Cosa possiamo imparare dagli invertebrati per prevenire le pandemie
Uno studio pubblicato su The American Naturalist ha indagato le difese immunitarie messe in atto da una specie di zooplancton – invertebrati presenti in habitat acquatici – in seguito a un’infezione da parte di un parassita fungino. I risultati aprono nuove strade verso la comprensione di come prevenire lo sviluppo di future pandemie
I ricercatori dell’università del Colorado a Boulder si sono chiesti se fosse possibile per gli invertebrati, vettori comuni di numerose malattie, combattere queste infezioni per impedire che vengano trasmesse agli esseri umani.
A questo scopo, hanno riprodotto e studiato in laboratorio un’infezione su un organismo modello semplice, Daphnia dentifera – piccoli crostacei planctonici – in seguito a ingestione di spore di un fungo patogeno, Metschnikowia bicuspidata.
Per comprendere l’andamento dell’infezione, gli autori si sono concentrati principalmente su tre stadi: l’esposizione alle spore, la penetrazione dell’agente infettivo nella cavità corporea e l’eventuale recupero. Hanno poi effettuato un’analisi longitudinale sulla popolazione di Daphnia infettata per verificare nel tempo la proporzione di individui che occupava un determinato stadio. I risultati hanno mostrato una grande variabilità del decorso dell’infezione all’interno della popolazione di zooplancton: alcuni organismi hanno impedito alle spore fungine di penetrare l’epitelio intestinale (processo necessario per l’avvio dell’infezione), altri hanno eliminato l’infezione in un periodo di tempo breve dopo l’ingestione delle spore, altri ancora non sono sopravvissuti. Queste evidenze dimostrano che in alcuni individui entrano in gioco dei meccanismi difensivi per opporsi all’agente patogeno.
“I nostri risultati mostrano che ci sono diverse difese che gli invertebrati possono utilizzare per ridurre la probabilità di infezione; abbiamo bisogno di capire quali difese immunitarie mettono in atto per comprendere i modelli di infezione”, afferma la ricercatrice Tara Stewart Merrill, autrice principale dello studio.
Sulla base di queste osservazioni, i ricercatori hanno sviluppato un modello probabilistico per misurare la risposta immunitaria dell’ospite. Il modello, applicabile a tutti i sistemi relativi alla fauna selvatica, è utile per approfondire l’andamento di un’infezione negli invertebrati responsabili delle malattie trasmesse agli esseri umani. Questo significa che possiamo imparare a combattere le malattie dagli stessi animali che ci infettano. “Lo scopo è quello di prevenire eventuali eventi di spillover responsabili dell’evoluzione delle pandemie”, afferma Stewart Merrill.
Quando parliamo di malattie tropicali, probabilmente ci viene subito in mente la malaria, la parassitosi causata da protozoi del genere plasmodium, il cui vettore è una zanzara del genere anopheles. Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2019 si sono verificati 229 milioni di casi di malaria nei paesi endemici per questa malattia. Ma questa è solo una delle tante malattie trasmesse alle persone dagli invertebrati; i dati in letteratura, però, mostrano che gli studi epidemiologici raramente si focalizzano sulle difese immunitarie messe in atto da questi animali.
La ricerca in questo ambito è stata proficua negli anni ’80 del secolo scorso grazie al lavoro dell’immunologo francese Jules Hoffmann che ha studiato a fondo i meccanismi molecolari dell’immunità innata nel moscerino della frutta Drosophila. Una delle sue scoperte più importanti è stata l’identificazione di un recettore di membrana chiamato Toll, che ha un ruolo cruciale nell’immunità dell’insetto contro le infezioni da funghi.
Nonostante il notevole contributo di Hoffman alla comprensione dell’immunità innata, che lo ha portato a vincere il premio Nobel per la medicina nel 2011, la complessità del sistema immunitario degli invertebrati rimane in gran parte un mistero.
Immagine in evidenza: {daphnie in luce polarizzata, Wikimedia commons}
Cosa si sa da precedenti ricerche sui meccanismi molecolari dell’immunità innata negli insetti, in particolare nel moscerino della frutta Drosophila?
In che modo questo studio indaga le difese immunitarie imposte dalle specie di zooplancton dopo l’infezione da parassiti fungini?