Malattie rare: all’Umberto I un centro di eccellenza sulle terapie e sulla diagnosi precoce
Quasi 500 milioni di persone sono affette da malattie rare, spesso incurabili.
Molti gli istituti di ricerca che se ne occupano, anche in Italia: è il caso, per esempio, del centro sulle malattie rare dell’Umberto I
Di Alessio Luna e Denise de Santana
Malattie genetiche rare. Disturbi che, nella maggior parte dei casi, colpiscono i bambini. E disturbi purtroppo molto difficili da curare, perché per moltissimi di essi a oggi non ci sono ancora né delle terapie né dei trattamenti risolutivi: tuttavia, qualcosa si muove. I ricercatori del Centro Interdipartimentale sulle Malattie Rare (Cimr) del policlinico Umberto I, il principale centro di studio e trattamento del Lazio, infatti, nel 2019 hanno scoperto una terapia per le atrofie spinali, un tipo di malattia genetica rara, e stanno studiando trattamenti per altre malattie. A discapito del nome, nel 2020 quasi mezzo miliardo di persone nel mondo avevano una malattia genetica rara; di questi, circa 2 milioni sono in Italia, con i numeri in aumento di circa 20 mila casi ogni anno.
Le malattie genetiche rare, in particolare, sono quel tipo di malattie che vengono definite rare quando la loro prevalenza, cioè il numero di casi su una determinata popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata a 1 caso ogni 2000 persone, ma il numero non è lo stesso nei vari stati del mondo.
Ma come e perché insorgono queste malattie? E, soprattutto, come si cercano le terapie adeguate? Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Leuzzi, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile alla Sapienza e Membro del comitato esecutivo del Cimr dell’Umberto I.
Partiamo subito dalla notizia più importante: di recente avete scoperto delle terapie per determinate malattie rare?
Si. Nel 2019 abbiamo scoperto una terapia per le atrofie spinali, mentre oggi siamo in procinto di trovare quella per la distrofia muscolare, una malattia rara ma che si manifesta spesso: stiamo cercando di modificarne il decorso, e non renderla irreversibile, usando le cosiddette terapie geniche. Si tratta di terapie innovative, che permettono alle cellule del paziente di limitare moltissimo la gravità della malattia direttamente dall’interno dell’organismo.
In particolare, usiamo degli strumenti di precisione per inserire all’interno del paziente dei vettori virali, cioè tipi particolari di virus modificati in modo da renderli innocui e, contemporaneamente, capaci di trasportare il dna al bersaglio. Attraverso questi vettori, inseriamo nell’organismo una copia corretta del gene difettoso che provoca la malattia rara oppure di un altro gene che lo possa compensare. Certo, come tutti i trattamenti e le cure anche qui ci sono dei rischi: può succedere che il sistema immunitario riconosca come “estraneo” il vettore e quindi la terapia non funzioni, oppure che il vettore manchi il bersaglio; tuttavia, stiamo lavorando duramente per far sì che non accada.
Questo credo sia fondamentale da dire: circa 8-10 anni fa abbiamo avuto dei pazienti che sono deceduti e che se avessero scoperto oggi di avere una malattia rara avrebbero avuto molte più chance di sopravvivere.
I dati ci dicono che delle attuali circa 7.000 malattie rare riconosciute in Italia, i ¾ sono di origine genetica e di queste il 70% si manifesta già nella prima infanzia: ci può spiegare il meccanismo di comparsa di tali malattie?
Le malattie rare nascono da alcuni errori del dna gametico, cioè delle cellule sessuali, che daranno vita a dei figli in seguito alla fecondazione, causati dai vari fattori ambientali che ogni giorno incontriamo. La maggior parte di questi errori sono “innocui”, tuttavia alcuni fattori come, ad esempio, l’inquinamento, il fumo o la dipendenza da droghe o alcool disturbano il funzionamento di alcune proteine del dna gametico e possono quindi favorire la comparsa delle malattie genetiche rare.
Ovviamente, si tratta di malattie sempre esistite nella storia. Tuttavia, il punto di svolta sugli studi è avvenuto abbiamo compreso che le malattie genetiche rare sono diverse dalle altre.
Può parlarci del suo lavoro di ricerca al Cimr? Di quali ambiti si occupa?
