovelli e Angelica Mosconi

Un’analisi sull’identità di genere per esplorare i principali fattori che la influenzano in un contesto sociale in continua trasformazione

Quali fattori influenzano maggiormente l’identità di genere?

La costruzione dell’identità di genere è un processo complesso, lento e graduale in cui tante componenti si intrecciano. Attualmente, ad esempio, c’è un interesse crescente per l’esposizione degli ormoni androgeni nei feti femminili che potrebbe avere un impatto sullo sviluppo successivo dell’identità di genere. Il dato biologico, come anche le componenti genetiche, potrebbero costituire parzialmente una base, ma l’ambiente svolge il ruolo decisivo. Dobbiamo immaginarci un sistema di cerchi concentrici in cui tanti elementi e dimensioni partecipano alla costruzione: i genitori con i propri significati di genere interagiscono con il bambino, il quale si confronta con altri sistemi come la scuola, il contesto sportivo o la società in senso ampio. All’interno del sistema concentrico tutte le parti danno degli stimoli o delle indicazioni che soggettivamente vengono assorbite e integrate per la costruzione della propria identità.

“Dobbiamo immaginarci un sistema di cerchi concentrici in cui tanti elementi e dimensioni partecipano alla costruzione: i genitori con i propri significati di genere interagiscono con il bambino, il quale si confronta con altri sistemi come la scuola, il contesto sportivo o la società in senso ampio”

Quali sono i cambiamenti più significativi che ha osservato nella percezione dell’identità di genere all’interno della società negli ultimi anni?

Sicuramente negli ultimi anni si è assistito a un importante cambiamento nella comprensione psichiatrica e psicoanalitica dell’identità del genere. Quando ho iniziato a occuparmi di questi temi vigeva la definizione del disturbo di identità del DSM 4, per la quale l’identità trans era un sinonimo di patologia e veniva trattata in un contesto psichiatrico. Oggi invece si parla di “disforia di genere” in una dimensione psicopatologica legata a una sofferenza soggettiva che può essere risolta tramite vari percorsi. Questa riconsiderazione della diagnosi è un enorme cambiamento anche dal punto di vista culturale. È un mondo che si è trasformato ed è in continua transizione, lo si nota anche a livello generazionale. I cosiddetti millennials sono la prima generazione la cui maggioranza riconosce l’esistenza di più generi rispetto al binarismo. 

“Questa riconsiderazione della diagnosi è un enorme cambiamento anche dal punto di vista culturale. È un mondo che si è trasformato ed è in continua transizione, lo si nota anche a livello generazionale”

Siamo nel 2034 e con un team di esperti multidisciplinare è stato scoperto il modo di rendere la società non-binaria, quali pensa che possano essere le ripercussioni?

L’assenza delle differenze di genere non terrebbe conto del sistema complesso nel quale l’identità si costruisce. Nella nostra società gli stereotipi di genere sono ancora quelli di una figura maschile forte e prevaricatrice in contrasto con il ruolo passivo e vulnerabile del genere femminile. È una visione claustrofobica del binarismo ed è alla base di fenomeni quali l’eterosessismo, la misoginia e l’omofobia. Ritengo necessario ridimensionare lo stereotipo di genere rosa/azzurro arricchendo il quadro con le varie sfumature, come far crescere i bambini al di fuori dell’idea di genere permettendogli di giocare con i giochi che desiderano o di fare qualsiasi attività sportiva. Il binarismo tossico spaventa e le sfumature aiutano a contrastare la rigidità dei ruoli di genere, ma neutralizzare le differenze di genere è un’operazione utopica e direi anche un po’ distopica. 

“Nella nostra società gli stereotipi di genere sono ancora quelli di una figura maschile forte e prevaricatrice in contrasto con il ruolo passivo e vulnerabile del genere femminile. È una visione claustrofobica del binarismo ed è alla base di fenomeni quali l’eterosessismo, la misoginia e l’omofobia”

Oggi si parla di “medicina di genere” e rappresenta il futuro in termini diagnostici e terapeutici. Come si concilia questo in un panorama di non-binarismo a livello di linguaggio?

