Il peso del mondo
Riflessioni sull’ecoansia
di Jacopo Borghese, Danilo Cilluffo, Maria Camila Parra
Immagina di svegliarti ogni giorno con un peso insopportabile sul petto, un’angoscia che non deriva solo dalle sfide quotidiane, ma dalla percezione che il nostro pianeta stia precipitando verso un disastro inevitabile. È questo il disagio che vive chi soffre di ecoansia, un disturbo psicologico alimentato dalla crisi climatica
Cos’è l’ecoansia?
Il termine ecoansia è stato coniato nel 2011 dal filosofo Glenn Albrecht per descrivere il malessere psicologico che nasce da un’eccessiva preoccupazione verso le tematiche ambientali. Questa condizione si manifesta come un’ansia cronica, spesso accompagnata da sintomi debilitanti come insonnia, attacchi di panico e depressione. La costante esposizione a notizie di disastri naturali, specie in via di estinzione e rapporti scientifici allarmanti, crea un ciclo di paura e impotenza che può paralizzare la vita quotidiana. Come riportato dal Times, le ricerche online relative all’ecoansia sono aumentate del 4,59% dal 2018 al 2023 a livello mondiale. Uno degli aspetti più preoccupanti dell’ecoansia è il suo possibile impatto sui giovani. Le nuove generazioni, eredi di un mondo in crisi, sentono il peso di un futuro incerto e la responsabilità di invertire una rotta che sembra ormai tracciata.
“La costante esposizione a notizie di disastri naturali, specie in via di estinzione e rapporti scientifici allarmanti, crea un ciclo di paura e impotenza che può paralizzare la vita quotidiana”
Questa pressione può portare a un deterioramento della salute mentale, con effetti a lungo termine che possono riguardare anche la sfera dei disturbi del comportamento alimentare. Le preoccupazioni legate alla sostenibilità alimentare e alla salubrità del cibo prodotto in un mondo sempre più inquinato possono sfociare in una vera e propria ossessione verso il cibo sano. Questo disturbo prende il nome di ortoressia nervosa. Chi ne soffre ha l’abitudine di controllare compulsivamente dosi e qualità nutrizionali di tutto ciò che consuma. Purtroppo, il riconoscimento dell’ortoressia e la gestione del paziente che ne soffre sono difficili in quanto si tratta di un problema emergente e ancora non diagnosticato con criteri univoci. Ma come possiamo affrontare queste condizioni ancora poco conosciute? La terapia psicologica può essere di supporto nel gestire i pensieri ansiogeni, aiutando gli individui a trovare un equilibrio mentale. È fondamentale anche promuovere un’educazione ambientale che non solo informi, ma ispiri azioni concrete e collettive, trasformando l’ansia in un motore di cambiamento positivo.
L’ansia come fattore centrale
Secondo il Manuale DSM, l’ansia è uno stato emotivo stressante e spiacevole di nervosismo e malessere; le sue cause sono poco chiare. L’ansia è meno legata al tempismo di una situazione minacciosa; essa può essere anticipatoria di una minaccia, persistere dopo uno scampato pericolo o si può presentare in assenza di una chiara minaccia. D’altra parte, i disturbi d’ansia sono caratterizzati da una persistente ed eccessiva paura e da cambiamenti comportamentali disfunzionali che il paziente può utilizzare per mitigare questi sentimenti. I disturbi d’ansia si differenziano tra loro in base agli oggetti specifici o alle situazioni che inducono la paura e i cambiamenti comportamentali associati.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 4% della popolazione mondiale soffra attualmente di un disturbo d’ansia. Nel 2019, 301 milioni di persone nel mondo avevano un disturbo d’ansia, rendendoli i più comuni tra tutti i disturbi mentali. È possibile identificare l’ecoansia quando la paura estrema per il futuro dell’ambiente riesce a cambiare il nostro comportamento in modo drastico. Nello studio intitolato Ecoanxiety and worry about the future in Italian adolescents: an exploratory study, dell’Università di Padova, viene menzionata la ricerca di Smith, Sales, Williams e Munro (2023), i quali hanno intervistato donne canadesi di età compresa tra i 18 e i 25 anni che hanno riferito esperienze di ecoansia e sentimenti di perdita oltre che esitazione all’idea di avere figli.
“L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 4% della popolazione mondiale soffra attualmente di un disturbo d’ansia. Nel 2019, 301 milioni di persone nel mondo avevano un disturbo d’ansia, rendendoli i più comuni tra tutti i disturbi mentali”
Da questo studio emerge che il cambiamento climatico è stato uno dei fattori che ha influenzato il processo decisionale di avere figli per la maggioranza delle partecipanti. Considerando la marcata eterogeneità delle definizioni di ecoansia utilizzate in letteratura, è chiaro che è urgente stabilire una definizione comune. È necessario misurare ogni ecoemozione separatamente, anche se questo potrebbe non essere un compito facile perché non conosciamo ancora i meccanismi esatti che sono coinvolti quando si tratta di preoccupazioni legate al cambiamento climatico e alle relative implicazioni per la salute.
Jacopo Borghese, Danilo Cilluffo, Maria Camila Parra sono student* del Master La Scienza nella Pratica Giornalistica, Sapienza, https://web.uniroma1.it/mastersgp/
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