Ilya Mechnikov: emotività e genio scientifico
Un carattere passionale guida la vita del grande biologo russo. Viaggi, malattie, tentativi di suicidio e scelte politiche radicali accompagnano il suo amore per la scienza
È il 1860 e nelle aule dell’università di Kharkoff, in Russia, un ragazzo giovanissimo segue le lezioni di anatomia comparata. Non potrebbe essere lì: Ilya Mechnikov ha solo 15 anni e ha nascosto la divisa scolastica per imparare qualcosa di più di quello che gli viene insegnato al liceo.
Nato nel 1845 da una famiglia benestante, il piccolo Ilya ha mostrato subito un grande interesse per la natura. Lo studio è il mezzo migliore per saziare la sua fame di sapere: dopo un’adolescenza trascorsa appassionandosi alla biologia, si laurea in soli due anni in scienze naturali e incomincia a girare l’Europa. In Germania lavora con Rudolf Leuckart, zoologo conosciuto per i suoi studi di parassitologia, che però si appropria dei risultati di una sua ricerca sui vermi nematodi. L’indignazione spinge Mechnikov a spostarsi a Napoli, dove la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” rappresenta un centro di ricerca di fama mondiale: colpito dalle teorie evoluzionistiche darwiniane, si interessa allo studio dell’embriologia. La possibilità di osservare gli eventi che portano alla formazione di un organismo lo affascina e lo scienziato passa ore e ore al microscopio, ma la sua vista si indebolisce e l’avvento dell’epidemia di colera lo costringe a lasciare la città partenopea. Ritorna quindi in Russia, dove diventa professore all’Università di Odessa.
Gli anni successivi sono molto travagliati per Mechnikov: se, da un lato, il suo carattere passionale non si adatta facilmente all’ambiente universitario, anche la vita privata gli riserva momenti difficili. La ragazza di cui è innamorato si ammala di tubercolosi; nonostante questo, decidono di sposarsi ma lei arriva all’altare in sedia a rotelle. Qualche anno dopo la moglie muore; Mechnikov, tormentato anche dai continui problemi lavorativi, cade in depressione e cerca di uccidersi. Si sposa per la seconda volta con una ragazza giovanissima, Olga Belokopitova, ma l’inquietudine e il pessimismo non lo abbandonano, tanto da spingerlo a tentare di nuovo il suicidio. Non solo: le sue idee politiche sono contrarie al governo reazionario che si è insediato in Russia dopo l’assassinio dello zar Alessandro II e ancora una volta lo scienziato si lascia trasportare dal suo temperamento, rinunciando alla Cattedra a Odessa e partendo di nuovo per l’Italia.
«Fu a Messina che ebbe luogo il più grande evento della mia vita scientifica…». Introducendo semi di mandarino nelle larve trasparenti di stella marina, Mechnikov osserva che alcune cellule circondano con i loro prolungamenti questi corpi estranei, li divorano e li eliminano digerendoli: è la scoperta del processo della fagocitosi. Mechnikov ipotizza che anche negli organismi superiori la fagocitosi sia un meccanismo fondamentale durante la risposta infiammatoria. Nonostante lo scetticismo di molti colleghi, durante un congresso a Vienna Louis Pasteur gli manifesta grande stima e lo invita a lavorare a Parigi. È qui che lo scienziato russo si impegnerà senza sosta per trovare una conferma dell’importanza della fagocitosi nei meccanismi di difesa dell’organismo. Dopo 25 anni la sua teoria verrà definitivamente accettata e nel 1908 Mechnikov verrà insignito del Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina.
Negli anni successivi la passione per la scienza lo porterà a continuare all’ Istituto Pasteur la sua attività anche in altri campi: studia le atrofie senili, la sifilide, le malattie intestinali e gli effetti dei fermenti lattici nella dieta. Lo scoppio della guerra nel 1914 e la morte di molti suoi allievi gettano di nuovo lo scienziato nello sconforto. Mechnikov morirà per problemi cardiaci il 16 luglio 1916.
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