The Goldman Environmental Prize: il Nobel per tutti
Il 15 giugno sono stati presentati, in una cerimonia virtuale, i sei vincitori del Goldman Environmental Prize 2021, il cosiddetto “Nobel per l’ambiente” assegnato ogni anno a sei attivisti, uno per ogni regione geografica del mondo
“Tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere, grande o piccolo che sia, nel compito cruciale di difendere il nostro pianeta”: con queste parole Jane Fonda, attrice e attivista, ha aperto la cerimonia di consegna del Goldman Environmental Prize ai sei vincitori dell’edizione 2021. Si tratta di persone comuni, uomini e donne, capaci di mobilitare le loro comunità per combattere sei importanti battaglie: Gloria Majiga-Kamoto per l’Africa, Thai Van Nguyen per l’Asia, Kimiko Hirata per gli Stati insulari, Maida Bilal per l’Europa, Sharon Lavigne per il Nord America e Liz Chicaje Churay per l’America del Centro-Sud.
Il Goldman Environmental Prize nasce nel 1989, a San Francisco, da un’idea di Rhoda e Richard Goldman, filantropi e difensori dei diritti umani. Il premio è stato assegnato per la prima volta nel 1990, con una cerimonia tenutasi il giorno del compleanno di Richard, il 16 aprile. Sono 206 finora le persone insignite di questo premio, provenienti da 92 nazioni differenti, di cui 92 donne e 114 uomini. La particolarità del Goldman Environmental Prize è che a riceverlo sono persone comuni, uomini e donne che nel piccolo delle loro comunità riescono a fornire risposte concrete a problemi di carattere ambientale.
Tra i 206 vincitori del Nobel per l’ambiente figura anche un’italiana, Anna Giordano, insignita del riconoscimento nel 1998. Ornitologa di formazione e ambientalista conosciuta in tutta Europa, Anna Giordano vinse il Goldman Prize grazie al suo impegno “per la protezione degli uccelli selvatici e contro i danni che il progetto del ponte sullo stretto di Messina avrebbe provocato all’ambiente”.
Tornando all’edizione del 2021, le principali tematiche affrontate dai vincitori sono l’inquinamento da plastica, la salvaguardia di fiumi e boschi, il salvataggio degli animali dal bracconaggio a favore della sostenibilità ambientale e infine la lotta per la riduzione dell’emissione di CO2.
Per combattere l’inquinamento dell’ambiente provocato dalla produzione di plastica, Gloria Majiga-Kamoto ha fondato nel 2017 un movimento a sostegno del divieto di produzione di plastica sottile, facendo in modo che nel 2019 l’Alta Corte del Malawi confermasse il divieto di produzione, importazione, distribuzione e utilizzo di questo tipo di plastica. Diversamente Sharon Lavigne, insegnante di sostegno, tramite il movimento da lei fondato è stata in grado di fermare la costruzione di un impianto di produzione di plastica lungo le rive del Mississippi, in una regione già ampiamente vittima di inquinamento tossico e cancerogeno.
Chi ha combattuto per evitare costruzioni nocive per l’ambiente è stata anche Maida Bilal, che dal dicembre del 2018 e per 503 giorni ha protestato per impedire la costruzione di due nuove dighe sul fiume Kruščica, in Bosnia. La mancata costruzione delle dighe ha fatto in modo non danneggiare gli ultimi fiumi incontaminati d’Europa. Sempre rivolta alla salvaguarda dell’ambiente, ma orientata a combattere la deforestazione, è stata l’azione di Liz Chicaje Churay. L’attivista peruviana ha infatti contribuito, nel gennaio del 2018, alla nascita del Parco Nazionale Yaguas, che contiene al suo interno due milioni di acri di foresta amazzonica.
Infine Thain Van Nguyen e Kimiko Hirata: il primo è fondatore di Save Vietnam’s Wildlife, un’organizzazione no profitche tra il 2014 e il 2020 ha salvato dal commercio illegale 1540 pangolini, eil secondo ha contribuito all’annullamento dell’apertura di tredici centrali a carbone in Giappone, che, insieme, avrebbero rilasciato nell’ambiente più di 1,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
Fonte immagine: flickr
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