Le sfide del PNRR
di Diego Parini e Mattia La Torre
Cosa sta chiedendo il PNRR ai ricercatori italiani? Diego Parini e Mattia La Torre ci raccontano del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
750miliardi di euro in tre anni. La scadenza è fissata al 2026. Partendo dalla scadenza, nel tentativo di assicurare gli obiettivi imposti dalla Unione Europea, il Governo Italiano come ha strutturato la gestione intellettuale di questo imponente piano di rilancio? Sei Missioni, ramificate attraverso la transizione ecologica e digitale. Con la quarta, Istruzione e Ricerca, si è scelto di investire 30,88miliardi di euro su Università ed Enti di Ricerca. Una piramide trasversale, in cui, Centri Nazionali, Partenariati estesi, Ecosistemi dell’innovazione e Infrastrutture di Ricerca e Innovazione saranno i garanti del rilancio della ricerca in Italia. I giovani possono sperare, anche se non mancano moniti per una gestione trasparente dei fondi. Diego Parini e Mattia La Torre, il PNRR visto dai giovani.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), chiamato dal Governo “Italia Domani”, è un programma senza precedenti sia per le risorse che per gli obiettivi. Il PNRR è l’insieme delle misure con cui il Governo intende avviare in Italia il programma europeo Next Generation Eu, un fondo speciale per finanziare la ripresa economica con titoli di Stato europei, i famosi Recovery bond, che serviranno a sostenere i progetti previsti dai piani nazionali di ogni Paese. L’Unione europea è intervenuta in aiuto degli Stati membri per la ripresa post pandemica con il Next Generation Eu (NG-EU). La pandemia ha colpito l’Italia in un momento storico in cui si sentiva il bisogno di adattare il modello economico verso una maggiore sostenibilità sia ambientale che sociale. La quantità di risorse messe in gioco per rilanciare la crescita e gli investimenti ammontano a 750 miliardi di euro, con una scadenza fissata per il 2026. Ogni piano nazionale deve rispettare i criteri prestabiliti dalla Ue. In primis bisogna dare priorità alle cosiddette transizioni gemelle: la transizione verde e la transizione digitale. Per questo motivo è stata stabilita una soglia minima di spesa che ogni piano deve avere in riferimento alle due transizioni: il 37% per la transizione ecologica e il 20 per quella digitale. L’Italia ha stabilito le sei missioni per il Recovery Plan. La Missione 1, “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, prevede 40,29 miliardi di euro e ha l’obiettivo di rilanciare la competitività e la produttività del Paese. La Missione 2, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, stanzia 59,46 miliardi di euro e ha tra gli obiettivi principali il raggiungimento della sostenibilità ambientale e la salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità. La Missione 3, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, prevede 25,40 miliardi di euro e punta a rendere il sistema infrastrutturale più moderno, digitale e sostenibile, entro il 2026. La Missione 4, “Istruzione e ricerca”, stanziando 30,88 miliardi di euro punta a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di un’economia ricca di conoscenza, di competitività e resilienza iniziando a riconoscere i punti critici, purtroppo presenti, nel sistema di istruzione, di formazione e di ricerca. La Missione 5, “Coesione e inclusione”, prevede 19,85 miliardi di euro per attuare gli obiettivi, trasversali a tutto il PNRR, di sostegno al processo di crescita femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’incremento delle prospettive lavorative dei giovani e allo sviluppo del Mezzogiorno. La Missione 6, “Salute”, stanzia 15,63 miliardi di euro con l’obiettivo di migliorare gli aspetti critici evidenziati dalla pandemia e non solo. Riprendendo quanto criticamente affermato da Giorgio Parisi, durante il conferimento del premio Nobel, la ricerca in Italia necessita di forti investimenti. I finanziamenti alla ricerca di base sono stati inferiori a quelli degli altri Paesi europei; per questo motivo, uno degli obiettivi della quarta missione è colmare, quanto più possibile, questo divario. Con la missione 4 il governo vuole mettere la ricerca al centro della rinascita dell’Italia, partendo dai giovani ricercatori ma, soprattutto, da chi è stato per troppo tempo ai margini, le donne. Ad esempio, le borse di dottorato raddoppieranno dalle attuali 8-9mila si arriverà a 20mila aumentando anche i singoli importi. Verrà posta molta attenzione alle differenze di genere. Infatti, sarà una condizione chiave per poter prendere parte ai bandi. Analizzando nel dettaglio gli obiettivi, relativi alle università, della missione 4, gli investimenti sono incentrati su bandi per la realizzazione di Centri Nazionali, Partenariati estesi, Ecosistemi dell’innovazione e Infrastrutture di Ricerca e Innovazione. Recentemente