Secondo gli scienziati spagnoli Francesco Mojica merita il Nobel
Un microbiologo di Alicante con il merito di aver posto le basi per lo sviluppo delle tecniche moderne di editing del Dna ha unito la comunità scientifica iberica
Per gli scienziati spagnoli Francisco Juan Martínez Mojica, docente presso il dipartimento di Fisiologia, Genetica e Microbiologia dell’Università di Alicante, meriterebbe una candidatura al Nobel per la fisiologia e la medicina. A Mojica, infatti, va il merito di aver dimostrato che il Crispr/Cas, un sistema enzimatico presente in alcuni batteri che permette di modificarne le reazioni immunitarie, avrebbe potuto trovare applicazioni come tecnica di editing del Dna.
La storia delle ricerche sul Crispr comincia nel 1987 quando un gruppo di scienziati giapponesi, studiando il genoma del batterio Escherichia coli, si imbatté in sequenze ripetute seguite da brevi frammenti di Dna.
A partire dal 1993 vari studi indipendenti, tra cui quello di Mojica, dimostrarono che la funzione di queste sequenze è quella di difendere il batterio da ripetuti attacchi di virus. Un’ulteriore conferma della funzione delle sequenze Crispr è arrivata dal lavoro di Rodolphe Barrangou e Philippe Horvath, entrambi ricercatori della Danisco, società danese dell’industria alimentare, che nel 2007 scoprirono che i batteri usati per la fermentazione dello yogurt che avevano sequenze Crispr nel proprio Dna si difendevano meglio dalle infezioni rispetto ad altri.
Il Crispr, acronimo di “Clustered Regularly-Interspaced Short Palindromic Repeats”, indica sequenze ripetute di Dna. In natura i batteri combattono i virus sfruttando un riconoscimento basato su queste sequenze che fanno da stampo per una molecola di Rna. Questo Rna, però, viaggia nella cellula attaccato a un enzima chiamato Cas9, una sorta di forbice molecolare. Se l’Rna riconosce il Dna, gli si attacca sopra e il Cas9 lo taglia, rendendolo inoffensivo. Le sequenze ripetute sono seguite da brevi frammenti di Dna generato da una passata esposizione del batterio a un dato virus. È questo che permette al batterio di “memorizzare” e tagliare la sequenza riconosciuta in una esposizione successiva allo stesso virus.
L’importanza degli studi sul Crispr è legata alla possibilità di usare lo stesso sistema nelle tecniche di manipolazione genetica, allo scopo di modificare geni difettosi per curare le numerose malattie causate da singole mutazioni.
È ben prima di queste considerazioni che entra in scena Francisco Mojica, il quale decise di studiare una sequenza ripetuta del genoma del batterio Haloferax mediterranei, in grado di vivere in presenza di alte concentrazioni saline. Solo in un secondo momento si dimostrò che questa sequenza faceva parte di una sorta di sistema immunitario utilizzato dai microbi per difendersi dalle infezioni virali.
«Se mai avessimo uno scienziato in Spagna da segnalare per il Nobel, questo è Francisco Mojica». A farsi portavoce di parte della comunità scientifica spagnola è stato lo scorso 27 gennaio, sulle pagine di El Pais, Lluis Montoliu, ricercatore al National Center for Biotechnology. Anche Juan Lerma, direttore dell’Istituto di Neuroscienze di Alicante, ha confermato i meriti di Mojica, anticipando che il mondo della scienza «ha cominciato a mobilitarsi per sostenere la sua candidatura».
Numerose sono, però, le rivendicazioni sulla tecnica. In troppi stanno facendo a gara per l’etichetta di “inventore”. Una parte del brevetto appartiene a Feng Zhang, ricercatore del Broad Institute di Boston, come ha raccontato Eric Lander direttore dello stesso istituto, sulla rivista scientifica “Cell”. Lander ha però scatenato le ire della comunità scientifica perché ha omesso di menzionare nella ricostruzione della storia del Crispr, anche Jennifer Doudna (università di Berkeley, in California) ed Emmanuelle Charpentier (del Max-Planck-Institut tedesco), tra le prime a scrivere di Crispr, ma non così tempestive da chiederne il brevetto.
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