Il Cimr è centro di coordinamento all’Umberto I al quale fanno capo i vari laboratori di ricerca del policlinico. Le malattie rare riconosciute oggi sono più di 7.000 e riguardano moltissime aree di ricerca. Per questo, abbiamo molti laboratori che studiano specifici settori, come il cervello, sistema sanguigno, polmoni ed altri organi.
Noi coordiniamo questi centri, favorendo la comunicazione sui nuovi studi o sulle terapie che vengono scoperte. Per quanto riguarda il mio lavoro, io dirigo l’istituto di Neuropsichiatria infantile: con il mio team studiamo le malattie neurologiche del bambino, cioè quelle che colpiscono il sistema nervoso centrale come, ad esempio, forme di Parkinson infantile; l’80% delle malattie neurologiche che colpiscono i minori, infatti, sono malattie genetiche rare. In particolare, studiamo i disturbi del movimento, che sono tra i sintomi più frequenti per i bambini che hanno malattie rare neurologiche.
Quanto è importante il buon funzionamento della sanità pubblica per questo tipo di ricerca? E quanto è importante la collaborazione internazionale, per esempio con l’Unione Europea?
Chiaramente una sanità pubblica di qualità influisce molto. Infatti, il sentimento politico è rivolto a dare una risposta concreta ai pazienti con malattie rare e, anche se siamo in un periodo di profonda crisi, non vedo rischi di possibili tagli in questo settore di ricerca. La prova di questo sentimento l’abbiamo avuta nel novembre 2021, quando il Parlamento ha approvato per la prima volta un testo unico sulle malattie rare che usiamo come riferimento, stabilendo quali sono quelle identificate e impostando anche gli standard da fornire ai pazienti.
L’Unione Europea, per fortuna, si è mossa coerentemente, pur con le diversità tra i paesi membri. Nel 2011 è stata creata la Rete europea di Riferimento (Ern- European Reference Networks for rare diseases) sulle malattie rare, che si è data delle regole comuni a tutti gli stati membri ed è diventata oggi una rete integrata che oltre alla copertura assistenziale ai cittadini bisognosi di cure al di fuori del proprio paese di provenienza, promuove anche delle collaborazioni di ricerca tra i paesi membri, aumentando quindi la qualità delle terapie offerte all’interno dell’Ue.
Che genere di assistenza offrite ai pazienti più piccoli e alle loro famiglie?
Il paziente affetto da malattie genetiche rare ha molti bisogni, sia medici sia di altro tipo, come l’assistenza economica o psicologica: ricordiamo che nella maggior parte dei casi parliamo di bambini. Per questo, al Policlinico accogliamo i pazienti e le loro famiglie, spiegando loro cosa sappiamo della malattia e accompagnandoli nel percorso diagnostico.
Spesso, infatti, i pazienti che arrivano da noi non conoscono qual è la malattia di cui soffrono; dal momento che molti dei sintomi sono ricorrenti, però, per noi non è difficile fare una diagnosi. Inoltre, aiutiamo i genitori dei pazienti offrendo loro i supporti psicologici di cui hanno bisogno, con l’obiettivo di far sentire la famiglia compresa nelle loro paure ed informandoli tempestivamente anche di eventuali nuove cure o trattamenti. Poi, se occorre, li indirizziamo anche verso altri ospedali, ad esempio quando diagnostichiamo un tipo di malattia rara che sappiamo essere gestita meglio da altri centri: in questo caso comunichiamo la notizia alla famiglia e collaboriamo con il team dell’altro ospedale per favorire al meglio lo spostamento.
Certo, ci sono ancora dei miglioramenti da fare, tuttavia siamo fiduciosi. È questo, infatti, il percorso che vogliamo adottare: non più solo accudimento ma trattamento efficace, diagnosi precoce e prevenzione.
Vincenzo Leuzzi, Neuropsichiatra Infantile, Professore Ordinario Sapienza Università di Roma
Responsabile UOC di Neuropsichiatria Infantile; referente della Regione Lazio per oltre 40 malattie rare (Deliberazione della Giunta Regionale 5/12/2003 n. 1324 e successivi aggiornamenti) e membro della Commissione per le Malattie Rare del Policlinico Umberto I; referente clinico del Centro Regionale per lo Screening Neonatale con sede presso il Policlinico Umberto I°.
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