corso di laurea magistrale in ingegneria delle comunicazioni
Internet e reti di telecomunicazioni fisse e mobili, apparati, infrastrutture e servizi, elaborazione di segnali, immagini e suoni, radar, sistemi di localizzazione terrestre e satellitare: abbiamo parlato con Fabiola Colone per conoscere meglio il mondo dell’ingegneria delle comunicazioni
“Probabilmente ai più sfugge che anche dietro al funzionamento di un telefono cellulare e alle applicazioni informatiche più user friendly, c’è un’infrastruttura, un sistema elettronico sofisticato sempre in servizio. Forse le generazioni precedenti, avendo un rapporto più netto con la tecnologia, percepivano più chiaramente tutto ciò. Oggi, molti ragazzi pensano che dietro al testo di un messaggio sullo smartphone ci sia solo l’opera di esperti informatici”. A parlare è Fabiola Colone, Presidentessa del consiglio di area didattica del corso di Laurea magistrale in Ingegneria delle Comunicazioni di Sapienza Università di Roma. Nel recente passato, l’Italia è stata leader dell’innovazione in vari campi dell’industria e proprio nel settore delle telecomunicazioni il nostro Paese è stato pioniere grazie al lavoro, per citare solo due esempi, di Guglielmo Marconi e di Quirino Majorana, zio del più noto Ettore, le cui ricerche hanno posto le basi per lo sviluppo della telefonia e per la nascita della televisione.
Quando nasce il corso di Ingegneria delle comunicazioni?
Nasce con l’enorme sviluppo dell’industria delle telecomunicazioni e dei servizi associati. Prende avvio da quella che era la Laurea in Ingegneria Elettronica dalla quale si è staccata una costola che è divenuta il corso di Ingegneria delle Telecomunicazioni. Poi, con l’introduzione della riforma 3+2, il percorso ha cambiato nome diventando Ingegneria delle Comunicazioni per uniformarsi alla denominazione in uso nel panorama internazionale. Forse, però, questa scelta non è stata del tutto felice, perché nella nostra lingua il termine comunicazione non evoca necessariamente un aspetto tecnologico e spesso lo si associa alla scienza delle comunicazioni che è tutt’altra disciplina.
Qual è il numero di studenti che si iscrivono ogni anno a questa magistrale?
C’è una netta differenza tra il numero di iscritti al corso di primo livello rispetto al numero di studenti che decidono di intraprendere il percorso magistrale: ottanta nel primo ciclo e trenta nel secondo, molti meno rispetto a una decina di anni fa. Oltre a questo, si registra la migrazione verso i corsi di Ingegneria informatica e Ingegneria gestionale, al momento tra i più gettonati. Per contrastare questa riduzione di iscrizioni – generalizzata sul territorio nazionale – sono state intraprese una serie di iniziative per informare sulle notevoli opportunità di impiego per esperti in questo settore.
la richiesta di laureati in ingegneria delle comunicazioni da parte delle industrie è così alta che a causa del basso numero di iscritti non riusciamo a soddisfarla: il tasso di occupazione dei nostri laureati è quasi del 100%
Quali sono le prospettive lavorative per chi si laurea in questa disciplina?
Le possibilità per i laureati in ingegneria delle comunicazioni sono enormi. Noi riceviamo quotidianamente richieste di laureati sia per l’eccellenza dei corsi che offriamo sia perché le nostre discipline sono molto variegate. Parliamo di elaborazione dei dati, di progettazione di sistemi per l’esplorazione spaziale, sensoristica in tutte le sue forme e, in particolare, per l’osservazione della Terra, e molto altro. La richiesta di laureati in ingegneria delle comunicazioni da parte delle industrie è così alta che a causa del basso numero di iscritti non riusciamo a soddisfarla. Il tasso di occupazione dei nostri laureati è quasi del 100%. Non bisogna poi dimenticare che nell’ambito del PNRR, i fondi per lo sviluppo delle telecomunicazioni del futuro rappresentano una delle linee centrali.
Cosa direbbe a chi volesse iniziare questo percorso?