Poniamo il caso di persone transgender che devono affrontare un processo diagnostico lungo ed elaborato e che spesso devono confrontarsi con un contesto sanitario fulcro di micro-aggressioni o misgendering. Questo può generare una dimensione traumatica dovuta a un mancato senso di riconoscimento. In questi casi l’utilizzo di un linguaggio mirato, domandando ad esempio il pronome e gli aggettivi da utilizzare, è sicuramente d’aiuto. In ambito sanitario è più complicato ufficializzare certe formule, come l’utilizzo di asterischi o dello schwa, per mancata conoscenza o perché non sempre sono ben accette dalle istituzioni, ma l’utilizzo di stratagemmi linguistici nelle relazioni cliniche potrebbe essere un inizio, dato che sono documenti che forniscono un senso di riconoscimento. 

“In ambito sanitario è più complicato ufficializzare certe formule, come l’utilizzo di asterischi o dello schwa, per mancata conoscenza o perché non sempre sono ben accette dalle istituzioni, ma l’utilizzo di stratagemmi linguistici nelle relazioni cliniche potrebbe essere un inizio”

Nella sua esperienza professionale in questo settore, cosa l’ha colpita maggiormente?

Può esistere un’ideologia troppo normalizzante o conservatrice e l’esperienza clinica mi ha permesso di andare oltre l’ideologia, che è un qualcosa che dovrebbe sempre essere fatto. Esistono condizioni per le quali il non-binarismo è il punto di arrivo di un percorso molto complesso. Ad esempio, alcune forme di non-binarismo sono veicoli per risolvere velocemente conflitti di relazione, d’identità o difficoltà d’integrazione. Anche l’asessualità può essere utilizzata come un vestito da indossare per mettere da parte una serie di conflitti e rinunciare a un lavoro su sé stessi. Non bisogna mai generalizzare ma valutare l’intero sistema dato che spesso l’incongruenza di genere coesiste con altri aspetti.

“Non bisogna mai generalizzare ma valutare l’intero sistema dato che spesso l’incongruenza di genere coesiste con altri aspetti”

Per Saperne di più:

Cisgender: aggettivo utilizzato per descrivere una persona che si riconosce nel genere corrispondente al proprio sesso biologico.

Disforia di genere: sofferenza determinata dalla percezione soggettiva e personale di un’incongruenza tra sesso biologico assegnato e il genere nel quale ci si identifica.

Genere: costrutto culturale che designa l’insieme delle caratteristiche e dei comportamenti socialmente attribuiti al sesso maschile e al sesso femminile. Poiché il genere è condizionato anche dalla dimensione psicologica dell’individuo e dalla percezione del sé, non sempre il genere coincide con il sesso assegnato alla nascita.

Identità di genere: senso di appartenenza e di identificazione di una persona al genere maschile, femminile o non binario, indipendentemente dal sesso attribuito alla nascita.

Intersessuale: individuo che presenta connotati sessuali che non permettono una distinzione netta tra sesso maschile o femminile. Non tutte le forme di intersessualità sono visibili alla nascita come nei casi di una intersessualità ormonale che si mostra durante la crescita o una intersessualità cromosomica che è rilevabile solo tramite specifici esami medici.

Non-binario: individuo che indipendentemente dal sesso attribuitogli alla nascita non si identifica né nel genere femminile e né nel genere maschile.

Sesso: parametro biologico e anatomico basato sul patrimonio genetico, gli organi riproduttivi e gli ormoni. Sulla base di questi elementi, a un soggetto alla nascita viene assegnato o il sesso femminile (assigned female at birth, AFAB) o il maschile (assigned male at birth, AMAB).

Transgender: termine generico utilizzato per descrivere tutte le persone la cui identità di genere non corrisponde al genere associato al sesso assegnato alla nascita.

Transessuale: individuo che ha cambiato sesso o ha iniziato un percorso per modificare il proprio corpo tramite interventi medici, per potersi riconoscere nel sesso a cui sente di appartenere.

Stella Françoise Iacovelli e Angelica Mosconi sono studentesse del Master La Scienza nella Pratica Giornalistica, Sapienza Università di Roma, https://web.uniroma1.it/mastersgp/

Guido Giovanardi è psicologo clinico e ricercatore alla Sapienza Università di Roma, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Psicologia dinamica e clinica nel 2017. Da quindici anni si occupa di disforia di genere, ha pubblicato vari articoli scientifici e divulgativi e ha partecipato alla stesura del libro intitolato Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali di Vittorio Lingiardi e Nicola Nardelli, pubblicato nel 2014.