La scienza, la fede, l’eugenetica. Un nobel dai mille volti
Alexis Carrel fu un eccelso chirurgo vascolare che vinse il Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1912, ma fu anche un controverso personaggio che pose la medicina a servizio delle prevaricanti ideologie di massa della sua epoca
Il 28 giugno 1873 a Sainte-Foy-lès-Lyon, un piccolo comune francese nei pressi di Lione, nacque Alexis Carrel, scienziato ambivalente per il suo rigoroso orientamento cristiano che spesso si scontrò con il razionalismo scientifico, e molto contestato per le sue teorie razziste. Dopo una duplice formazione in ambito classico e scientifico presso l’Esternato San Giuseppe dei Padri Gesuiti, che in seguito descrisse come un periodo d’indottrinamento fuorviante, proseguì i suoi studi con una laurea in medicina presso l’Università di Lione, specializzandosi in chirurgia nel 1903. I suoi interessi si concentrarono in principio sulla chirurgia vascolare e poi sulla formazione dei tumori.
Poco dopo la laurea, Carrel partì per un pellegrinaggio a Lourdes, dove svolse il ruolo di medico-accompagnatore. Durante quel viaggio egli credette di assistere a un miracolo compiutosi nei confronti di una donna affetta da peritonite tubercolare, la quale, secondo Carrel, guarì completamente. L’episodio sconvolse il medico, che per anni continuò a interrogarsi sull’evento. Questo segnò l’inizio di un percorso spirituale che spinse Carrel ad avvicinarsi sempre di più a un’interpretazione rigida della fede cattolica che lo allontanò dai colleghi scienziati.
Nel 1909 decise di partire e proseguire le sue ricerche dapprima in Canada, dove portò a termine molti esperimenti sulla sutura dei vasi sanguigni e sul trapianto di organi, poi a Chicago, e infineal “Rockefeller Institute” di New York. In quei laboratori Carrel concentrò i suoi esperimenti anche sulle colture cellulari. Dopo i tentativi del suo predecessore Ross Granville Harrison, il quale, nel 1907, prelevò un piccolo frammento di tessuto dal midollo spinale di un embrione di rana e lo depose in un coagulo di linfa, Carrel fu il primo scienziato a mantenere in vita alcune colture cellulari di un embrione di pollo per più di un anno al di fuori dell’organismo. Ampliando il metodo della coltivazione dei tessuti Carrel giunse a una teoria: «La cellula è immortale. È semplicemente il fluido nella quale galleggia che si degrada. Sostituendo questo fluido a intervalli regolari, daremo alla cellula ciò che le serve per nutrirsi e, per quanto ne sappiamo, il pulsare della vita potrà continuare indefinitamente». Nonostante le sue avventate considerazioni sull’immortalità della cellula, il suo esperimento diede il via allo studio del comportamento cellulare in vitro, fondamentale negli sviluppi della ricerca medica e biologica.
I suoi studi gli permisero di sviluppare una tecnica di sutura vascolare detta anastomosi completa capace di impedire restringimenti o trombosi e per questo, nel 1912, fu insignito del Premio Nobel per la fisiologia e la medicina, grazie anche ai suoi risultati nell’ambito dei trapianti di organi completi. Molti chirurghi prima di Carrel avevano già sperimentato il trapianto parziale o totale di alcuni organi su animali, fallendo sempre nel momento in cui dovevano ristabilire una normale circolazione sanguigna. Grazie alla sua fama divenne socio delle più grandi accademie di medicina e delle scienze del mondo, e nel 1926 fu nominato socio della Pontificia Accademia delle Scienze.
Tornato in Francia, nel 1914 partecipò alla prima guerra mondiale come ispettore sanitario, sperimentando una potentissima soluzione antisettica a base di acido ipocloroso che elaborò con il chimico americano Henry Drysdale Dakin, con cui riuscì a impedire lo sviluppo di infezioni tra i feriti degli ospedali da campo.
Dopo l’esperienza bellica, Carrel iniziò con la stesura del saggio filosofico “L’uomo questo sconosciuto”, orientato alla ricerca ontologica e all’idea di ricostruzione psico-sociale e spirituale dell’individuo all’interno di un sistema socio-culturale che spesso a suo parere ne reprimeva le reali potenzialità. A fondamento della sua tesi c’era l’idea di superiorità razziale: «Noi dipendiamo dal passato in maniera organica e indissolubile. Come portiamo in noi innumerevoli frammenti del corpo dei nostri genitori, così le nostre qualità caratteriali sono generate dalle loro. Negli uomini, come nei cavalli da corsa, la forza e il coraggio vengono dalla razza». L’approccio eugenetico di Carrel descriveva come la conservazione di una razza imponesse la scelta di una selezione obbligatoria di alcuni individui, neutralizzando quelli considerati una minaccia per la corretta evoluzione di alcune e prescelte caratteristiche fisiche e comportamentali. Le sue affermazioni furono usate poi dal Fronte Nazionale Francese per legittimare scientificamente la propaganda razzista nascente, che proclamava l’eugenetica, lo strumento risolutivo dei problemi economici e sociali in quel periodo di crisi.
Dopo la fine della guerra Carrel tornò a New York, dove proseguì le ricerche finanziato dal “Rockefeller Institute” fino al 1941 quando, pensionato, tornò in Francia. Accolto dal governo fascista di Vichy, Carrel accettò un incarico governativo che lo rese responsabile della “Fondation française pour l’étude des problèmes humains“, sotto il patrocinio di Pétain, ministro della difesa. Il suo ruolo era di indagare, in una branca definita biologia della stirpe per determinare la qualità genetica delle famiglie immigrate a Parigi e in periferia, nella stessa epoca in cui veniva organizzata la deportazione a Drancy: «Fra questi, alcuni sono ospiti graditi, altri no. La presenza di gruppi di stranieri indesiderabili dal punto di vista biologico rappresenta un pericolo certo per la popolazione francese. La fondazione si propone di precisare le modalità d’assimilazione degli immigrati, in modo che sia possibile trovare una collocazione appropriata alle loro caratteristiche etniche».
Dopo lo sbarco in Normandia da parte delle forze alleate, nel 1944, Carrel fu allontanato dal laboratorio presso il quale lavorava. Pochi mesi dopo, il 5 novembre, la radio francese lo dichiarò collaborazionista accusandolo di sfuggire alla sorveglianza della polizia per evitare il processo. Quello stesso giorno, Carrel morì d’infarto.
Al di là delle banalità che tutti ripetiamo, ecco una ricerca seria sul nepotismo accademico all’italiana: http://www.focus.it/scienza/nepotismo-l-accademia-italiana-non-ne-e-immune_C12.aspx