La musica degli alberi

La musica degli alberi

Di Emilio Giovenale
Musica e natura sono sempre andate a braccetto. Di fatto la musica nasce dal tentativo dell’uomo di imitare i suoni della natura, dal rombo del tuono al cinguettio degli uccelli, e la musica classica è piena di riferimenti alla natura. Si pensi alle Quattro Stagioni di Vivaldi, alla Sinfonia n. 6 “Pastorale” di Beethoven, al “Bel Danubio Blu”, di Johann Strauss Junior o alla Sagra della primavera di Stravinsky, senza dimenticare i Notturni di Chopin e Debussy. In particolare la musica romantica ha preso la natura come elemento centrale della sua poetica, elevandola a musa ispiratrice dell’arte e chiave per la comprensione del mondo e dell’Assoluto. Ma anche ai nostri giorni compositori di formazione “classica” come Ludovico Einaudi, attingono a piene mani alla natura come “soggetto” da rappresentare con la loro musica evocativa. Per parlare del solo Einaudi, composizioni come “Le Onde”, sono evocativi, e lo stesso autore fornisce un “contributo” alla causa ecologista scrivendo la bellissima  “Elegy for the Arctic” per una campagna a favore di Greenpeace.

Musica della natura viva!

Per uno strano fenomeno però la natura rappresentata in musica è spesso inanimata. Si pensi a The Planets di Gustav Holst, o a tutte le composizioni che fanno riferimento a fenomeni naturali, dal temporale al suono dell’acqua. Oppure la componente vivente è rappresentata genericamente all’interno di un “panorama” naturale, come accade per le Pastorali e i Notturni. Gli alberi e le piante non sono il soggetto, al più fanno parte del panorama generale di una primavera sbocciante o di un gelido inverno. Le cose cambiano insieme con la consapevolezza recente che gli alberi sono esseri viventi, quasi senzienti, e il tutto parte inevitabilmente dalle tradizioni di quelle culture che negli alberi vedevano una espressione personificata della natura. Rappresentativo di questo nuovo sentire è l’album dei Jethro Tull, “Songs from the Wood”, che si apre con il brano omonimo.

Nell’album i Jethro Tull  mescolano sapientemente il folk rock anni ’70 con il genere prog, portando l’ascoltatore a trasferirsi in una ambientazione medievale inglese. Il flauto di Ian Anderson accompagna tutto un armamentario fatto di strumenti acustici, organetti medievali, Glockenspiel, mandolini, il tutto condito da armonie vocali dal sapore antico. Nell’album vivono elfi, fate, il “Green Jack”, in una sorta di rappresentazione di riti pagani. Un mix perfettamente dosato che unisce arrangiamenti complessi e ricchissimi alla perfetta riconoscibilità del genere, ottenuta utilizzando refrain ben caratterizzati e identificabili, pur nella complessità armonica dei brani. Un piccolo capolavoro del genere.

Enya

Per restare in ambiente “celtico”, non si può evitare di citare la cantante Irlandese Enya, che con il suo “The Memory of the Trees” ci trasporta in un mondo magico. Questa volta l’immersione è quasi fisica: sebbene la costruzione armonica sia decisamente meno complessa, potenti tappeti sonori evocano immediatamente le immagini della sua verde Irlanda. Chi ha avuto la fortuna di vedere i nitidi paesaggi irlandesi, con le nuvole che sembrano avere vita in un cielo dai colori nitidi e luminosi, non può non riconoscere il “sapore” della natura irlandese in questo brano.

Agnes Obel

Molti altri autori moderni hanno inserito riferimenti agli alberi nei loro testi, dai Radiohead, ai The Cure, ma credo che meriti una citazione particolare la pianista Agnes Obel  col suo “Under Giant Trees “. Nella musica della Obel si notano influenze dei grandi musicisti classici del ‘900, da Ravel a Debussy, ma nel brano in esame tra i vari temi che si alternano appare chiara l’influenza di un grande compositore contemporaneo come Philip Glass.

E la cosa fa tornare alla mente la colonna sonora, scritta proprio da Philip Glass, per lo stupefacente docufilm, “Koyaanisqatsi”, diretto da Godfrey Reggio, probabilmente il primo film che affronta tematiche apertamente ambientaliste, già negli anni ’80. Un’opera che precorreva i tempi e che, con sole immagini e musica, percorre la parabola dell’interazione tra uomo e natura, dall’alba dei tempi fino alla conquista dello spazio, pronosticando una “Caduta degli Dei”, che sono gli uomini.

Paul McCartney

Per concludere questa rapida carrellata sul modo in cui la musica interpreta ed esprime il rapporto dell’uomo con gli alberi, non si può fare a meno di citare il bellissimo “Little Willow” di Paul McCartney, scritto come omaggio alla memoria della moglie dell’amico Ringo Starr, morta nel 1994. Nel brano McCartney usa l’immagine del flessibile salice come metafora della filosofia che l’uomo deve abbracciare per sopravvivere al dolore della vita.

E nella musica Italiana? Potremmo scomodare Lucio Dalla, con i suoi bellissimi versi:

Cosa sarà che fa crescere gli alberi, la felicità
Che fa morire a vent’anni anche se poi vivi fino a cento
Cosa sarà a far muovere il vento a fermare il poeta ubriaco
A dare la morte per un pezzo di pane o un bacio non dato

Pinguini Tattici Nucleari

Ma per concludere con leggerezza questa carrellata verde preferisco segnalarvi un brano poco conosciuto di uno dei gruppi più interessanti  della nuova scena musicale italiana: i Pinguini Tattici Nucleari, con “Jack Il Melo Drammatico”, dove la leggerezza si accompagna alla poesia.

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