Lo sviluppo delle telecomunicazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni è enorme e questa tendenza non è ancora terminata. Basti pensare alla comparsa dei primi cellulari: in un decennio ci siamo tutti dotati di un telefono e poco dopo lo abbiamo sostituito con uno smartphone in grado di scaricare dati a grandissime velocità. Inoltre, non si deve credere che non vi saranno ulteriori sviluppi: la rete 5G, ad esempio, sarà sostituita dalla 6G e così via. Parliamo di enormi potenzialità e l’Italia – come sistema Paese – ha bisogno di politiche adeguate a colmare il divario con gli altri paesi e a competere, almeno in ambito europeo, con gli altri Stati. L’Italia nel panorama internazionale è indietro su molti fronti, primo tra tutti la telefonia, ma anche nei sistemi di assistenza alla navigazione che permettono ai sensori presenti nelle auto di comunicare con quelli nelle vicinanze. Queste applicazioni, ad esempio, sono già una realtà in Germania, mentre in Italia ancora non sono state implementate. Se perdiamo queste competenze in futuro la situazione sarà anche peggiore. È urgente fare scelte sociali e tecnologiche al passo coi tempi.
Pensa ci sia ancora qualcosa da migliorare?
Sì, proprio ora ci stiamo concentrando su come poter migliorare le soft skill degli ingegneri che formiamo, mentre, sul piano tecnico, le competenze dei nostri laureati sono assolutamente gradite dall’industria. Quello che noi insegniamo continua a essere attuale e utile all’inserimento nel mondo lavorativo. Il problema da risolvere rimane quello di come far conoscere a un maggior numero di studenti l’ingegneria delle comunicazioni, soprattutto a chi esce dalle superiori.
Ci può raccontare del suo percorso?
Il mio percorso è stato molto rapido e fortunato. Mi sono laureata in questa facoltà dove ho anche proseguito gli studi per conseguire il dottorato di ricerca. Poi, dopo un anno a Londra come post-doc, ho vinto un concorso per ricercatore. Dopo poco sono diventata Professore associato e ordinario due anni fa. Quindi, sono stata scelta come Presidente del corso di laurea in Ingegneria della comunicazione. Tutto è stato abbastanza veloce. Per questo mi reputo fortunata rispetto alla situazione corrente del sistema universitario. Comunque, ci ho messo tanto anche del mio. Questo ruolo è molto richiedente in termini di impegno personale. Ci vuole tanta dedizione e tanto tempo sia per gestire le questioni basiche sia per coinvolgere i colleghi e attivare nuove iniziative.
Lei è una donna che ha fatto carriera nell’ambito accademico scientifico. Dai dati emerge però che, nonostante le donne rappresentino la gran parte dei laureati, solo poche di queste abbiano un titolo in discipline STEM. Cosa cambierebbe per attirare le ragazze verso questi percorsi?
Come donna diventata ingegnere, ma anche come madre di una ragazza di quasi undici anni, credo che i problemi continuino a essere a monte, cioè negli input che noi forniamo alle bambine: i giochi, il colore con i quali le vestiamo, per citarne alcuni. Per cambiare la situazione è necessario partire dalla famiglia scardinando gli stereotipi. Mia figlia, vede che entrambi i genitori sono laureati in materie scientifiche e che entrambi lavorano. Per me è stato un grande successo quando alle elementari ha scritto un pensierino dicendo “mio padre stira, mentre mia madre lavora”. Mi auguro che negli anni ciò possa essere sempre più diffuso. Tornando al nostro corso, invece, il numero di ragazze presenti in aula si aggira intorno al 35%, soprattutto alla magistrale, e questo mi sembra un aspetto positivo.
Per quanto riguarda il corpo docenti, invece?
Nel nostro corso di laurea ci sono tante docenti donne e anche le professoresse ordinarie cominciano a essere sempre di più. Fino a 10 anni fa ce ne era, invece, una sola. Quando una studentessa vede sia donne che uomini nel corpo docenti, queste diventano dei role model e si crea una percezione diversa di ciò che si può arrivare a fare: le donne non sono solo coloro che imparano dagli uomini, ma anche coloro che insegnano.
Fabiola Colone, professoressa ordinaria presso la Facoltà di Ingegneria dell’Informazione, Informatica e Statistica della Sapienza Università di Roma
Celeste Ottaviani e Marco Tannino student* del Master “La scienza nella Pratica Giornalistica” presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza Università di Roma https://web.uniroma1.it/mastersgp/
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