I Nobel dicono sì al disinvestimento
Alcuni premi Nobel si sono uniti alla petizione di The Guardian per il ritiro dei finanziamenti alle aziende produttrici di combustibili fossili
Boicottare le imprese di combustibili fossili per arginare il riscaldamento globale. È la campagna lanciata a marzo dal quotidiano britannico The Guardian per convincere i due maggiori enti filantropici al mondo, la Bill & Melinda Gates Foundation e la Wellcome Trust, a disinvestire entro cinque anni da aziende di carbone, petrolio e gas. La partecipazione azionaria in società di combustibili fossili, infatti, sarebbe in conflitto con gli obiettivi di miglioramento della salute pubblica professati dai due enti. Anche perché entrambe le fondazioni, almeno ufficialmente, hanno sempre valutato il cambiamento climatico come una seria minaccia umanitaria.
La Wellcome Trust ha risposto alle accuse mosse dall’appello dichiarando «di incoraggiare le imprese che producono e consumano combustibili fossili ad adottare politiche più trasparenti e sostenibili verso un’economia a basse emissioni di carbonio». Secondo la fondazione, la fiducia riposta nelle società di carbone, petrolio e gas avrebbe maggiore efficacia rispetto allo spostamento degli investimenti in energie rinnovabili. Ma per Richard Roberts, Nobel per la medicina nel 1993, il dialogo tra fondazioni e imprese per l’adozione di politiche sostenibili rappresenta soltanto «una semplice scusa per continuare a investire in qualcosa di vantaggioso per la fondazione stessa».
John Sulston, ex dipendente della Wellcome Trust e premio Nobel nel 2002, invece ha chiesto le prove che dimostrino l’effettiva riduzione delle emissioni di carbonio grazie a questi negoziati. «Se è così, saremo lieti e sollevati di sapere che i dubbi sono fuori luogo. Altrimenti, dovremo concludere che la fiducia concessa dalla Wellcome Trust non è parte della soluzione: la Terra e i suoi abitanti non possono aspettare degli “educati” scambi commerciali» ha precisato Sulston. E «dalle dichiarazioni sembra che il Trust sottovaluti sia la sua influenza nel panorama economico e politico, che l’effetto che il reinvestimento avrà sulla riduzione dei costi delle energie rinnovabili».
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, tra il 2030 e il 2050 il cambiamento climatico causerà circa 250.000 decessi, dovuti all’aumento di malattie e alla nutrizione inadeguata. «È chiaro che le grandi compagnie petrolifere sanno esattamente cosa sta accadendo a livello climatico. Ed è anche chiaro che la fretta di trovare maggiori quantità di petrolio e carbone non accenna a diminuire», così si è espresso Peter Charles Doherty, premio Nobel nel 1996. «Coloro che, come me, lavorano nella ricerca biomedica, hanno il massimo rispetto per la Wellcome Trust e la Fondazione Gates. Ma mi chiedo se qualcosa di diverso potrebbe effettivamente influenzare la dinamica politica, necessaria per un cambiamento reale» ha concluso Doherty.
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