le plastiche se endocrine

le plastiche se endocrine

gli interferenti endocrini ormonali e la differenziazione sessuale

di Jacopo Dionisi

Nel 2022 a Sanremo Ditonellapiaga e Rettore cantavano “è una questione di chimica”, senza sapere (o forse sì) che la loro tesi aveva dei fondamenti scientifici. Sebbene il testo della canzone faccia riferimento all’attività sessuale, la chimica gioca effettivamente un ruolo decisivo sul sesso biologico, e, per quello che ne sappiamo, anche sull’identità di genere

La chimica a cui si fa riferimento è quella che costituisce gli ormoni, che svolgono una funzione fondamentale per il corretto sviluppo del corpo umano, dal concepimento fino al termine della crescita. Se l’attività ormonale viene bloccata o interferita, l’alterazione che ne consegue può riguardare anche la formazione dei genitali, sia maschili che femminili. Questa condizione prende il nome di intersessualità. Guido Giovanardi, docente e ricercatore nell’ambito della Psicologia dinamica alla Sapienza Università di Roma, durante il suo intervento di fronte agli studenti dei master One Health e la Scienza nella Pratica Giornalistica, ha spiegato come nei casi di intersessualità, il sesso assegnato alla nascita possa essere una decisione artificiale e piuttosto tranchant, proprio come il taglio del cordone ombelicale.

“Se l’attività ormonale viene bloccata o interferita, l’alterazione che ne consegue può riguardare anche la formazione dei genitali, sia maschili che femminili”

Di intersessualità si parla nei neonati con caratteristiche anatomiche diverse da quelle considerate tipiche. Quando il neonato presenta una difformità di questo tipo, al momento dell’assegnazione del sesso viene classificato come maschio o femmina sulla base di criteri a volte approssimativi. Infatti, nei casi in cui i genitali presentino delle differenze rispetto all’anatomia classica, il chirurgo ostetrico, in accordo con i genitori del neonato – spiega Giovanardi – stabilisce il sesso del neonato sulla base delle dimensioni dei genitali e sulla probabilità stimata degli stessi di trasformarsi in genitali maschili o femminili. Secondo recenti studi riportati nel libro Countdown da Shanna H. Swan, Professoressa di Medicina ambientale presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, tra le cause di queste condizioni di intersessualità ci sono diversi fattori, in modo particolare delle sostanze di origine chimica che interferiscono con il sistema endocrino. Queste sostanze prendono il nome di interferenti endocrini e, grazie al suo ampio lavoro di ricerca, Swan ha dimostrato come diversi prodotti dell’industria chimica molto comuni nella nostra quotidianità senza distinzione geografica, interferiscono in modo dannoso con i nostri ormoni.

L’esposizione costante e sostenuta a queste sostanze, molte delle quali riconducibili alla plastica, ha tra le sue conseguenze anche delle anomalie sui feti, incluse le condizioni di intersessualità, che i bambini e le bambine porteranno con sé per tutta la vita. Secondo i dati a disposizione di Swan, il numero di bambini nati con atipicità sessuali evidenti è di 1 su 1500, e di 1 su 100 se si considerano condizioni di intersessualità più lievi, meno evidenti e perciò meno facili da riconoscere alla nascita. Ma gli effetti degli interferenti endocrini potrebbero andare oltre le condizioni fisiologiche, e riguardare anche aspetti legati alla disforia di genere, ovvero la sofferenza causata dall’incongruenza tra il sesso assegnato alla nascita e quello con cui ci si identifica. 

Alcuni studi condotti sugli animali mostrano come l’associazione tra l’esposizione agli interferenti endocrini influenzi la differenziazione sessuale, di fatto riducendo alcune differenze tra i sessi, sia biologiche che comportamentali. Sebbene questa correlazione sia difficile da dimostrare sugli esseri umani, data l’impossibilità a condurre esperimenti sui feti, recenti lavori di ricerca comportamentale confermano questa teoria. È stato dimostrato, riporta Swan, che l’esposizione a determinati interferenti ormonali rende il comportamento durante il gioco più femminile per i bambini e più maschile per le bambine. Ne emerge un quadro complesso, dove caratteristiche corporee e comportamentali si intersecano e vengono influenzate da fattori ambientali su cui non abbiamo pieno controllo.

Se da un lato l’aumento delle diversità di genere porta la società a una maggiore apertura e sensibilizzazione nei confronti della disforia di genere, dall’altro diventa chiaro quanto sia importante continuare a ricercare e comprendere le relazioni tra queste condizioni e i fattori che permeano sempre più gli ambienti in cui viviamo, siano essi di carattere sociale o biochimico. Quello che è certo e su cui si può intervenire con effetto immediato è l’approccio serio e rispettoso che bisogna avere nei confronti dell’identità di genere e dell’intersessualità, perché le persone che vivono queste condizioni, non sempre necessariamente correlate tra loro, si devono già confrontare con qualcosa che non per forza hanno scelto e che potrebbero fare fatica a comprendere. E allora come suggeriscono Rettore e Ditonellapiaga, “l’importante è parlarne seriamente”.

Jacopo Dionisi è studente del Master La Scienza nella Pratica Giornalistica, Sapienza Università di Roma, https://web.uniroma1.it/mastersgp/