Interazioni da premio Nobel
Processi virtuosi di innovazione sarebbero favoriti dalla collaborazione di menti geniali e intuitive
La ricetta di un Nobel? Incontri fortuiti e un pizzico di serendipità, come direbbe il sociologo statunitense Robert Merton. In diversi casi infatti la collaborazione di menti geniali ha favorito la nascita di ambienti serendipitosi, in cui scoperte casuali e inaspettate sono molto frequenti.
E questo è vero non solo per le grandi fabbriche di premi Nobel, istituzioni il Cavendish Laboratory di Cambridge, che ha sfornato ventinove Nobel, oppure il Caltech in California, da dove ne sono usciti ben trentadue. Ma anche in ambienti più piccoli e meno celebri dove il genio, ma anche la pazienza, il lavoro, l’impegno costante e la partecipazione attiva da parte di tutti hanno creato interazioni da premio Nobel.
Per fare un esempio, Sophie Wolfe, insegnante di scienze alla Abraham Lincoln High School di New York, creò un così detto micro ambiente serendipitoso, che produsse ben tre Nobel: Arthur Kornberg, premiato per la medicina nel 1959, e i chimici Paul Berg e Jerome Karle, premiati rispettivamente nel 1980 e nel 1985.
Il premio Nobel Wolfgang Pauli, fisico austriaco considerato tra i padri fondatori della meccanica quantistica, fu allievo di due “grandi”. Il fisico e matematico tedesco Max Born, Nobel per la fisica nel 1954, e il danese Niels Henrik David Bohr, fisico, matematico e filosofo della scienza, premiato nel 1922 per aver scoperto la struttura delle orbite degli elettroni attorno all’atomo. Bohr ebbe tra i suoi allievi anche un altro premio Nobel, il fisico Werner Heisenberg, da lui considerato come il prediletto.
Anche il laboratorio dell’italiano Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975, può essere definito socio-cognitivo serendipitoso: è da lì che vengono infatti i Nobel per la medicina Howard Martin Temin, Susumu Tonegawa, e Leland Hartwell.
Il termine serendipità fu coniato nel 1754 dallo scrittore inglese Horace Walpole, in una lettera scritta all’amico Horace Mann. Deriva da Serendip, l’antico nome persiano per indicare la regione dell’attuale Sri Lanka. Lo scrittore volle indicare il tipico elemento della ricerca scientifica dato dallo scoprire qualcosa di importante mentre in realtà si sta cercando altro. Walpole venne ispirato dalla fiaba persiana di Cristoforo Armeno, intitolata Tre prìncipi di Serendippo, nella quale i tre protagonisti fanno delle scoperte dovute al caso e alla capacità di osservazione. Esempi clamorosi di serendipità sono: la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, che stava cercando le Indie; Willhelm Conrad Röntgen scoprì i raggi X mentre eseguiva esperimenti sulla produzione di raggi catodici; Alexander Fleming sintetizzò la penicillina da una errata disinfezione di un provino.
Come disse il ricercatore biomedico Jiulius H. Comroe nel 1976, «La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino».
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