La “strage di Eva” arriva in Europa
Il Nobel per l’economia Amartya Sen ritorna con una nuova analisi sugli aborti selettivi, ma questa volta nella civilissima Europa
Era il 1998 quando l’illustre economista Amartya Sen vinse il Nobel per l’economia per la sua analisi della crisi del welfare state su scala mondiale.
In una dichiarazione al quotidiano «The Independent» in riferimento all’ultimo censimento in Inghilterra e Galles, l’analista ritorna a contestare il gendercide, questa volta puntando il dito sulla nostra ricca Europa. Il tasso di natalità femminile, infatti, appare visibilmente ridotto soprattutto nella comunità dei migranti. Dati che, afferma Sen, non sono da riferirsi a uno strato sociale in condizioni di povertà o arretratezza socio-culturale ed economica, ma sono comuni anche nella classe media e istruita.
«Che tale discriminazione abbia un posto in gran parte del mondo moderno è desolante», scrive Amartya Sen nel suo nuovo saggio intitolato The lost girls, nel quale affronta questo tema. Nella sua prima denuncia More Than 100 Million Women Are Missing, pubblicata nel 1990, si era focalizzato sullo squilibrio di natalità in alcuni paesi come la Cina e l’India, affermando che «almeno sessanta milioni di bambine sono state cancellate in seguito a infanticidi o aborti selettivi di femmine». Nel 2010 l’Onu ammise, infatti, che 96 milioni di bambine “scomparirono” in India e Cina a causa dell’aborto selettivo. Quest’ultimo è un argomento ben noto in alcuni paesi come la Cina, in cui esistono rigide norme sul controllo delle nascite per gestire il tasso demografico del paese. Ma la selezione di genere è un argomento a parte, proviene da un retaggio culturale determinato a perseguire il mantenimento di un sistema patriarcale d’impronta sessista, sistema ancora solido in molti paesi.
Un velo di omertà è presente nei paesi occidentali: poche settimane fa, infatti, la procura generale del Regno Unito ha preso posizione riguardo ai medici che praticano aborti legati al sesso, dichiarando che non saranno giudicati penalmente. Nelle sue ultime pubblicazioni Sen ha inoltre affermato che «l’ampio utilizzo di nuove tecniche come l’ecografia per determinare il sesso dei feti ha portato a numeri enormi e crescenti di aborti selettivi di feti femminili. L’istruzione delle donne, che è stata una forza potente nel ridurre la discriminazione contro le donne, non è stata in grado di eliminare, almeno non ancora, la discriminazione neonatale». La “strage di Eva”, come la definiscono molti giornali progressisti inglesi, solleva anche il problema del ruolo femminile nella scelta in questione. Infatti, la condizione di subordinazione della donna in queste comunità, in un sistema sociale che la rende impotente, non le permette nessuna possibilità di scelta. Lo sradicamento della pratica dell’aborto selettivo sarà un processo ancora molto lungo in Europa, che come sempre dimostra la difficoltà di integrazione tra tradizioni e diritti civili.
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