Lupo, la minaccia dell’estinzione genomica
Uno studio coordinato dal dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin di Sapienza analizza il problema dell’ibridazione tra cane e lupo. Nel Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano si arriva a un tasso di ibridazione del 70%, che evidenzia il rischio della scomparsa del patrimonio genetico del lupo
L’eredità genetica del lupo è sempre più a rischio per via dell’ibridazione con il cane domestico. Dal punto di vista biologico, il cane e il lupo sono infatti la stessa specie e in alcuni casi possono accoppiarsi, generando ibridi fertili a loro volta. Tuttavia, il cane domestico è frutto di una selezione operata dall’essere umano tramite millenni di isolamento riproduttivo dal lupo. Ciò ha portato il cane ad assumere caratteristiche più adatte alle esigenze dell’uomo e molto diverse da quelle del suo progenitore. Nonostante l’ibridazione con il lupo si sia sempre verificata occasionalmente, fin dalla domesticazione stessa del cane, oggi si teme che questo fenomeno sia in aumento. Questo è principalmente dovuto alla progressiva diffusione del lupo anche in aree antropizzate, dove ovviamente il rapporto numerico è sbilanciato a favore del cane domestico.
In uno studio condotto da Sapienza Università di Roma, il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, l’Istituto superiore per la ricerca e protezione ambientale (Ispra) e il Centre Nationale de la Recherche Scientifique (Francia) si è cercato proprio di stimare l’entità del problema.
I ricercatori hanno raccolto 152 campioni, corrispondenti a 39 esemplari da 7 branchi diversi che popolano il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e altre zone limitrofe.
Dall’analisi, svolta grazie a una tecnica messa a punto dall’Ispra, che sfrutta il Dna ricavato dagli escrementi del lupo, è emerso un tasso di ibridazione pari al 70%, con individui ibridi presenti in almeno 6 dei 7 branchi esaminati. Inoltre, la ricostruzione genealogica ha confermato che in almeno due di questi branchi gli individui ibridi godono dello status di riproduttori e possono tramandare le varianti genetiche di origine canina alle future generazioni.
Nonostante i ricercatori avessero ipotizzato la presenza di ibridi fin dall’inizio, un simile risultato mette in luce un pericolo tangibile per la conservazione della specie.
“I risultati che abbiamo ottenuto sottolineano con enfasi come le presunte barriere riproduttive comportamentali tra cani e lupi, o la diluizione di geni di origine canina nella popolazione di lupo, non siano da sole sufficienti a prevenire l’ibridazione e il suo dilagare all’interno della popolazione di lupo. Purtroppo, con ogni probabilità, questa situazione non è limitata all’area in cui abbiamo lavorato ed è fondamentale replicare con urgenza lo stesso tipo di studio anche nelle altre aree dell’areale della specie”, dice Nina Santostasi, ricercatrice del dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin di Sapienza Università di Roma, prima autrice dello studio.
“Dai primi rari avvistamenti di ibridi negli anni ’70 e ’80, il fenomeno è stato ampiamente sottovalutato negli anni successivi”, aggiunge Paolo Ciucci, professore nello stesso dipartimento e coordinatore della ricerca.
Emerge quindi l’esigenza di mettere al più presto in atto strategie gestionali volte a preservare l’identità genetica del lupo e il bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’estinzione genomica: “È questo un concetto molto più difficile da comprendere e condividere di quanto non lo sia stato il rischio di estinzione demografica quando, nei primi anni ’70, l’Italia si è detta favorevole alla protezione legale della specie”, – afferma Ciucci – “Paradossalmente, 50 anni più tardi, è la stessa identità genetica del lupo che è messa a rischio come conseguenza delle dinamiche espansive della specie, dell’elevato numero di cani vaganti e dell’inerzia gestionale”.
Immagine in evidenza: wikimedia commons
Commenti recenti