Georg von Békésy, l’uomo che svelò i segreti della percezione sonora

Georg von Békésy, l’uomo che svelò i segreti della percezione sonora

Con ingegnosi esperimenti e nuovi metodi scientifici capì come funziona l’udito. Un uomo che nel fare scienza si lasciava ispirare da un’altra sua grande passione, l’arte

ritratto

Nel corso della storia sono stati molti gli studiosi che si sono interessati al senso dell’udito: dalle prime ipotesi e osservazioni degli antichi greci, passando per le importanti scoperte anatomiche dei medici rinascimentali italiani,  all’Ungheria degli anni trenta nel laboratorio di telefonia dove lavorava Georg von Békésy. Fu il primo, grazie ad attrezzature e metodi all’avanguardia, a osservare e descrivere in modo moderno il funzionamento dell’orecchio interno.

Georg von Békésy nacque a Budapest, in Ungheria, il 3 giugno del 1899. Dopo il diploma si laureò in chimica a Berna e conseguì un dottorato di ricerca in fisica all’Università di Budapest. Fin da giovane, anche a causa della sua salute cagionevole, preferiva passare le sue giornate in casa o in laboratorio, leggendo, studiando e comparando oggetti d’arte, attività che trovava molto piacevole e alla quale dedicò sempre molto tempo.

Dal 1926 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale lavorò come ricercatore per le Poste Ungheresi in un laboratorio dedicato a studi sulle telecomunicazioni a lunga distanza. A quel tempo le principali linee telefoniche europee attraversavano l’Ungheria e Békésy ebbe l’incarico di migliorare la trasmissione del segnale e di risolvere i problemi della sua trasformazione in suoni il più possibile di alta qualità, comprensibili e piacevoli per l’udito umano. Risale a quel periodo il suo interesse per il funzionamento dell’orecchio come componente principale del sistema di trasmissione del suono.

Il suono è un flusso di onde di energia (si può vedere l’effetto che le onde sonore hanno sulla materia grazie a un tonoscopio), generate dalla vibrazione di un corpo, che si propagano nell’aria e che hanno frequenze percepibili dall’orecchio. Specie diverse sono sensibili a spettri di frequenze diversi. Alcuni animali, ad esempio, percepiscono suoni che per noi sono troppo acuti, gli ultrasuoni, o troppo bassi, gli infrasuoni

 Non tutte le specie percepiscono lo stesso range di frequenze sonore

Non tutte le specie percepiscono lo stesso range di frequenze sonore

 Nell’orecchio dei mammiferi il suono fa vibrare il timpano, questa vibrazione viene trasmessa e amplificata da una serie di tre ossicini (martello, incudine e staffa) fino a una membrana mobile che riveste una apertura chiamata finestra ovale. Qui comincia la coclea, un canale a forma di spirale pieno di liquido. Il movimento della finestra ovale provoca onde di pressione nel fluido cocleare che fanno oscillare in risonanza una membrana interna alla coclea, la membrana basilare. Essa si muove contestualmente a una struttura cellulare, chiamata organo del Corti, di cui fanno parte i veri e propri recettori sonori, le cellule ciliate, che trasducono queste oscillazioni in segnale nervoso.

Békésy sviluppò alcune nuove tecniche anatomiche che gli permisero di dissezionare l’orecchio interno di varie specie senza comprometterne il funzionamento. Aveva ottenuto il permesso di usare il laboratorio di telecomunicazioni per i suoi studi personali nel tempo libero dal lavoro e di utilizzare gli strumenti di cui era fornito per preparare e osservare le parti anatomiche. I suoi esperimenti si concentrarono soprattutto sulla coclea come sede della trasformazione dei suoni in impulsi nervosi. La coclea o chiocciola fu chiamata così per la sua somiglianza al guscio elicoidale del famoso gasteropode da Gabriele Falloppio che per primo ne descrisse l’anatomia. Békésy divenne un assiduo frequentatore di macelli e obitori dove si procurava coclee animali o umane da usare nei suoi esperimenti. A volte, per le ridotte dimensioni delle strutture che osservava, preferiva usare grossi esemplari, come durante un suo famoso esperimento con le coclee di un elefante. Grazie alla fotografia stroboscopica poté analizzare il movimento di particelle di argento che diffondeva nel fluido della coclea e studiare la dinamica delle forme che le onde assumevano nell’orecchio interno.