si è chiuso il bando per l’istituzione di 5 Centri nazionali, per i quali sono stati stanziati 1.6 miliardi di euro finanziati dal MUR (Ministero dell’Università e Ricerca). I Centri nazionali sono l’unione di università ed enti di ricerca. Hanno l’obiettivo di creare, o rinnovare, le infrastrutture e i laboratori, sviluppare programmi, attività di ricerca e valorizzare i risultati della ricerca stessa. I Partenariati estesi sono costituiti da università, centri di ricerca e aziende, con l’obiettivo di sviluppare la ricerca di base e applicata. Saranno assegnati 1.61 miliardi di euro per finanziare almeno dieci programmi. Gli altri due bandi prevedono la realizzazione di infrastrutture per la ricerca, luoghi nei quali si potranno sviluppare ricerche nei diversi ambiti tecnologici. Con 1.58 miliardi di euro si intendono finanziare almeno 30 infrastrutture. Gli ecosistemi dovranno essere almeno 12, con i quali le università faranno rete insieme agli enti. L’obiettivo è la collaborazione territoriale tra ricerca e impresa. Per questi ecosistemi sono stati stanziati 1,3 miliardi di euro. La struttura generale di governance che dovranno seguire è di tipo Hub & Spoke: gli Hub, sono l’istituzione che si occuperà della gestione generale, mentre gli Spoke sono i centri, dislocati sul territorio, che faranno ricerca. Per avere un’idea della massa critica in gioco, gli Spoke saranno almeno 5 per ogni Hub e coinvolgeranno circa 250 ricercatori. Inoltre, saranno presenti dei vincoli da rispettare come la disparità di genere (percentuale di donne all’interno dei progetti) e territoriale (percentuale dei fondi destinata al Mezzogiorno). I cinque Centri nazionali verteranno su biodiversità, mobilità, agricoltura, terapia genica e big data e per ogni Centro di ricerca saranno affidati fino a 400 milioni di euro. Questi, insieme ai progetti biennali di rilevante interesse nazionale (PRIN), e al nuovo Fondo italiano per la scienza (FIS) che assegna sovvenzioni per ricerche individuali, dovrebbero garantire la sostenibilità a lungo termine dei cinque Centri nazionali e degli altri progetti che verranno realizzati. Bisogna tenere presente un argomento molto importante: le scadenze. I fondi del PNRR sono già assegnati. Tuttavia, bisogna comunque presentare una documentazione con la quale si certifica il raggiungimento degli obiettivi del semestre precedente. Una valutazione positiva della documentazione assicura l’erogazione della rata successiva. In un dossier emanato dal Parlamento, le scadenze vengono definite milestone (obiettivi) e target (traguardi). In totale sono 527 le scadenze del PNRR, suddivise in 314 milestone e 213 target. Per il 2022 sono 100, divise in 83 milestone e 17 target. Il rispetto delle scadenze è fondamentale per non perdere l’accesso ai fondi. Dal mondo della Scienza non mancano moniti e preoccupazioni. Il presidente dell’Accademia dei Lincei, Roberto Antonelli, ha parlato del rischio che si può correre con i finanziamenti derivanti da questo PNRR. Ovvero, che i trenta miliardi, messi in gioco per rilanciare l’Università e la Ricerca, non vengano utilizzati per la costruzione di Cattedrali nel deserto, ma che piuttosto si crei una strategia vincente che continui al termine delle sovvenzioni. Sostenendo inoltre che il vero obiettivo per la crescita futura del Paese sono i giovani ricercatori, cercando di investire nelle assunzioni con contratti non a termine. Anche Giorgio Parisi, Nobel per la fisica 2021 e vicepresidente dei Lincei, ha espresso le sue preoccupazioni in merito alle scelte dei progetti. La sua speranza è che i vincitori siano veramente i progetti migliori, e non le scelte obbligate di maxi progetti, con la fiducia che siano scelti grazie anche a opportune misure antitrust. Questi avvertimenti lanciati dai Lincei, sono stati ripresi anche da Elena Cattaneo, Senatrice a vita e docente presso la Statale di Milano, la quale ha espresso la sua opinione sui Partenariati estesi e sulla prossima uscita dei bandi, in un articolo pubblicato sul Messaggero. Critica nei confronti delle maxi cordate. Soprattutto dei, probabili, accordi “segreti” fatti tra i diversi enti, per evitare così di “pestarsi i piedi” a vicenda, affossando l’idea alla base di trasparenza e condivisione di idee. Controllo dell’impatto dei finanziamenti, riduzione del numeri di enti per Partenariato e posizioni di responsabili di ricerca ai giovani ricercatori, sono alcune delle riflessioni proposte, con l’unico fine di “promuovere una ricerca basata su trasparenza e merito” o al contrario “favorire un sistema chiuso dove tutto è già deciso”.
Diego Parini, Comunicatore scientifico presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma
Mattia La Torre, Biologa presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma
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