Hawking: “Potrei prendere un premio Nobel”
Il fisico pubblica la sua ultima ricerca e ironizza sul Nobel
Stephen Hawking avrebbe risolto il cosiddetto paradosso dei buchi neri. Nel suo ultimo paper presenta infatti un tentativo di conciliare due concetti della fisica: da una parte, l’idea che l’informazione non possa perdersi all’interno dell’universo e dall’altra, l’apparente scomparsa di quest’ultima in un buco nero. Il paper è stato pubblicato online su arXiv.org lo scorso 5 gennaio e scritto in collaborazione con Malcolm Perry e Andrew Strominger, due fisici teorici delle università di Cambridge e Harvard.
Il paradosso nasce da un contrasto tra la relatività generale e il principio di conservazione dell’informazione. La teoria della relatività generale, elaborata da Einstein agli inizi del Novecento, prevede che qualora qualcosa collassi all’interno di un buco nero non possa più scapparne. Ciò è vero anche per la luce e l’informazione, che scomparirebbero quindi una volta inghiottite da un buco nero. Questo è in contraddizione col principio di conservazione dell’informazione, che sostiene che nessun tipo di informazione possa essere persa all’interno dell’universo, da qui il paradosso.
Il suddetto paradosso si inasprisce con l’identificazione della “Radiazione di Hawking”. Per la prima volta, negli anni Settanta, Hawking ha studiato i buchi neri facendo ricorso alla meccanica quantistica, ovvero alla branca della fisica che studia particelle piccolissime. In seguito a questi studi, Hawking ha ipotizzato l’esistenza di una radiazione uscente dai buchi neri. Questa radiazione potrebbe riemettere materia e informazione nell’universo in modo confuso e potrebbe portare a un’eventuale scomparsa del buco nero. Ciò porterebbe quindi alla completa scomparsa dell’informazione presente al suo interno.
Adesso, dopo anni di lavoro, Hawking stesso ha proposto una possibile risoluzione del paradosso, ipotizzando l’esistenza di impronte di informazione sulla superficie dei buchi neri (orizzonte degli eventi). Ogni volta che una particella entra in un buco nero lascia una sua impronta sull’orizzonte degli eventi. Queste impronte vengono definite da Hawking “capelli” e sono quindi un’immagine dell’informazione presente all’interno di un buco nero. Quando una particella fuoriesce da questo, collide con i capelli e si carica delle loro informazioni, trasportandole con sé nell’universo. Hawking paragona queste informazioni alle ceneri di un’enciclopedia. Una volta che l’enciclopedia è stata bruciata, le informazioni sono ancora presenti all’interno delle ceneri ma risulta difficile comprenderle. Pertanto, non è facile interpretare le informazioni uscenti da un buco nero.
Il paradosso sembra quindi essere risolto, secondo Hawking l’informazione non è perduta all’interno dell’universo, è solo difficile identificarla.
Tuttavia, queste teorie hanno suscitato reazioni contrastanti nella comunità scientifica, e a tutt’oggi mancano le prove sperimentali a loro sostegno. Questo sembrerebbe il motivo della mancata assegnazione del Nobel al fisico. Ma Hawking si dimostra ottimista, ospite della BBC Reith Lecture 2016, pubblicata online lo scorso 2 febbraio, ha sostenuto che la radiazione di Hawking sia emessa anche da altre entità nell’universo. Ha inoltre affermato: «Al momento sto studiando la possibilità di rilevare sperimentalmente la radiazione di Hawking nelle onde gravitazionali primordiali… dunque, dopo tutto, potrei prendere un premio Nobel.»
Hawking e l’ironia sul Nobel, credits: BBC Reith Lecture 2016
Credits immagine in evidenza: NASA/JPL-Caltech
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