Missioni spaziali superveloci: arriva la propulsione laser
Ideato un sistema laser che consente di agire su oggetti di grandi dimensioni anche a distanze notevoli. E che forse in futuro aprirà una nuova era per l’esplorazione spaziale
Navette spaziali con cui viaggiare, dentro e fuori il Sistema solare, grazie alla forza della luce. Sfruttando la propulsione di un laser: modello Star Trek, per intenderci. Stavolta, però, passando dal grande schermo alla realtà. Un’energia tanto potente da consentirci di percorrere milioni di chilometri in pochi anni. Zizgagando tra stelle e galassie. Oltre ogni barriera spazio-temporale.
Non è fantascienza, anche se potrebbe sembrarlo, ma lo scenario al quale Ognjen Ilic e Harry Atwater, ricercatori del California Institute of Technology (Caltech), entusiasticamente “recensiti” dalla rivista Nature Photonics, ritengono possibile dare corpo in un futuro nemmeno troppo lontano. Archiviando il prezioso repertorio di risultati scientifici e avanzamenti tecnologici che pure hanno consentito all’essere umano, negli ultimi cinquant’anni, di aprirsi varchi via via sempre più ampi e approfonditi nella conoscenza dell’universo.
Ilic e Atwater, in particolare, hanno ideato un sistema laser capace di agire su oggetti di grandi dimensioni e in rapporto a distanze notevoli. Per avere un’idea delle ricadute legate alla loro scoperta, è sufficiente pensare che i veicoli spaziali potrebbero raggiungere i pianeti oltre il sistema solare viaggiando per 20 anni senza carburante. Alimentati solo dalla luce. “La nostra tecnica”, spiegano le due brillanti menti del Caltech, “può trovare un’applicazione futuristica ed essere usata come mezzo di propulsione per una nuova generazione di navette spaziali”.
Il modello scientifico messo a punto da Ilic e Atwater è a dir poco affascinante. Gli oggetti, in sostanza, saranno in grado di “levitare”, cioè di sollevarsi in aria, superando la forza di gravità, e di accelerare il loro movimento servendosi appunto della propulsione di un laser. Tutto grazie a un “provvidenziale” accorgimento: ricoprire le loro superfici con nano–disegni capaci di interagire con la luce e di mantenere gli stessi oggetti nel proprio raggio d’azione.
La scoperta di Ilic e Atwater era stata preceduta, giusto un anno fa, dall’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica all’americano Arthur Ashkin. Un meritato riconoscimento (condiviso con Gérard Mourou e Donna Strickland) per l’inventore delle pinze ottiche capaci di afferrare e spostare, senza danneggiarli, virus, batteri e cellule viventi. Un bell’assist scientifico, basato sempre sullo sfruttamento del laser, per approfondire lo studio delle particelle invisibili alla base della vita. Pinze “miracolose”, ma in grado di funzionare solo in rapporto a oggetti di piccole dimensioni e a distanze brevi. Un problema che un giorno, se gli studi di Ilic e Atwater dovessero trovare sviluppo, potrebbe essere superato. Non rimane, a questo punto, che continuare a seguire il lavoro dei due. Con le dita incrociate e lo sguardo allo Spazio.
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