Nobel per la Medicina 2021 e recettori: dalle carezze ai nuovi farmaci
di Arianna Del Treste, Anastasiya Kuznetsova, Barbara Orrico, Francesca Sola
Quest’anno il Nobel per la medicina è andato agli scienziati David Julius e Ardem Patapoutian per aver identificato i recettori per la percezione del calore e del tatto, una scoperta con diverse applicazioni future
Il 25 settembre scorso non era un sabato qualsiasi. Dieci città italiane, sotto l’egida della Fondazione Isal, avviavano la campagna di sensibilizzazione “La cura del dolore a km 0, una rete di qualità tra presenza e digitale”. Un’iniziativa di citizen science, in linea con il Nobel per la medicina 2021. Ad aggiudicarselo, i ricercatori Ardem Patapoutian e David Julius, premiati “per le loro scoperte dei recettori per la temperatura e il tatto”. Una ricerca che crea “i presupposti per migliorare la nostra qualità della vita e la nostra salute”, come ha dichiarato Silvio Brusaferro, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Secondo Francesca Aloisi, che all’Iss dirige il dipartimento di neuroscienze, “questa scoperta fornisce le conoscenze per promuovere lo sviluppo di nuove terapie analgesiche per il trattamento del dolore cronico, ma anche ricerche su recettori simili coinvolti nelle malattie neurodegenerative”.
David Julius nasce nel 1955 a Brighton Beach, parte multietnica di Brooklyn. Poi la laurea in biologia nel 1977 al Mit di Boston e il dottorato in biochimica a Berkeley nel 1984. Oggi insegna fisiologia all’Università della California di San Francisco (Ucsf), polo medico-biologico d’eccellenza. La sua ricerca si focalizza sulla percezione attraverso i sistemi sensoriali corporei, anche impiegando sostanze naturali, con l’obiettivo di gettare le basi per nuovi farmaci analgesici.
Ardem Patapoutian, classe 1967, nasce in Libano da famiglia armena e a diciott’anni ripara in America per sfuggire alla guerra civile. Voleva fare il medico, ma sceglie di studiare chimica all’Università americana di Beirut, per poi laurearsi in biologia all’Università di Los Angeles. Nel 1996 arriva il PhD al California Institute of Technology, con post-doc alla Ucsf. Prima lavora al Novartis Institute of Genomics e poi allo Scripps Research Institute , dove tuttora è neuroscenziato e gestisce un laboratorio indipendente. Il focus della sua ricerca è il senso del tatto.
Gli studi che hanno portato alle scoperte vincitrici del premio iniziano negli anni ’90, quando David Julius, allora ricercatore all’università della California, ha un’intuizione: era noto che la capsaicina, composto chimico del peperoncino, provoca una sensazione di bruciore nei tessuti con cui viene a contatto; ciò che non si conosceva era il meccanismo di codifica di questo segnale nel sistema nervoso; il ricercatore si domandò, allora, se ci fosse un recettore specifico che si attivava in presenza della capsaicina provocando bruciore. Per dimostrare questa ipotesi, Julius e i suoi collaboratori hanno creato una libreria di milioni di frammenti di Dna, che corrispondono a geni espressi nei neuroni sensoriali che possono rispondere al dolore. L’ipotesi era che nella raccolta ci fosse anche il frammento di Dna che codifica per un recettore sensibile alla capsaicina. Per dimostrarla hanno utilizzato cellule in coltura non sensibili al composto chimico, esprimendo i singoli geni della raccolta per verificare se ce ne fosse uno che le avrebbe rese sensibili alla capsaicina. In effetti il gene è stato identificato: codifica per un recettore che hanno chiamato Trpv1. Studiando la capacità del recettore di rispondere al calore, Julius ha scoperto che oltre a essere sensibile alla capsaicina, si attivava a temperature percepite come dolorose: una sorta di termometri molecolari.
