La Nobel ragazzina bacchetta Donald Trump
La giovane attivista pakistana Malala Yousafzai, premio Nobel per la Pace, condanna le dichiarazioni del magnate americano in piena campagna elettorale USA
“Parole piene di odio, cariche di un’ideologia discriminante nei confronti degli altri”. Così Malala Yousafzai, la giovane attivista pakistana premio Nobel per la Pace 2014, ha commentato la proposta del candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump di vietare l’ingresso ai musulmani negli Stati Uniti.
Parole misurate per la Nobel diciottenne, ma coraggiose e di grande impatto, soprattutto perché pronunciate pubblicamente in piena campagna elettorale americana e a margine della commemorazione della strage al collegio di Peshawar, in Pakistan, che, nel dicembre 2014, costò la vita a 150 persone di cui 132 bambini. E così il primo anniversario dell’attacco talebano diviene per l’attivista un’occasione per ribadire agli occhi del mondo le sue idee e la sua moralità.
Sotto la luce dei riflettori, la posizione di Malala a Birmingham non lascia spazio a interpretazioni e, dopo gli attacchi a Parigi e San Bernardino, riaccende il dibattito internazionale sui temi della sicurezza e della lotta all’Isis.
Con una maturità emotiva che trascende l’età anagrafica, Malala indica una soluzione alternativa a quella di erigere muri. “I terroristi hanno colpito Parigi e, un anno fa, Peshawar. Se vogliamo battere il terrorismo dobbiamo puntare sull’istruzione e sconfiggere la mentalità della violenza e dell’odio”. E aggiunge: “I politici e i media facciano attenzione a tutto ciò che dicono: incolpare tutti i musulmani non farà altro che radicalizzare altri terroristi”.
Nel corso della cerimonia è intervenuto anche il padre di Malala, Ziauddin Yousafzai, sempre accanto a lei nelle più importanti occasioni pubbliche, dal conferimento del Nobel al discorso alle Nazioni Unite: “Sarebbe davvero disonesto e ingiusto associare un miliardo e mezzo di persone a poche organizzazioni terroristiche”.
Non è la prima volta che Malala Yousafzai fa appello ai leader della terra esortando a una nonviolenza priva di retorica. Il 16 dicembre a Birmingham come nel 2013 all’ONU, nel suo primo discorso dopo l’attentato cui è sopravvissuta: “Io non sono contro nessuno, non odio nemmeno il talebano che mi ha sparato. Anche se avessi una pistola in mano e lui fosse in piedi di fronte a me, non gli sparerei. Il saggio proverbio La penna è più potente della spada dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Facciamo appello a tutti i governi affinché combattano il terrorismo e la violenza. Facciamo appello a tutte le comunità affinché siano tolleranti, affinché rifiutino i pregiudizi basati sulla casta, la fede, la setta, il colore. Cerchiamo di armarci con l’arma della conoscenza e di farci scudo con l’unità e la solidarietà”.
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