In Israele la torre solare più alta del mondo
Basata sulla tecnologia del solare termodinamico, soddisferà le esigenze energetiche del 5% della popolazione del paese
I lavori di costruzione della torre solare israeliana sono iniziati nel deserto del Negev nel 2016 e la prima fase dovrebbe terminare nel 2018. A questo punto il campo solare avrà una potenza di picco di 310 MW, potrà alimentare circa il 5% delle abitazioni del paese e sarà costituito da 50.000 eliostati, cioè degli specchi disposti attorno a una torre alta 250 metri e capaci di ruotare per catturare i raggi solari. La tecnologia sfruttata è quella del solare termodinamico, dove la radiazione proveniente dal Sole, e raccolta dagli specchi, viene convogliata in un ricevitore posto sulla torre in cui scorre un fluido costituito da comuni fertilizzanti (sali di sodio e potassio). A differenza del più noto fotovoltaico, il solare termodinamico risulta più economico e con un minor impatto ambientale. Infatti, come aveva già intuito il premio Nobel Carlo Rubbia, costruire specchi costa molto meno che costruire pannelli fotovoltaici; inoltre l’impianto termodinamico consente di produrre energia elettrica anche in assenza di irraggiamento in quanto i sali riescono a trattenere il calore accumulato che può essere utilizzato successivamente.
Israele, benché sia fortemente legato ai combustibili fossili per via dei ricchi giacimenti di gas naturale al largo delle sue coste, è uno dei tanti paesi che ha deciso di aprirsi alle fonti rinnovabili innovative, come il solare termodinamico, per venire incontro alle sempre più pressanti esigenze energetiche. In Italia la storia è stata più travagliata. Già negli anni sessanta del secolo scorso Giovanni Francia realizzò un impianto solare termodinamico, costruito in Liguria, ma installato in Francia; nei primi anni 2000 Carlo Rubbia, allora presidente dell’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), propose un progetto per lo sviluppo del solare termodinamico in Italia, ma l’idea non venne sostenuta dal Governo italiano e Rubbia lo sviluppò in Spagna. Finalmente nel 2010 un campo solare è entrato in funzione in Sicilia, a Priolo Gargallo (SR). L’impianto, con una superficie di 30.000 m2 (un quadrato di meno di 200 m di lato), è in grado di produrre 5MW, capaci di soddisfare le esigenze di circa 4000 famiglie.
Nell’autunno del 2016, a Palermo, il Consorzio Arca, un gruppo imprenditoriale privato impegnato nel campo della ricerca industriale e del trasferimento tecnologico, ha realizzato un campo solare dimostrativo all’interno del campus universitario. Arca è capofila nel progetto europeo Sts-Med (Small scale thermal solar district units for Mediterranean communities) in cui è coinvolto un partenariato composto da 14 organizzazioni provenienti da 6 nazioni (Italia, Francia, Cipro, Egitto, Grecia e Giordania). Il progetto mira a promuovere lo sviluppo e la diffusione di tecnologie per lo sfruttamento dell’energia solare per migliorare l’efficienza energetica.
Nello stesso periodo, un referendum in Sardegna per l’approvazione della costruzione di tre impianti basati sulla tecnologia del solare termodinamico ha visto prevalere il fronte del no. Sulla decisione hanno pesato i timori degli abitanti in merito all’esproprio dei terreni agricoli e all’impatto ambientale, benché ci fossero stati vari tentativi (qui un esempio) di informare il pubblico su benefici e rischi di questa tecnologia solare.
Credits immagine in evidenza: Di afloresm – SOLUCAR PS10, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2821733
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