Leucemia linfoblastica acuta, verso un trattamento “chemio-free”
La chemioterapia può presentare molti effetti collaterali nel trattamento dei tumori. Adesso, uno studio italiano fa luce su un nuovo trattamento della leucemia linfoblastica acuta senza chemioterapia, con percentuali di guarigioni molto alte
Curare i tumori del sangue, senza chemioterapia: quello che potrebbe sembrare solo un progetto ambizioso, oggi è già realtà. Un team di ricerca tutto italiano, guidato da Robin Foà, del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione di Sapienza Università di Roma, ha dimostrato infatti che è possibile curare i pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia, grazie all’utilizzo combinato di un farmaco di ultima generazione e all’immunoterapia. A 15 anni dall’intuizione iniziale, i risultati dello studio, condotto dai Centri di Ematologia che afferiscono al Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine: il 98% dei pazienti non presenterebbe più tracce di malattia. Il tutto, senza dover ricorrere alla chemioterapia sistemica, che porta con sé numerosi effetti collaterali.
La leucemia linfoblastica acuta è un tipo di tumore del sangue piuttosto raro negli adulti, e che invece rappresenta la malattia oncologica più diffusa nei bambini (il 60% dei pazienti oncologici di età inferiore ai 15 anni soffre di questa leucemia). Per cause non del tutto chiarite – un’ipotesi è che siano coinvolte mutazioni in seguito a riparazione del Dna – alcune cellule del sistema immunitario, i linfociti, iniziano a moltiplicarsi in maniera incontrollata, in un breve lasso di tempo (il termine “acuta” si riferisce proprio a questo). La produzione abnorme di linfociti colpisce tutte le cellule del sangue, come globuli rossi, piastrine e globuli bianchi; in più, man mano che avanza la moltiplicazione incontrollata, le cellule tumorali possono invadere gli altri tessuti, portando disfunzioni di organi come i linfonodi, la milza, il fegato e il sistema nervoso centrale. La leucemia linfoblastica acuta può presentarsi in una forma caratterizzata da un’alterazione genetica detta cromosoma Philadelphia. In questa forma di leucemia si ha uno scambio di materiale genetico tra due cromosomi, che porta alla fusione di due geni diversi: a causa di ciò, le cellule con cromosoma Philadelphia produrranno una proteina anomala, che contribuirà all’insorgenza e alla progressione del tumore. Eppure, l’arma segreta contro questa malattia risiederebbe proprio in questa proteina.
“Questo studio è la consacrazione di un’idea e giunge alla fine di un lungo percorso, nel quale abbiamo cercato di eliminare la chemioterapia nelle fasi iniziali dal trattamento di questa forma speciale di leucemia linfoblastica acuta”, racconta Robin Foà, primo autore dell’articolo. Infatti, lo studio, che ha coinvolto 63 pazienti adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia, consisteva di due parti: la prima prevedeva la somministrazione del dasatinib, un farmaco di nuova generazione in grado di bloccare in maniera specifica la proteina anomala del cromosoma Philadelphia, e la seconda in cui, grazie all’uso di un anticorpo monoclonale, veniva insegnato al sistema immunitario dei pazienti a riconoscere ed eliminare le cellule tumorali.
I risultati sono stati sorprendenti: il 98% dei pazienti dello studio ha raggiunto la remissione ematologica completa, mentre dopo un anno e mezzo dall’inizio del trattamento la sopravvivenza generale è pari al 95%; in più, l’uso di questa terapia ha ridotto anche la mortalità in caso di trapianto di midollo, presumibilmente perché i pazienti riescono a sopportare meglio il trapianto, non avendo accumulato la tossicità derivante dalla chemioterapia. In questo caso, infatti, la terapia risulta molto meno invasiva: “Con questo trattamento riusciamo a stimolare il sistema immunitario che si attiva contro il tumore e gli effetti collaterali del trattamento sono limitati. Inoltre, molta parte della terapia si effettua a domicilio con riduzione quindi dei giorni di ricovero” aggiunge il ricercatore. Il futuro delle terapie ematologiche senza chemioterapia è incoraggiante: “Questo studio è un punto di arrivo che apre ulteriori sviluppi”, conclude Foà. “Abbiamo infatti anche ottenuto importanti informazioni di tipo molecolare che verranno approfondite prossimamente, per una ulteriore personalizzazione della terapia dei pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta Philadelphia positivi”.
Foto in evidenza di allinonemovie da Pixabay
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