Le delicate membrane convolute della coclea

Le delicate membrane convolute della coclea

Békésy osservò che ogni suono provoca nella membrana basilare delle onde viaggianti, oscillazioni di forma complessa che muovono la membrana e i sottostanti recettori sonori. Queste oscillazioni hanno un massimo di ampiezza che si sposta in zone diverse della coclea secondo un gradiente dall’esterno all’interno correlato alla frequenza del suono. I suoni acuti provocano onde che si esauriscono quasi subito e che stimolano principalmente la parte della membrana basilare più vicina alla finestra ovale. Le onde provocate dai suoni bassi, invece, si trasmettono in profondità nella coclea andando a stimolare le zone più estreme della membrana. Queste osservazioni lo portarono a confermare e ad ampliare il modello tonotopico, proposto anni prima senza nessuna evidenza sperimentale da uno dei padri della psico-fisiologia, il tedesco Hermann von Helmoltz.

Nel 1947 si trasferì negli Stati Uniti dove lavorò al Laboratorio di Psico-Acustica dell’Università di Harvard. Nell’ambiente intellettualmente stimolante dell’ateneo americano si dedicò a ideare e costruire un modello meccanico dell’orecchio interno su cui si basarono molti dei suoi successivi studi. Usò un tubo pieno d’acqua per simulare la coclea e il suo fluido e un lembo di gomma teso che fungeva da membrana basilare. Le vibrazioni di un diapason o di un dispositivo elettrico costituivano i suoni percepiti da questa coclea artificiale. Békésy voleva dotare il suo apparecchio anche di connessioni nervose e, dopo aver scartato l’idea di usare pelle di rana, provò semplicemente ad appoggiare il suo braccio alla membrana elastica. Notò che analizzando le sensazioni tattili che lo strumento gli trasmetteva alla pelle del braccio poteva discriminare la frequenza delle vibrazioni emesse, ancora una volta nel modo predetto dal modello tonotopico.

Il "modello meccanico dell'orecchio interno con connessioni nervose" di Békésy

Il “modello meccanico dell’orecchio interno con connessioni nervose” di Békésy

 

Un francobollo svedese commemorativo del premio Nobel di Georg von Békésy

Un francobollo svedese commemorativo del premio Nobel di Georg von Békésy

I suoi studi gli valsero il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina nel 1961 per la scoperta delle caratteristiche meccaniche della trasduzione neurale nell’orecchio interno, cioè per aver capito come specifiche strutture dell’orecchio trasformano i suoni in impulsi nervosi comprensibili per il cervello. Nel suo discorso alla premiazione del Nobel, ricordando gli anni di lavoro e di studio in Ungheria, espresse la sua gratitudine per la disponibilità dei suoi datori di lavoro e per la pazienza dei suoi colleghi ai quali, come disse, «non piaceva trovare, al mattino, le frese e i trapani sporchi di polvere di ossa umane».

Morì nel 1972 a Honolulu dove si era trasferito da qualche anno in seguito all’offerta, da parte dell’Università delle Hawaii, di dirigere un laboratorio di neurobiologia pensato e costruito sotto la sua supervisione.

Békésy si interessò di arte per tutta la vita ed era considerato un esperto soprattutto di pittura e scultura asiatica. Era alla continua ricerca di opere, anche antiche, e gli piaceva tenere in laboratorio la sua collezione, «Notai di lavorare meglio ai miei studi – scrisse – dedicandomi, per metà del tempo che passavo in laboratorio, all’analisi comparativa dei miei manufatti artistici». Si dice che il suo approccio allo studio dell’arte fosse rigoroso e sistematico come i suoi programmi sperimentali. Egli si dichiarava affascinato dalla concordanza di forme e schemi che scorgeva sia nelle strutture naturali che nelle opere dell’uomo, ad esempio dalla ricorrenza delle spirali sia nel mondo naturale, come nelle conchiglie o nelle “sue” coclee, che nell’espressione artistica di ogni tempo. Negli anni mise insieme una considerevole collezione d’arte che, dopo la sua morte, venne donata alla Nobel Foundation.

Nello stesso anno del suo premio Nobel venne costruito negli Stati Uniti, anche grazie alle sue ricerche, il primo prototipo di neuroprotesi uditiva, l’antenato degli impianti cocleari impiegati oggi per il trattamento di alcuni casi di sordità. L’impianto cocleare funziona proprio seguendo un modello tonotopico con microelettrodi che sostituiscono le cellule ciliate malfunzionanti dell’organo del Corti e che trasmettono il segnale direttamente al nervo acustico.

Lo schema di un moderno impianto cocleare

Lo schema di un moderno impianto cocleare