Maria Goeppert-Mayer, la Nobel dei “numeri magici”
La storia di Maria Goeppert-Mayer, Nobel per la fisica per la scoperta del “modello a guscio” del nucleo atomico e dei cosiddetti “numeri magici”
“Non sarò soltanto una donna”. Questa la risposta che, ancora bambina, Maria Goeppert-Mayer, futuro premio Nobel per la fisica vissuta nella prima metà del novecento, dava a chi avrebbe voluto per lei un semplice futuro da casalinga. Detto, fatto: incoraggiata anche dal padre Frederich, docente di pediatria all’Università Georg August di Gottinga, da adolescente Goeppert-Mayer cominciò a frequentare una scuola per ragazze che aspiravano a una istruzione superiore. L’istituto, in seguito, chiuse per problemi finanziari, ma nonostante questo provò ugualmente l’esame di ammissione all’università. Fu tra le pochissime a superarlo, e a soli diciotto anni, nel 1924, venne ammessa alla facoltà di matematica. Durante il suo percorso di studi, ebbe modo di assistere a un seminario tenuto dal fisico Max Born, che le illustrò il lavoro di scienziati come Werner Heisemberg e Pascual Jordan nel campo della meccanica quantistica. Rimase affascinata dalla fisica: “La matematica somiglia a un rompicapo da risolvere, la fisica lo è ugualmente”, disse in proposito, “Ma è un rompicapo creato dalla natura e non dalla mente dell’uomo”.
Dopo la conoscenza di Born, Goppert-Mayer si dedicò anima e corpo alla fisica: durante il dottorato, in particolare, studiò in dettaglio la teoria del cosiddetto processo di assorbimento a due fotoni (le particelle di cui è composta la luce) che poi descrisse nella sua tesi. Nel lavoro, Goeppert-Mayer ipotizzò che le molecole di materia assorbissero quantità fissate e misurabili di energia, esattamente pari a quella ceduta dai fotoni della luce che le colpiva. La sua tesi, conclusa nel 1930, venne definita da Eugene Wigner (a sua volta Nobel per la fisica), “un capolavoro di chiarezza e concretezza”. Nonostante questo, fu solo nel 1961, ben trent’anni dopo, che la scoperta del laser permise di confermare le previsioni teoriche di Goeppert-Mayer.
Relatore della tesi fu Joseph Edward Mayer, chimico statunitense assistente di James Frank. Maria e Joseph si innamorarono, si sposarono e si trasferirono negli Stati Uniti, dove a Joseph era stata offerta una posizione da professore associato alla prestigiosa Johns Hopkins University. Le severe regole contro il nepotismo non le consentirono di essere assunta nell’ateneo dove lavorava il marito, ma comunque la scienziata trovò il modo di continuare il suo lavoro in qualità di volontaria al dipartimento di fisica. Nel frattempo, fu costretta a interrompere il rapporto con i suoi maestri tedeschi a causa dell’inasprimento dei rapporti tra Stati Uniti e Germania: nel 1933, infatti, quando il partito nazista andò al potere, Born e Frank persero il lavoro.
In seguito, Maria e James si trasferirono a New York, dove ancora una volta la ricercatrice si accontentò di un lavoro non stipendiato all’interno della università dove lavorava il marito, avviando uno stretto rapporto di collaborazione con Enrico Fermi, con cui lavorò allo studio dei cosiddetti elementi transuranici. Usando il modello Thomas-Fermi ipotizzò, per questi elementi, una configurazione degli elettroni più esterni simile a quella delle terre rare o lantanoidi, una serie di elementi chimici caratterizzati dall’avere una configurazione elettronica degli orbitali esterni uguale per tutti. La sua ipotesi venne in seguito confermata.
Nel 1946 le venne offerta una posizione da fisico esperto nella divisione di fisica teorica all’Argonne National Laboratory, uno dei più antichi laboratori di ricerca degli Stati Uniti vicino a Chicago. Qui avviò una nuova collaborazione con Hans Jensen scoprendo i cosiddetti “numeri magici”, ovvero i numeri di neutroni e protoni (particelle subatomiche rispettivamente neutre e con carica positiva) necessari a rendere stabili i nuclei atomici. A partire da questa scoperta sviluppò il modello a guscio della struttura del nucleo atomico che le valse, insieme a Jensen, il Nobel per la fisica nel 1963. Continuò l’attività di ricerca fino al 1972, anno della sua morte.
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