Ivan Pavlov, l’esploratore della mente
Con i suoi studi ha cambiato radicalmente il volto della fisiologia e della psicologia, aprendo nuove strade per l’analisi e la comprensione del comportamento. Il tutto a partire da un cane, una campanella e uno straordinario intuito scientifico
Un cane che impara a mettersi seduto con la promessa di un bocconcino come ricompensa. O un gatto che inizia a leccarsi i baffi al suono della scodella sul pavimento. Si tratta di comportamenti ben noti a chi vive con un animale domestico: se oggi conosciamo i meccanismi scientifici che ne costituiscono la base, è grazie allo straordinario intuito di Ivan Pavlov, il fisiologo russo che agli inizi del Novecento fece la scoperta che rivoluzionò il panorama della psicologia moderna
Nato nel 1849 a Ryazan, nella Russia centrale, Ivan Petrovich Pavlov si fece notare fin da piccolo per la mente brillante e instancabile. Complice la lettura delle opere di Charles Darwin, decise di abbandonare gli studi ecclesiastici per dedicarsi alla scienza. All’Università di San Pietroburgo, le sue ricerche sulla fisiologia del sistema nervoso e circolatorio gli fecero guadagnare numerosi riconoscimenti, ma fu allo studio dell’apparato digerente che dedicò i successivi anni della sua carriera.
Nel 1891, Pavlov fu chiamato al Dipartimento di Fisiologia dell’Istituto di Medicina Sperimentale di San Pietroburgo (che diresse per 45 anni e che ora porta il suo nome), dove sviluppò il metodo dell’esperimento cronico, inaugurando una nuova era nello studio degli organismi viventi. La sua tecnica prevedeva l’utilizzo di sacchetti e canali artificiali comunicanti con l’esterno, che permettevano di osservare il funzionamento degli organi in condizioni relativamente naturali, scongiurando la morte degli animali da laboratorio. Fu per i suoi progressi nel campo della fisiologia della digestione che Pavlov ricevette nel 1904 il Premio Nobel per la Medicina.
Il suo nome, tuttavia, rimarrà per sempre legato all’ormai celebre esperimento del cane (ora anche in versione virtuale) e alla scoperta che ne conseguì. Mentre conduceva una serie di studi sulla salivazione nei cani, Pavlov si accorse quasi per caso che agli animali veniva l’acquolina in bocca anche solo sentendo i passi dell’inserviente che portava loro da mangiare. Incuriosito dal fenomeno, decise di far squillare una campanella prima di ogni pasto. In breve tempo, notò che gli animali imparavano ad associare il suono al cibo, salivando in corrispondenza dello stimolo anche se non c’era nulla da mangiare nei paraggi. Pavlov chiamò questo fenomeno riflesso condizionato.
Gli studi sul condizionamento ebbero un impatto talmente forte sulla psicologia da diventare le fondamenta su cui si basa il comportamentismo, approccio sviluppato da John Watson che considera l’analisi del comportamento come unico mezzo per la comprensione della mente. Ironicamente, colui che è oggi considerato uno dei pionieri della psicologia nutriva qualche dubbio sulla fondatezza di questa scienza. Pavlov era infatti convinto che l’unico modo per studiare i processi mentali fosse di ridurli a meccanismi sperimentalmente osservabili.
Dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Pavlov cominciò ad attirare l’attenzione del governo. Le sue teorie, infatti, ben si sposavano all’ideologia marxista e contribuivano al prestigio della Russia nel mondo. Pur ricevendo riconoscimenti e sovvenzioni, Pavlov non esitò a criticare aspramente il regime. Nel 1927 scrisse a Stalin: «Riguardo a quello che state facendo agli intellettuali – demoralizzandoli, distruggendoli e corrompendoli – mi vergogno di essere russo». Nonostante la sua presa di posizione, Pavlov continuò a essere osannato dallo stesso governo a cui si opponeva, grazie alle scoperte che l’avevano reso l’orgoglio della nazione e alla popolarità che godeva nel resto del mondo. Il suo rimane un raro esempio di scienziato dissidente che ha potuto continuare in assoluta libertà il proprio lavoro.
Per gran parte della vita, Pavlov si dedicò a riformare il panorama scientifico russo, trasformando i suoi laboratori nel centro mondiale per la ricerca fisiologica. Sono passati alla storia i mercoledì pavloviani, discussioni settimanali con i suoi collaboratori sui temi della fisiologia e della psichiatria, poi raccolte in una serie di volumi. Le sue pubblicazioni riscuotono ancora oggi interesse tra gli scienziati e hanno trovato numerose applicazioni pratiche, dal trattamento delle fobie al condizionamento dei coyote per la difesa del bestiame.
Ivan Pavlov morì nel Febbraio del 1936. Anche in punto di morte non perse quell’istinto per la ricerca che caratterizzò la sua vita, al punto che chiamò al suo capezzale uno studente che prendesse nota dei suoi ultimi istanti. Quando gli chiesero che cosa augurasse ai giovani scienziati russi, rispose: «Passione. Ricordate che la scienza esige tutta la vita di un uomo. Due vite non sarebbero sufficienti. Nel vostro lavoro e nella vostra ricerca deve sempre esserci passione».
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