Gérard Mourou: “Il mio laser da Nobel contro le scorie radioattive”
A colloquio con Gérard Mourou, premio Nobel per la fisica 2018 per la scoperta della “chirped pulse amplification”
di Giulia Fabriani e Erica Salvatori
I capelli bianchi scompigliati ricordano il Doc di “Ritorno al futuro”. Sembra quasi di vederlo in laboratorio col camice, tra ronzii e strani macchinari. E la passione non gli manca: gesticola, mentre racconta del suo laser, con un entusiasmo contagioso. Parliamo di Gérard Mourou, premio Nobel per la fisica 2018 insieme a Donna Strickland e Arthur Ashkin. Mourou e Strickland, quando erano rispettivamente professore e dottoranda, hanno inventato la chirped pulse amplification (CPA), una tecnica che permette di amplificare enormemente impulsi laser molto brevi, prima allungandoli e poi comprimendoli. Grazie a questa scoperta hanno potuto realizzare laser ultrapotenti, aggiudicandosi lo scorso anno il massimo riconoscimento per uno scienziato. In occasione del National Geographic Festival delle Scienze, a Roma dall’8 al 14 aprile, abbiamo incontrato Mourou per parlare delle applicazioni dei suoi laser e di come queste contribuiranno a cambiare profondamente il mondo in cui viviamo.
Professor Mourou, dal settore energetico alla medicina di precisione, la vostra scoperta ha risvolti in moltissimi campi. Se lo sarebbe mai aspettato?
“Direi che è stata una sorpresa. Con la tecnica Cpa il picco di potenza del laser aumenta fino a diecimila volte, per effetto della compressione dell’impulso luminoso in uno spazio estremamente ridotto. Prima, se avevamo un incremento di 5, massimo 10 volte, era giàun buon risultato. Ma qui stiamo parlando di migliaia di volte; e ci siamo subito resi conto che sarebbero potute essere diecimila, forse persino un milione. È stato solo allora che abbiamo cominciato a pensare alle applicazioni; ma quando abbiamo iniziato, non avevamo in mente nulla di tutto ciò. E invece adesso ci sono tantissimi ricercatori, migliaia di scienziati che lavorano in questo campo”
Cosa farete per lo smaltimento delle scorie nucleari?
“Abbiamo la possibilitàdi produrre questo laser, un impulso luminoso brevissimo e molto intenso, con cui è possibile accelerare persino particelle subatomiche, come i neutroni. Possiamo usare queste particelle per trasmutare il nucleo degli elementi radioattivi più pericolosi, gli attinidi minori. In altre parole si va a trasformare la struttura dell’atomo, rendendolo innocuo; possiamo aggiungere particelle, oppure romperlo in più parti, che prese singolarmente decadranno in un tempo molto più breve. Partiamo da milioni di anni, il tempo che il decadimento delle scorie impiega in natura: se anche scendessimo a un anno, sarebbe un ottimo risultato. Ma probabilmente ci vorrà ancora un po’ per mettere in pratica la nostra idea: per il momento abbiamo tutto il necessario per una dimostrazione su piccola scala ed è quello su cui lavoreremo nel prossimo periodo”.
Questo super laser può essere utile anche per smaltire i rifiuti spaziali in orbita intorno alla Terra?
“Questo è un ottimo punto. Dal lancio dello Sputnik nel 1957 (il primo satellite artificiale costruito dall’uomo,ndr) la quantità di detriti spaziali in orbita intorno alla Terra è aumentata enormemente. Per dare un’idea, abbiamo mandato nello spazio l’equivalente in peso di 4 torri Eiffel. Questi rifiuti spaziali sono di varie dimensioni: da molto piccoli, dell’ordine del millimetro, a molto grandi, come una lavatrice. I più piccoli sono anche i più pericolosi, in quanto si muovono a velocità molto elevate, circa 10 volte quella di un proiettile molto veloce. Lassù è un campo di battaglia! Ora i detriti spaziali sono sotto controllo, ma stiamo lanciando centinaia di nuovi satelliti: se non facciamo niente non saremo più in grado di andare nello spazio, perché sarebbe troppo pericoloso. Tuttavia, con la tecnologia che abbiamo sviluppato con Donna, possiamo distruggere efficacemente i detriti più piccoli e rendere lo spazio più pulito”.
Le persone spesso ignorano le ricadute pratiche della ricerca. Cosa si dovrebbe fare per avvicinarle alla scienza?
Dal mio punto di vista, i principi alla base della nostra ricerca non sono poi così complessi, ma naturalmente è merito degli studi che ho fatto. Tuttavia, per chi non ha la mia stessa conoscenza della fisica, questo mondo può sembrare complicato. Credo allora che per avvicinare la ricerca al pubblico dovremmo porre l’accento sulle sue applicazioni. È il motivo per cui, nel caso del nostro laser, parlo spesso della chirurgia oculistica, perché molti di noi soffrono di problemi agli occhi”.
Nel 2018 il Nobel, su cosa lavorerà in futuro?
“Utilizzerò il premio Nobel e la mia conoscenza per aiutare la società. Per questo motivo, prima ho menzionato i rifiuti radioattivi e spaziali: vorrei dedicare il mio tempo a risolvere questi due problemi, ma soprattutto il primo. Tutti abbiamo costantemente bisogno di energia: potremmo vivere senza Gps ad esempio, ma non senza energia, e quella nucleare, tolte le scorie, rimane per me la soluzione ideale”.
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