Nel frattempo, Ardem Patapoutian studiava i meccanismi alla base delle sensazioni tattili nei vertebrati. Gli esperimenti sono stati condotti su cellule meccanosensibili che emettono un segnale elettrico misurabile ogni volta che ricevono una stimolazione tattile; i ricercatori hanno ipotizzato che alla base di questo fenomeno ci fossero dei recettori attivati dall’impulso meccanico. Hanno identificato 72 geni, che codificano per potenziali recettori sensibili al tatto; i ricercatori li hanno inattivati uno per uno per identificare quello responsabile della risposta tattile (in altre parole, il gene il cui silenziamento avrebbe reso le cellule insensibili al tatto). Identificato, così, il gene che codifica per un recettore meccanosensibile a cui è stato dato il nome di Piezo1. Lo stesso gruppo di ricerca ha scoperto successivamente un secondo gene che codifica per un recettore che hanno chiamato Piezo2, che svolge un ruolo chiave nella propriocezione (la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio). Inoltre, indipendentemente l’uno dall’altro, Julius e Patapoutian hanno utilizzato il mentolo – un componente dell’olio essenziale di menta – per identificare un altro recettore, chiamato Trpm8, capace di rispondere alla percezione del freddo.
Sul sito dello Scripps Research Institute, Patapoutian dichiara che questi recettori “influenzano la pressione sanguigna e l’ipertensione, così come la pienezza della vescica”, e conclude con un’immagine evocativa, quella di “una chiave che sblocca una porta che si apre su una stanza. Questi recettori sono la chiave della porta per capire la biologia e la malattia”. Con qualche risvolto inatteso della ricerca, si legge: Piezo1 viene espresso anche nei globuli rossi e nelle cellule immunitarie e potrebbe riguardare la protezione dalla malaria, come influenzare la quantità di ferro nel sangue; i Piezo potrebbero rientrare anche nel dolore neuropatico e nel tracciamento del passaggio di cibo nel tratto digerente. E si potranno sviluppare nuovi trattamenti analgesici, a partire dagli studi di Julius e colleghi. In realtà, l’interesse di Big Pharma per i loro risultati risale al 1997, quando un paper su Nature già parlava di capsaicina e di un recettore correlato alla temperatura e “strutturalmente legato ai membri della famiglia TRP dei canali ionici”. Quello era l’inizio, con il Nobel 2021 si chiude il cerchio; la ricerca farmaceutica potrà evolvere verso altri analgesici, non oppioidi, che sfruttino la scoperta di Julius e Patapoutian.
Come è arrivata ai due ricercatori la comunicazione della vittoria? Julius a detto “pensavo fosse uno scherzo”– si legge sul Washington Post – quando la cognata lo ha svegliato di notte perché lo cercavano con insistenza. E il New York Times ci dice che erano all’incirca le 2:30 del mattino, e l’assemblea del Premio ha telefonato anche al padre 94enne di Patapoutian, che ha chiamato il figlio dicendogli “credo che tu abbia vinto un Nobel” . Era una notizia urgente, del resto, e andava data il prima possibile.
Nevralgie: il Cnr-Icb simula il comportamento di recettori e molecole per nuove terapie
Alle scoperte sui recettori che regolano la percezione del freddo, del caldo e del tatto, compiute dai premi Nobel alla medicina David Julius e Ardem Patapoutian, sono seguiti altri studi specifici sulle loro funzioni. I ricercatori dell’Istituto di Chimica biomolecolare del Cnr (Cnr-Icb) di Pozzuoli hanno contribuito a individuare alcune sostanze, sia prodotte dal nostro organismo che sintetiche e ottenute da fonti naturali, capaci di legarsi ed attivare, a livello del sistema nervoso centrale, i recettori-canale divenuti importanti per sviluppare nuovi farmaci contro il dolore neuropatico, i processi infiammatori e il cancro. In collaborazione con altri gruppi di ricerca universitari, il gruppo ha identificato il ruolo dei sensori del caldo nella plasticità sinaptica, nell’ansia, nell’epilessia, nei tumori che colpiscono il sistema nervoso centrale e in alcune malattie neurodegenerative.
All’attività di studio ha collaborato Rosa Maria Vitale, dal 2007 ricercatrice al Cnr-Icb, dove si occupa di chimica computazionale, con particolare attenzione sia alle tecniche utilizzate per simulare il comportamento di molecole proteiche e di recettori-canale che allo sviluppo di farmaci.
