Una nuova traduzione del testamento di Alfred Nobel
La Nobel Foundation ha deciso di fornire una traduzione aggiornata delle ultime volontà di Nobel, per rendere ancora più accessibile il suo pensiero
Parigi, 27 novembre 1895. È il giorno in cui Alfred Bernhard Nobel firma il testamento dove sono riportate le sue ultime volontà. Una data che non è da riporre nel cassetto degli “aneddoti storici”, a beneficio esclusivo di qualche curioso ricercatore di cimeli, ma che in realtà riguarda un po’ tutti noi. È in questo momento, infatti, che nasce l’idea di istituire il più prestigioso riconoscimento della nostra società: il premio Nobel. Quel premio che fin da bambini associamo alle grandi menti della scienza e della letteratura. E che da oltre un secolo, seguendo le indicazioni di Nobel, viene conferito alle figure che con il loro lavoro hanno segnato il corso della storia. Oggi, la Nobel Foundation intende tradurre nuovamente il prezioso documento, per rendere ancora più chiare le ultime volontà di Alfred Nobel.
Nel testamento del chimico, ingegnere e inventore svedese si legge: “…la totalità del mio residuo patrimonio dovrà costituire un fondo i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità“. Un indirizzo chiaro al quale destinare le sue ricchezze, ottenute negli anni grazie alle sue innumerevoli invenzioni, per lo più nel campo delle armi. Ed è proprio l’origine di queste ricchezze che probabilmente spinse Nobel a istituire un premio con il quale dare il giusto riconoscimento a coloro che si fossero spesi, e avessero impiegato il loro sapere, per il bene dell’umanità. Una sorte di redenzione per colui che, sul finire dell’800, fu addirittura chiamato “il mercante della morte“, in un grottesco scambio di identità con il fratello, Ludwig.
Con rigore e attenzione, Alfred Nobel nelle sue ultime volontà dichiara come deve essere suddiviso questo ingente patrimonio. Individua così cinque premi, corrispondenti a cinque diversi ambiti: fisica, chimica, medicina, letteratura e pace. I primi tre premi sono destinati a coloro che hanno fatto scoperte o invenzioni nei rispettivi campi, determinando un progresso della disciplina stessa. Il quarto, il Nobel per la letteratura, premia invece “il lavoro di tendenza idealistica più notevole“. Infine, a sancire una rottura con l’origine delle sue fortune, Nobel vuole riconoscere l’ultimo premio a chi “più si è prodigato o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni e per l’abolizione o la riduzione degli eserciti“. Insomma, per colui che più di altri si fosse speso per la promozione della pace. “L’idea di Nobel era di assegnare il premio indifferentemente dalla nazionalità, con i vincitori che avrebbero dovuto rappresentare dei modelli da seguire e ai quali ispirarsi“, ha dichiarato Lars Heikensten, direttore esecutivo della Fondazione Nobel, in un’intervista sul sito ufficiale del Nobel Prize.
Per la Fondazione, il testamento di Nobel è il pilastro sul quale si fonda tutto il suo operato e racchiude in sé un profondo significato. “È un documento che stabilisce le linee guida da seguire nel nostro lavoro. Con le nostre attività dobbiamo sempre adempiere alle volontà di Nobel“, racconta Heikensten, che prosegue: “vogliamo ridare vita a questo prezioso documento e far si che sia letto da più persone possibili. Per questo è necessaria una nuova traduzione del testo, in modo da aggiornare la lingua e renderla accessibile a un pubblico contemporaneo“.
Ma perché andare a mettere mano a un testo che è valido dal 1901 (anno dell’assegnazione dei primi premi Nobel)? È la situazione in cui versa la società attuale che ha spinto i membri della Fondazione a rivedere il testo originale del testamento, come ha spiegato Heikesten. “Dalle ultime volontà di Nobel emerge chiaramente il suo pensiero: un ragionamento basato sui fatti e libertà di parola. Due valori che oggi sono fortemente messi in discussione. Noi, come Fondazione Nobel, abbiamo il dovere di mantenere vivi questi valori. È una nostra responsabilità difenderli“. Difesa che deve, per forza, passare attraverso un riadattamento delle parole che Nobel firmò ormai 125 anni fa.
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