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Il premio Nobel Deaton fornisce una base per i proclami di Trump

La preoccupazione di Trump per le sorti degli americani bianchi di mezza età è stata, prima di lui, quella del premio Nobel per l’economia Angus Deaton, che nei suoi studi ha evidenziato una sensibile crescita del tasso di mortalità in questa fascia sociale fra il 1999 e il 2013

In un discorso tenuto durante il National Association for Business Economics, evento che ha avuto luogo a Washington fra il 5 e il 7 marzo 2017, Angus Deaton ha parlato dei suoi studi sulle caratteristiche della povertà nel mondo che gli sono valsi il premio Nobel per l’economia nel 2015. L’ex professore di Princeton ha esordito scioccando la platea con l’affermazione secondo la quale ai giorni nostri sarebbe meglio essere un povero in Bangladesh che nel delta del Mississippi. Infatti egli ha fatto notare che in America ci sarebbero più di 3 milioni di cittadini che vivono con meno di 2 dollari al giorno senza alcuna assistenza dello stato, molti dei quali proprio nel delta del “grande fiume”.

Ripreso il suo intervento il professore ha poi evidenziato come ancor più tragico sia il concludere che molti di quei 3 milioni di americani vengano dalla cosiddetta working class. Una fascia sociale questa simbolo del sogno americano ma per quale le cose sono andate peggiorando rapidamente nel primo decennio del ventunesimo secolo. Le cause principali di questo tracollo individuate da Deaton sono state la globalizzazione e le cattive politiche poste in essere, a suo dire, da una classe dirigente troppo lontana dai problemi reali del paese. La perdita del lavoro e la mancanza di ammortizzatori sociali avrebbero portato decine di migliaia di americani verso l’abuso di stupefacenti e alcool. A rendere il quadro ancor più drammatico sono i dati secondo i quali in America l’incremento dei tassi di suicidio nella fascia di età 45-64 rilevato nel decennio 2000-2010 è stato del 53%.

Mortalità di cittadini bianchi nella fascia di anni 45–54: US non-Ispanici (USW), US Ispanici (USH), Francia (FRA), Germania (GER), Regno Unito (UK), Canada (CAN), Australia (AUS) e Svezia (SWE)

Tornando alle cause, Deaton ha parlato della globalizzazione come di un evento positivo per molti nel sud-est asiatico, ma per pochi negli Stati Uniti. Proprio i bianchi di mezza età con un basso livello di educazione, che Trump ha definito vittime del nostro tempo, sono, secondo Deaton, coloro che hanno perso di più con il mercato globale. Il costo del lavoro in America in settori come l’automotive e il manifatturiero infatti non ha retto il confronto con quello dei paesi asiatici e questo ha portato a una progressiva perdita di competitività delle aziende americane che a sua volta a portato alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Il quadro che Deaton fa è quello di una globalizzazione che ha contribuito ad appianare le disuguaglianze fra i diversi paesi, ma che invece ha aumentato quelle all’interno delle singole nazioni.

Ma se le argomentazioni fornite da Deaton durante il suo intervento al National Association for Business Economics sembrerebbero supportare i proclami di Trump, l’economista nei mesi scorsi ha definito il presidente “inabile” alla carica, motivando la sua elezione non come un fatto di merito ma come la conseguenza dell’arroganza delle élite politiche del passato che hanno trasformato il governo in una lobbycrazia, in ciò alludendo in particolare ai Clinton.

Credits:  TT News Agency / Reuters