Immunoterapia

Marianna Nuti e lo studio sull’immunoterapia: l’ultima frontiera della lotta al cancro

Marianna Nuti, del Dipartimento di Medicina sperimentale di Sapienza, racconta la sua ricerca sul tumore al polmone ed immunoterapia. Un nuovo passo in avanti verso la medicina personalizzata

L’ultima frontiera della lotta al cancro è rappresentata dalla cosiddetta immunoterapia, un trattamento che “arma” il sistema immunitario del paziente in modo che quest’ultimo sia in grado di riconoscere e annientare le cellule tumorali. Ma che cosa accade se il sistema immunitario ha un “difetto”?

Marianna Nuti, del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza, insieme a Paolo Marchetti, dell’Unità di Oncologia B, e a Guido Valesini, del Centro di Reumatologia del Policlinico Umberto I, indagano, in pazienti con tumore polmonare in trattamento con immunoterapici, il ruolo di un autoanticorpo nel predire la progressione precoce di malattia. Il loro studio, insomma, identifica proprio in un autoanticorpo un possibile indicatore di resistenza ai trattamenti immunoterapici nei pazienti con tumore al polmone.

Come è arrivata in Sapienza?

Ho studiato all’università a Pisa ma appena laureata ho sentito l’esigenza di andare a specializzarmi negli Stati Uniti. Ho partecipato e vinto la borsa di studio molto prestigiosa Fulbright e sono stata a Houston, Texas frequentando presso la Graduate School of Biomedical Sciences corsi di Immunologia Clinica e Oncologia e i laboratori dell’MD Anderson Hospital. Dopo questa prima esperienza abbastanza traumatica sono stata selezionata per una borsa Fogarthy al National Cancer Institute USA di Bethesda dove ho finalmente avviato progetti di ricerca sempre nel campo immunologia dei tumori. In totale sono rimasta in USA circa 5 anni. Al mio ritorno ho avviato un laboratorio in Sapienza al Dipartimento di Medicina Sperimentale che dirigo tuttora.”

immunoterapia

Ci racconti della sua ricerca.

Mi sono sempre occupata del sistema immunitario nell’essere umano, in particolare delle dinamiche e dei meccanismi che si instaurano nel paziente oncologico. Sappiamo che esiste una sorveglianza immunitaria che è pronta ad eliminare sia cellule trasformate che microorganismi patogeni che incontriamo nella nostra vita (virus, batteri etc..). Durante la crescita tumorale i meccanismi immunitari di controllo vengono a mancare, si alterano e progressivamente si va incontro ad una immunosoppressione potenziata dal tumore in crescita che silenzia in modo drastico il sistema immunitario del paziente. Con il Nobel per la Medicina a Alison e Honjo nel 2018 si è voluto segnalare e premiare la grande rivoluzione che c’è stata nel trattamento dei tumori. L’immunoterapia dei tumori è entrata nella pratica clinica addirittura per molti tumori come prima scelta per l’oncologo. In pratica questi nuovi farmaci liberano i linfociti T killer da regolazioni negative (fisiologicamente importanti per il controllo della risposta immunologica) e questi risultano quindi capaci di ricircolare al tumore e uccidere le cellule trasformate. Registriamo oggi per tumori considerati big killers come il melanoma e il carcinoma polmonare una sopravvivenza libera da malattia di oltre 10 anni!

Non tutti i pazienti rispondono però così bene all’immunoterapia…

Abbiamo molti non responders e la ricerca di questi anni si è proprio concentrata su questi. Quali sono le cause di non risposta? Possiamo identificare questi pazienti precocemente e non sottoporli a cure inutili e molto dispendiose? Quali terapie, chiamiamole “vecchie” ma che sono tuttora molto valide anche se difficilmente portano alla cura del paziente (chemio terapia, terapie a bersaglio molecolare, radioterapia etc…), posso combinare per aumentare il numero dei non responders? Da qui nasce quindi la necessità di studiare il profilo immunologico dei nostri pazienti imparando proprio da loro durante i vari trattamenti immunologici e non, cosa succede al loro sistema immunitario in relazione alla risposta alla terapia.  Abbiamo imparato a capire qual è la fitness immunologica ottimale, per esempio, a rispondere ai nuovi farmaci, come pure a identificare il paziente che per il suo livello di immunosoppressione o resistenza intrinseca non risponderà a una immunoterapia che ha come bersaglio proprio le cellule che sono in quel momento silenziate (ad esempio il lavoro del polmone). “

Qual è il risvolto pratico più importante dei risultati ottenuti dalla ricerca?

Proponiamo agli oncologi un nuovo punto di vista. La medicina personalizzata, un’oncologia per il singolo paziente (e non per classi di pazienti) che prevede il mettere insieme dati clinici e immunologici e decidere insieme un planning di trattamento che può anche passare per un utilizzo cosiddetto off-target (una chemio per esempio che se anche ha effetto limitato sul tumore riduce in modo importante l’immunosoppressione) di farmaci per preparare il paziente a ricevere in modo ottimale l’immunoterapia.

Perché sarebbe così importante prevedere una immunoterapia per tutti i pazienti oncologici? 

Perché il sistema immunitario è quel fantastico sistema fatto di molecole e cellule che si coordinano e parlano fra loro non solo per cercare, trovare ed eliminare in ogni distretto tissutale le cellule malate ma è anche dotato di memoria (vedi vaccini) per impedire che la malattia si ripresenti.  Il sistema immunitario è alla base del controllo di numerose patologie (vedi COVID) e la profilazione immunologica che facciamo qui in Sapienza e al Policlinico Umberto I ci permette di capire alcune delle disfunzioni in corso di malattie in particolare nei pazienti oncologici dove questa valutazione risulta particolarmente rilevante per ottenere la massima risposta all’immunoterapia. Possiamo infatti già fornire una sorta di “carta d’identità” immunologica per ogni paziente e le modificazioni che stiamo studiando in corso di trattamento ci indicheranno se stiamo effettivamente attivando in modo efficace il sistema immunitario che appunto può sinergizzare anche con gli altri trattamenti per il controllo della malattia tumorale a lungo termine.

Su quale studio si sta concentrando ora?

Al momento stiamo validando su larga scala una serie di biomarcatori di risposta e /o di resistenza all’immunoterapia. Questi permetteranno all’oncologo di definire non solo lo status immunologico del paziente alla diagnosi e pianificare il trattamento migliore ma anche seguirlo nel tempo per anticipare e prevenire tossicità, resistenze al trattamento recidive o integrare la terapia.

Immagini: Marianna Nuti