Il suicidio cellulare e la molecola della vita
John Sulston ha vinto il Nobel per i suoi studi sulla morte cellulare programmata. Ma è stato anche uno degli scienziati che ha letto l’intera sequenza del nostro DNA e si è battuto per renderla accessibile a tutti
Davanti alla “Pietà Rondanini” di Michelangelo, capolavoro della tecnica del non-finito, si rimane incantati: è il fascino della creazione nell’arte, la testimonianza di come, eliminando pezzi di marmo da un unico blocco squadrato, l’artista sia in grado di far emergere il sublime. Ma quale emozione deve aver provato John Sulston quando, guardando al microscopio le uova di un verme, ha assistito allo sviluppo di un intero organismo? Con i suoi occhi ha scoperto che la trasformazione di un embrione in adulto è determinata non solo da nuove cellule che nascono, ma anche da cellule che muoiono, seguendo un programma di “suicidio” ben determinato. Proprio come la sottrazione dei pezzi di marmo è fondamentale nella scultura di un’opera d’arte, l’eliminazione di gruppi di cellule è essenziale nella scultura del corpo.
La scoperta di Sulston è il frutto di anni di lavoro e di dedizione alla scienza. Eppure il futuro premio Nobel, inglese, classe 1942, non aveva particolarmente brillato nei suoi studi accademici di chimica organica a Cambridge. Saranno gli anni del dottorato, spesi a lavorare alla sintesi di nucleotidi (i mattoncini che formano le molecole di DNA e RNA), l’effettivo inizio della sua carriera scientifica, che prosegue brillantemente al Salk Institute in California. Qui ha l’opportunità di conoscere grandi nomi, come Francis Crick, che insieme a James Watson ha scoperto la struttura del DNA. Nel 1969 Sulston fa ritorno in Inghilterra per lavorare nell’unità di biologia molecolare del Medical Research Council (MRC) a Cambridge. Il suo capo è Sydney Brenner, un passato da collaboratore di Crick e un presente come coordinatore di un progetto che suscita scetticismo e ironia tra molti colleghi: utilizzare un piccolo verme nematode come modello sperimentale per studi di neurobiologia. Caenorhabditis elegans appare come un nastro sottile lungo 1 millimetro, è fatto solo da 959 cellule, ha un tempo di generazione breve e un corpo completamente trasparente: tutte queste caratteristiche lo rendono perfetto per essere osservato al microscopio.
Armato solo di questa apparecchiatura e di una grandissima pazienza, Sulston utilizza la stessa tecnica che portò Mendel a formulare le leggi di base della genetica: comincia a contare. E contando scopre che, malgrado sui libri di biologia dello sviluppo sia scritto che il verme alla schiusa è già provvisto di tutte le cellule che gli servono, la larva che esce dall’uovo ha solo 15 cellule nervose mentre l’adulto ne ha 57. Sulston poggia una larva su uno strato di batteri, fornendola così del cibo necessario alla crescita, e si appresta a osservare in diretta come si forma il sistema nervoso. Lo spettacolo a cui assiste è per lui così entusiasmante che, essendo venerdì, decide di portarsi il microscopio a casa per poter continuare a guardare durante tutto il weekend. Ma quando gli occhi incominciano a chiudersi, infila la larva nel frigorifero per riprendere il mattino seguente. Come ricorderà lui stesso, il lunedì ha due cose da raccontare ai colleghi: «Ho tracciato lo sviluppo del cordone nervoso ventrale del verme e ho scoperto che il miglior posto nel frigorifero per i vermi è sotto la lattuga nel cassetto delle verdure». Il suo lavoro non si esaurisce qui e con grande coraggio si getta in un progetto incredibilmente impegnativo: osservare il destino di ogni singola cellula dell’embrione all’interno dell’uovo trasparente. Un gruppo tedesco ha già tentato inutilmente con l’aiuto di videocamera e computer; Sulston decide di provarci da solo. Per diciotto mesi si siede al microscopio due volte al giorno per quattro ore, sceglie una cellula alla volta e prende appunti. Su un piccolo quaderno traccerà una mappa completa dello sviluppo embrionale, che in C. elegans si ripete uguale in ogni individuo: inizialmente si formano 1090 cellule; di queste, 959 resteranno a far parte del verme adulto, mentre 131 moriranno spontaneamente attraverso il cosiddetto processo di apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata. Successivamente Sulston identificherà anche un primo gene coinvolto in tale processo, nuc-1, che guida la degradazione del DNA delle cellule che muoiono. Il suo lavoro verrà continuato dall’americano Robert Horvitz, che scoprirà i geni chiave che controllano l’apoptosi in C. elegans e dimostrerà che esistono i corrispondenti nell’uomo. Nel 2002 il mondo scientifico renderà omaggio alla ricerca di Brenner, Sulston e Horvitz con il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia.
Agli inizi degli anni ’80 lo studio sulle linee cellulari embrionali è terminato e Sulston intraprende un nuovo progetto non meno ambizioso: disegnare una mappa fisica dell’intero genoma di C. elegans. Crea, insieme allo specialista di computer Alan Coulson, un programma che lo possa aiutare nell’impresa. Nel 1989 Sulston, Coulson e il loro collaboratore Bob Waterson mostrano al mondo intero il loro lavoro su un foglio di carta lungo un miglio. Guardando quel miglio di sequenza nucleotidica James Watson, che sta guidando il Progetto Genoma Umano in America, capisce che Sulston e Waterson sono le persone giuste da coinvolgere. I due scienziati accettano la proposta della Wellcome Trust, l’istituzione scientifica indipendente più potente d’Europa, che finanzierà un nuovo istituto in Inghilterra, il Sanger Centre, per collaborare al sequenziamento del DNA. Nel 1992 Sulston ne viene nominato direttore e diventa il portavoce del consorzio pubblico internazionale del Progetto Genoma. Inizierà così la battaglia con la società privata Celera Genomics dello scienziato e imprenditore americano Craig Venter, che nel 1998 promette di presentare il sequenziamento del genoma umano entro il 2001, spendendo meno soldi e meno tempo di quanto previsto dal consorzio pubblico. Venter e Sulston non possono avere caratteri più diversi: il primo fa utilizzare il proprio DNA come campione di riferimento nel progetto; il secondo utilizza DNA anonimo. Venter vuole brevettare i risultati del sequenziamento, Sulston si oppone strenuamente: i brevetti devono riguardare le invenzioni mentre determinare la sequenza di un gene è una scoperta. La sua obiezione non è solo morale ma anche scientifica, perché, come afferma lui stesso, l’avanzamento della conoscenza è frutto della collaborazione e non deve essere bloccata dalla segretezza imposta dal mondo brevettuale.
L’esito della vicenda è storia recente, suggellata da una dichiarazione congiunta di Tony Blair e Bill Clinton che si esprimono pubblicamente contro la privatizzazione della sequenza del genoma. La pubblicazione dei risultati è concomitante: nel febbraio 2001 la bozza completa del genoma umano è pubblicata su Nature dal consorzio pubblico e su Science dalla Celera Genomics. Ma, come ogni settimana, Nature esce il giovedì, Science il venerdì.
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