Modificare il DNA: un congresso per decidere i confini del lecito
Con questo obiettivo ricercatori e bioeticisti si sono riuniti a Washington in un meeting internazionale presieduto dal premio Nobel David Baltimore
Dall’1 al 3 dicembre 2015 David Baltimore, premio Nobel per la medicina e virologo al California Institute of Technology, ha presieduto a Washington un vertice internazionale sulle implicazioni etiche della modificazione del genoma umano.
In effetti si tratta di una discussione iniziata più di quarant’anni anni fa quando nel 1975 ad Asilomar, in California, lo stesso Baltimore ne evidenziava gli aspetti critici. Ora però il dibattito scientifico e culturale si è bruscamente spostato dalle potenzialità teoriche alle reali possibilità applicative alimentando, insieme alle attese scientifiche, anche ataviche paure da fantabiologia.
A cambiare le cose è stata una nuova tecnica di intervento sul Dna, introdotta nel 2012 e chiamata Crispr/Cas9. Di estrema precisione, più efficace ed economica di altre tecniche, alla portata di comuni laboratori, lascia ben sperare che presto potrà eliminare malattie genetiche dell’uomo fino a ora incurabili.
Crispr sta per Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats e individua sequenze ripetute di Dna. Si è scoperto che in natura i batteri combattono i virus grazie a un meccanismo di riconoscimento basato su queste sequenze. Copie dei genomi dei virus che attaccano i batteri sono infatti trascritte in specifici segmenti di Rna che così sono in grado di riconoscere eventuali successivi attacchi dello stesso virus. Questi segmenti di Rna sono associati a un enzima, per l’appunto il Cas9, capace di tagliare la doppia elica del Dna. La sequenza di Rna individua dunque quella di Dna del virus e procede a isolarla per poi tagliarla ed eliminarla. La rivoluzione sta nel fatto che si è riusciti a replicare questo meccanismo in laboratorio individuando quale sequenza di riconoscimento del Dna si vuole tagliare per poi sostituire con quella corretta.
Inizialmente questa tecnica è stata applicata per ottenere vegetali e animali più resistenti o produttivi. Ma più di recente è stata adottata anche in protocolli di terapia genetica di malattie ereditarie su organismi complessi e nei mesi scorsi è stata sperimentata per fini terapeutici su modelli di embrioni umani.
La rivista Protein and Cell ha infatti pubblicato in aprile i risultati ottenuti da un’équipe di ricercatori cinesi che si erano prefissati l’obiettivo di correggere il gene responsabile di una malattia ereditaria del sangue, la beta talassemia. Su ottantanove campioni, in quasi un terzo gli studiosi erano riusciti a eliminare le mutazioni genetiche ma solo per quattro embrioni il gene risultava corretto. Inoltre il “bisturi chimico” del Cas9 in molti casi aveva tagliato anche altre zone di Dna, compromettendolo e inducendo mutazioni non desiderate, potenzialmente dannose.
La sperimentazione sui modelli di embrione umano a oggi non ha quindi prodotto tutti i risultati sperati ma, in ogni caso, ha dispiegato le eccezionali potenzialità della Crispr/Cas9. È infatti innegabile, ha sottolineato Baltimore, che “attraverso questa tecnica la possibilità di modificare geneticamente l’essere umano con precisione è oramai molto vicina”. Si tratta di una rivoluzione: non solo sarà possibile riparare in modo specifico e permanente i difetti genetici di pazienti affetti da malattie ereditarie ma anche correggere il Dna in cellule uovo, spermatozoi ed embrioni.
Numerosi congressisti, come George Daley, ematologo della Harvard Medical School e John Harris, bioeticista dell’Università di Manchester, sono favorevoli a proseguire nella sperimentazione della Crispr/Cas9 su genomi umani. Harris sostiene addirittura che si debba poterla praticare subito sull’uomo perché “ritardare la terapia equivarrebbe a negarla”. Alcuni studiosi hanno comunque evidenziato che questa tecnica potrebbe essere utilizzata per apportare modificazioni genetiche funzionali a specifiche caratteristiche fisiche e mentali per scopi non propriamente terapeutici: si è fatto riferimento a canoni di bellezza e caratteriali definibili prima della nascita, senza ricorrere alle cure di chirurghi estetici e di psicologi. Fra gli altri, Antonio Regalado, curatore del settore biomedico della MIT Technology Review, ha paventato la costruzione in laboratorio di neonati geneticamente modificati per promuovere il diffondersi di tratti genetici considerati superiori o solo per rispondere ai desideri dei genitori.
Insomma il dibattito tra addetti del settore è risultato acceso ed è sfociato inevitabilmente nella domanda posta da Baltimore al congresso: “è lecito dunque modificare il genoma per perfezionare la specie umana?”. Per il premio Nobel “determinante è riflettere attentamente se il fine sia terapeutico o meramente accessorio e intanto proseguire nella ricerca”. Difatti, si è convenuto nel meeting, le attuali tecniche di editing genetico possono contribuire efficacemente alla prevenzione e alla cura di molte malattie dell’uomo e questo è un motivo sufficiente per applicarle, senza remore, sia a cellule somatiche che germinali.
Resta la necessità di individuare la linea etica di confine per l’applicazione delle nuove tecniche che il congresso traccia nella soglia del laboratorio. Questa potrà essere oltrepassata solo quando le sperimentazioni daranno certezza di completa affidabilità. Ci vorranno degli anni. Intanto la comunità scientifica manterrà aperto il dibattito, sia al suo interno sia con le istituzioni dei singoli paesi, con l’obiettivo di indirizzare le coscienze individuali e collettive verso uno sviluppo consapevole e condiviso della ricerca.
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