marie-curies-radioactive-documents

Marie Curie: la scienziata dei due Nobel

di Camilla Ferreri, Classe 3J, IIS, Di Vittorio – Lattanzio, Roma

Questo saggio partecipa al concorso Hansel e Greta. Il vincitore verrà designato sulla base del numero di voti ricevuti e della valutazione da parte di una giuria di qualità. Le votazioni partiranno il 15 giugno 2020. Per votare cliccare su questo link, selezionare il tema desiderato e cliccare sul pulsante “vota” in fondo alla pagina.

All’inizio del Novecento una figura eccezionale ha dominato la storia della scienza, lasciando un segno per le sue scoperte e dando un contributo notevole allo sviluppo dell’umanità. Maria Sklodowska, più nota semplicemente come Marie Curie, è stata una chimica e fisica polacca che vinse due premi Nobel, uno nel 1903 per la fisica insieme a suo marito Pierre Curie e al fisico Henrie Becquerel per lo studio dei primi elementi radioattivi, e un altro per la chimica nel 1911 per averli isolati.

Nacque a Varsavia il 7 Novembre 1867 e morì a Sancellemoz in Francia, il 4 luglio 1934 all’età di 66 anni di anemia aplastica, una malattia del sangue causata dall’esposizione ai materiali radioattivi. Prima di Marie Curie, ad iniziare lo studio delle radiazioni fu Becquerel nel 1896, spinto dalle scoperte dei raggi X da parte di Wilhelm Conrad Röntgen.

Becquerel partì osservando la fluorescenza dei minerali di uranio che, esposti alla luce solare, erano in grado di impressionare una lastra fotografica in carta nera, posta nelle vicinanze. La scoperta fu nel constatare che lo stesso fenomeno si era verificato con il cristallo e la lastra chiusi in un cassetto. Ciò era dovuto alla presenza di radiazioni invisibili sui minerali di uranio, che portarono lo scienziato francese a concludere che la radiazione era un evento naturale e non necessariamente indotto da una fonte di energia esterna, sia essa luce solare o altra fonte artificiale. Marie Curie riprodusse gli esperimenti condotti da Becquerel e si servì dell’elettrometro, messo a punto per misurare piccole correnti elettriche nell’aria attraversata dai raggi dell’uranio e notò che la pechblenda, pur contenendo piccole quantità di sali di uranio, manifestava più radioattività dei sali di uranio stessi.  

I coniugi Curie lavorarono utilizzando tonnellate di pechblenda e dopo molti esperimenti confermarono che gli effetti elettrici dovuti all’uranio erano costanti, indipendenti cioè dallo stato chimico-fisico del materiale e che l’emissione radioattiva era proporzionale alla quantità di uranio presente nel minerale. La radiazione era quindi una proprietà intrinseca dell’uranio.

Marie Curie formulò l’ipotesi dell’esistenza di altri elementi radioattivi poiché osservò che, estraendo uranio dalla pechblenda, la quantità di radiazione emessa superava di gran lunga i livelli attesi. Aiutata dal marito riuscì a isolare dalla pechblenda un nuovo elemento radioattivo, il polonio, chiamato così in onore del suo paese di origine. Trovarono anche una seconda sostanza fortemente radioattiva, alla quale diedero il nome di radio. Nel 1911 riuscì ad isolare il radio sotto forma di metallo per renderlo più facilmente lavorabile.

Grazie a lei sappiamo della presenza di due elementi molto radioattivi, ovvero il radio e il polonio, ma non solo, è stata la prima ad utilizzare la parola radioattività per descrivere l’emissione di radiazioni da parte della materia. L’unità di misura che rileva la radioattività degli elementi porta il suo nome (il curie).

Ancora oggi il suo lavoro è importante perché sappiamo che ci sono sostanze radioattive artificiali utilizzabili per scopi medici, per la produzione di energia e anche per scopi bellici. Ne conosciamo gli effetti dannosi ma sappiamo sfruttarne anche gli effetti terapeutici. La sua figura può essere di esempio perché come scienziata è stata la prima ed unica ad aver vinto due premi Nobel e fu anche la prima ad insegnare in un’università prestigiosa come la Sorbona. Come donna si sottopose a grandi sacrifici perché le sue condizioni economiche e il contesto storico del suo Paese non le avrebbero consentito di portare avanti gli studi superiori e a fare ciò che le piaceva. 

credits immagine: Marie Curie’s Radioactive Documents – a project involving Gillian Boal of Boal Conservation