Hiv: è italiano l’ultimo studio che apre la via a nuovi farmaci
Ricercatori italiani scoprono dove si nasconde il virus Hiv, che il premio Nobel Francoise Barré-Sinoussi non ha mai smesso di combattere
Una ricerca realizzata all’Icgeb di Trieste ha scoperto le “tane” dove l’Hiv si nasconde fino a diventare “invisibile”. Lo studio del gruppo di ricercatori guidati dal professor Mauro Giacca, direttore del Centro di medicina molecolare, e pubblicato sul sito di «Nature», avrà forti ricadute nello sviluppo di nuovi farmaci contro l’Aids. Sempre più concreta la possibilità di una cura definitiva: a sette anni di distanza dal suo Nobel per la medicina, gli sforzi di Barré-Sinoussi nella lotta contro l’Aids danno ancora frutti.
Che il problema dell’Aids sia dovuto alla capacità del virus Hiv di inserire il proprio DNA in quello delle cellule che infetta, e diventare così parte del loro patrimonio genetico, era cosa nota da tempo. Ma perché il virus scelga soltanto alcuni dei 20 mila geni umani per integrarsi e, soprattutto, come riesca a nascondersi ai farmaci è rimasto finora un enigma. Ora questo enigma è stato risolto dal gruppo di ricerca dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology. Gli studiosi hanno dimostrato che la presenza di due proteine (NUP153 e LEDGF/p75) è fondamentale perché il virus riesca a inserirsi nella cellula. Fotografando la struttura del nucleo delle cellule infettate dal virus, si è scoperto che l’HIV integra il proprio Dna vicino al guscio esterno che delimita il nucleo.
L’impegno globale nella lotta contro l’Aids, che Barré-Sinoussi ha sempre auspicato, sta quindi avendo buoni esiti. Due anni fa la Barré-Sinoussi ha dichiarato al Times, dopo la guarigione di una neonata sieropositiva: “Oggi abbiamo delle prove che suggeriscono che una cura potrebbe essere possibile e dobbiamo sostenere i finanziamenti alla ricerca per la cura; gli scienziati devono migliorare la loro cooperazione”. Inoltre “se i farmaci antiretrovirali sono riusciti ad aiutare le persone a vivere una vita normale oggi è importante puntare a una soluzione definitiva contro la malattia che colpisce 30 milioni di persone nel mondo” ha aggiunto la scienziata. E grazie a questa scoperta, una soluzione definitiva non è più un’utopia.
Credits immagine copertina: Wikimedia Commons
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