Kremer e la teoria su come espandere la produzione dei vaccini
Il Festival dell’Economia di Trento si è aperto con una lezione magistrale di Michael Kremer. Il premio Nobel per l’economia nel 2019 è intervenuto sui meccanismi utili a incentivare la produzione e la distribuzione dei vaccini su scala globale
Non ci sono dubbi: il mercato dei vaccini ha maggiori rischi potenziali ed è meno sicuro rispetto a quello dei farmaci. È presto spiegato perché non conviene investire in anticipo. Per le aziende produttrici significa effettuare grandi investimenti, senza la certezza di risultati in tempi brevi. Ecco perché sono indispensabili i finanziamenti pubblici, dei governi e di altre organizzazioni. Questa è la storia di tutti i vaccini e da cui parte Michael Kremer nel documento di lavoro “Preparing for a Pandemic: Accelerating Vaccine Availability”, elaborato insieme ad altri economisti. La velocità di azione in una situazione di pandemia è essenziale e il modello di Kremer indica che l’impiego di più elevati investimenti, sin dalle fasi iniziali dell’iter di produzione dei vaccini, è in grado di generare grandi benefici netti per i paesi di tutti i livelli di reddito, compresi quelli più poveri.
Kremer, professore universitario di economia e politica pubblica presso l’Università di Chicago e direttore fondatore del Development Innovation Lab presso il Becker Friedman Institute for Economics, è stato insignito del Nobel in economia nel 2019 assieme a Esther Duflo e suo marito Abhijit Banerjee. Il gruppo ha aperto la strada a un nuovo approccio all’economia dello sviluppo, conducendo esperimenti con studi randomizzati controllati per esplorare le cause profonde della povertà.
Sui meccanismi che possono incentivare la produzione e la distribuzione globale dei vaccini, Kremer è intervenuto in Italia al Festival dell’Economia di Trento lo scorso 3 giugno. Ad aprire l’evento è stato proprio lui, con una lectio magistralis. L’economista ha analizzato le difficoltà a cui si sono trovati di fronte i governi nel determinare la scala e la struttura di approvvigionamento dei vaccini con l’esplosione della pandemia.
Secondo la teoria di Kremer, per accelerare i tempi di consegna, gli acquirenti (o governi committenti) dovrebbero finanziare direttamente la produzione ed espanderla prima dell’approvazione da parte delle agenzie regolatorie, assumendosi così la maggior parte del “rischio di fallimento”.
Quello che l’economista sostiene è che sarebbe opportuno che Stati e produttori di vaccini condividessero il “rischio di impresa”, favorendo una maggiore produzione degli stessi vaccini fin dalle fasi iniziali, in modo tale da guadagnare tempo utile nel garantire un’efficace distribuzione e un’adeguata campagna vaccinale. I Paesi dovrebbero farsi carico sia dei costi che dei rischi associati, piuttosto che promettere ai produttori prezzi più alti. Offrire bonus sulla velocità di produzione o sanzioni legate ai ritardi nella consegna potrebbe comportare troppi rischi per un’azienda.
Se tutte queste raccomandazioni fossero state applicate nel 2020, secondo gli studiosi, gli Stati Uniti avrebbero ottenuto una vaccinazione diffusa entro lo scorso marzo. E se queste stesse raccomandazioni avessero guidato le decisioni a livello mondiale, la vaccinazione di massa avrebbe potuto essere raggiunta entro il prossimo ottobre anziché nel 2022.
Sebbene infatti la gran parte dei paesi occidentali si aspetta di essere vaccinata entro la fine dell’estate, questo non è il caso dei paesi in via di sviluppo. Il team di Kremer sta lavorando anche a come rendere la disponibilità dei vaccini più efficiente su scala globale. Tra le ipotesi al vaglio, percorribili solo dopo attente indagini mediche, vi è anche quella di intervenire sul dosaggio, ritardando la seconda di due dosi in un ciclo, utilizzando regimi di dose più bassi o somministrandone solo una ai soggetti che hanno contratto il virus.
Credits immagine di copertina: ufficiostampa.provincia.tn.it
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