Dott.ssa Vitale, le scoperte di Julius e Parapoutian senza ombra di dubbio hanno dato una nuova spinta alla ricerca. Secondo lei in che modo?
“Sicuramente generano un nuovo impulso alla ricerca per comprendere il meccanismo di attivazione e di modulazione dei recettori-canale da parte di molecole bioattive, ad esempio in ambito farmacologico e terapeutico. L’obiettivo è studiare il ruolo di queste stesse molecole in patologie quali l’infiammazione, il dolore cronico e il cancro. All’individuazione dei geni codificanti i recettori sono infatti seguite altre scoperte sul loro ruolo fisio-patologico e sulla loro modulazione da parte delle molecole, a cui ha largamente contribuito il gruppo di ricerca dell’Istituto di Chimica biomolecolare del Cnr, coordinato da Vincenzo Di Marzo e da Luciano De Petrocellis”.
Ci può spiegare i risultati del vostro lavoro?
Il gruppo di ricerca Cnr-Icb, con il quale collaboro da diversi anni, ha contribuito a individuare alcune sostanze sia prodotte dal nostro organismo che sintetiche e ottenute da fonti naturali in grado di legarsi ed attivare, a livello del sistema nervoso centrale, i recettori-canale. In particolare, il gruppo Cnr-Icb, in collaborazione con altri gruppi di ricerca universitari con maggiore esperienza in chimica farmaceutica, ha coordinato l’attività di ricerca sullo sviluppo di nuove molecole sintetiche per attivare o inattivare i canali TRPV1 (i sensori cellulari del caldo), TRPM8 (i sensori cellulari del freddo) e altri recettori della famiglia dei TRP. Queste molecole, che potrebbero essere utili per contrastare le malattie neurodegenerative, i tumori che colpiscono il sistema nervoso centrale, le nevralgie e le infiammazioni, sono state ottenute anche partendo dalla modificazione chimica di molecole naturali, facendo uso di metodologie di modellistica molecolare che rappresenta il mio specifico settore di ricerca e il mio contributo al gruppo su questa tematica. Il gruppo di ricerca Cnr-Icb, in collaborazione con diversi gruppi di ricerca universitari, tra cui in particolare quello del Prof. Sabatino Maione dell’Università della Campania, ha inoltre identificato il ruolo dei sensori del caldo anche nell’ansia, nell’epilessia, nella plasticità sinaptica, nell’interpretazione “centrale” del dolore neuropatico da parte della corteccia cerebrale, nel gliobastoma e in alcune malattie neurodegenerative”.
Il ruolo primario della ricerca di base nella comprensione di meccanismi fisiologici ha quindi superato la scoperta della tecnologia a mRna per il vaccino. Che ne pensa?
“L’attribuzione del Nobel per una scoperta scientifica dipende da una serie complessa di fattori, tra cui la ricaduta che essa ha sull’avanzamento generale della conoscenza e l’impatto sulla comunità scientifica. La scoperta legata ai recettori-canali TRP e dei canali ionici Piezo ha avuto un’evoluzione temporale tale da poterne apprezzare la portata in diversi ambiti biologici e farmacologici. Per quanto riguarda invece la tecnologia a mRNA, la sua storia è decisamente più tortuosa. Numerosi laboratori nel tempo hanno cercato di mettere a punto strategie che consentissero l’uso dell’RNA come farmaco o vaccino, senza però giungere a prodotti “maturi” per l’applicazione pratica, perché considerati troppo instabili e troppo costosi. Di fatto, l’uso massiccio del vaccino a mRNA per contrastare la pandemia in atto rappresenta il primo e vero banco di prova per questa formulazione. Inoltre, la paternità degli aspetti sia scientifici che applicativi delle tecniche legate all’mRNA è ancora oggetto di numerose dispute. Per tali motivi, allo stato attuale la candidatura al Nobel può essere considerata prematura”.
Immagine in evidenza: Medaglia del Nobel ad Alexander Fleming (1945), National Museum of Scotland {Credit: Wikimedia Commons }
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