Iniquità dei vaccini: un crimine contro l’umanità
La Covax Facility si prefigge di rendere disponibili due miliardi di dosi di vaccini anti-Covid-19 ai paesi che vi partecipano entro la fine del 2021, comprese almeno 1,3 miliardi di dosi per le economie a basso reddito. Le aziende farmaceutiche e le nazioni ricche stanno facendo abbastanza?
A settembre 2020, il mondo si è unito per sostenere Covax, un’iniziativa multilaterale volta a garantire l’accesso globale ai vaccini salvavita Covid-19. Covax è co-guidato da Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, fondazione che finanzia progetti di ricerca indipendenti per lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive emergenti), da Gavi Alliance (partnership pubblico-privata nata con l’obiettivo di garantire un miglior livello di salute per la popolazione attraverso la realizzazione di campagne di vaccinazione nei paesi in via di sviluppo) e dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Un partner chiave è l’Unicef (premio Nobel per la pace nel 1965) che ha utilizzato la sua esperienza per coordinare l’approvvigionamento e la fornitura di vaccini contro il Covid-19 per conto di Covax. L’Unicef è il più grande acquirente singolo di vaccini al mondo: acquista e distribuisce più di 2 miliardi di dosi all’anno per le vaccinazioni di routine e per la risposta alle epidemie.
Con il supporto della comunità internazionale, Covax ha immediatamente ottenuto finanziamenti, avviato trattative con sviluppatori e produttori di vaccini e affrontato le sfide tecniche e operative associate all’implementazione del programma di vaccinazione più grande e complesso della storia. Covax ha raggiunto obiettivi significativi: sono stati raccolti più di 10 miliardi di dollari; sono stati presi accordi giuridicamente vincolanti per 4,5 miliardi di dosi di vaccino; in soli sei mesi sono state consegnate 240 milioni di dosi a 139 paesi. Eppure il quadro globale dell’accesso ai vaccini Covid-19 è inaccettabile. Solo il 20% delle persone nei paesi a reddito medio-basso ha ricevuto una prima dose di vaccino rispetto all’80% nei paesi a reddito medio-alto. Mentre quasi il 70% della popolazione del Regno Unito è completamente vaccinato, in Uganda lo è solo l’1%, in Congo e in Kenya si arriva al 2%. Le 50 nazioni meno ricche, che ospitano il 20% della popolazione mondiale, hanno ricevuto solo il 2% di tutte le dosi di vaccino. Nei mesi critici successivi al lancio di Covax, gran parte della prima offerta globale di vaccini era già stata acquistata da nazioni ricche: il Canada ha acquistato dosi sufficienti per vaccinare i suoi cittadini cinque volte, il Regno Unito possiede dosi pari a quattro volte la sua popolazione. Entro la fine del 2021, le nazioni ricche disporranno di un miliardo di dosi inutilizzate, mentre alcuni paesi più poveri non hanno ancora ricevuto i vaccini che hanno pagato. Nella peggiore pandemia degli ultimi cento anni i vaccini restano un prodotto di proprietà delle aziende venduto ai ricchi, invece di un bene pubblico liberamente disponibile. A nulla sono serviti gli appelli di premi Nobel e società civile per l’allentamento dei diritti sulla proprietà intellettuale, il trasferimento di tecnologia e il supporto alla globalizzazione della produzione. Il Covid-19 si è trasformato in un’occasione di enormi profitti per le aziende farmaceutiche che aumenteranno ulteriormente con la somministrazione della terza dose. La grande incertezza della comunità scientifica sulla durata dell’immunità assicurata dal vaccino ha spinto infatti i governi a programmare un ulteriore richiamo, sebbene una ricerca pubblicata su Lancet indichi che è prematuro pensare a una terza dose generalizzata. Sarebbe invece prioritario immunizzare tutti. L’epidemia di coronavirus, complici gli egoismi politici e la corsa al profitto, ha evidenziato e acuito le differenze nel livello di salute tra le nazioni. Se non si comprende che “nessuno è al sicuro finché non lo siamo tutti”, la speranza di chiudere presto il drammatico capitolo della pandemia sarà sempre più fievole.
Immagine in evidenza: {Credit: Flickr, public domain}
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