Onde gravitazionali, una scoperta da Nobel
Misurate per la prima volta le increspature dello spazio-tempo previste da Albert Einstein
«Abbiamo rivelato le onde gravitazionali. Ce l’abbiamo fatta!». Giovedì 11 febbraio, in apertura di una già storica conferenza stampa a Washington, è toccato a David Reitze, direttore esecutivo dell’esperimento LIGO, l’onore di annunciare al mondo una delle più importanti scoperte scientifiche del nostro tempo.
Una scoperta duplice, in realtà. Le onde gravitazionali osservate sono state infatti prodotte in seguito al processo di fusione di due buchi neri (collassati in un unico buco nero più pesante), un fenomeno particolarmente violento di cui finora mancava una prova diretta. L’osservazione è stata raccolta il 14 settembre 2015 dai due interferometri dell’esperimento LIGO, a Livingstone e Hanford, negli Stati Uniti: dopo un periodo dedicato alla necessaria verifica dei dati osservati, il risultato è stato pubblicato su Physical Review Letters.
Termina così una “caccia” durata cent’anni. L’esistenza delle onde gravitazionali fu prevista per la prima volta da Albert Einstein come conseguenza della sua teoria della relatività generale, pubblicata nel 1915. L’aspetto forse più rivoluzionario della teoria è che essa prevede una struttura dinamica dello spazio-tempo: in presenza di una massa (si pensi ad esempio a una stella), lo spazio-tempo si incurva, esattamente come accade a una tovaglia tesa quando vi poggiamo sopra una mela. Se poi la massa compie un rapido movimento (come una rotazione o una vibrazione), si generano nello spazio-tempo delle piccole increspature, analogamente a ciò che vediamo in uno specchio d’acqua in seguito allo spostamento di una nave. Le onde gravitazionali sono proprio queste increspature, che una volta prodotte si propagano indisturbate nell’Universo.
Il problema è che si tratta di vibrazioni debolissime, e quindi estremamente difficili da rilevare. A partire dagli anni cinquanta sono stati realizzati numerosi esperimenti allo scopo di misurare direttamente questi segnali, ma senza risultati (sebbene non siano mancati i falsi allarmi). Prima dell’annuncio dell’11 febbraio l’unica prova dell’esistenza di onde gravitazionali era indiretta: nel 1974 i fisici americani Russell Alan Hulse e Joseph Hooton Taylor misurarono la perdita di energia dovuta all’emissione di onde gravitazionali da parte di un sistema binario di pulsar (stelle di neutroni in rapida rotazione). Per questi studi i due scienziati ricevettero il premio Nobel per la fisica nel 1993.
Stavolta a centrare l’impresa della rivelazione diretta è stato l’esperimento LIGO (Large Interferometer Gravitational-Wave Observatory), fondato nel 1992 dai fisici americani Kip Thorne e Ronald Drever. Già attivo dal 2002 al 2010, LIGO è stato poi sottoposto a un potenziamento prima di tornare operativo nel settembre 2015. Nell’esperimento, due interferometri sono attraversati da fasci laser. Il passaggio di un’onda gravitazionale ha l’effetto di modificare leggermente il percorso dei fasci, e questa variazione può essere misurata attraverso sensibilissimi strumenti.
Anche l’Italia ha avuto un ruolo importante nella scoperta. I ricercatori di LIGO lavorano infatti a stretto contatto con quelli di VIRGO, un altro interferometro per onde gravitazionali che ha base a Cascina, in Toscana. Attualmente VIRGO è in fase di manutenzione e non ha materialmente raccolto dati relativi a questa scoperta, ma i ricercatori italiani figurano ugualmente tra gli oltre mille autori del paper pubblicato su Physical Review Letters.
«Con la rilevazione diretta delle onde gravitazionali, per la prima volta è stato misurato un fenomeno cosmico senza l’utilizzo di segnali elettromagnetici» – sottolinea Paolo de Bernardis, ordinario di Astrofisica all’Università La Sapienza di Roma. «Si tratta di una svolta fondamentale che può aprire la strada a una nuova era nell’osservazione del cosmo. Il prossimo passo potrebbe essere l’osservazione delle onde gravitazionali primordiali prodotte nei primi istanti di vita del nostro Universo».
Immagine in evidenza: rappresentazione della fusione di due buchi neri (Credits: Wikimedia Commons)
[…] una prima approvazione per il progetto Et, curioso acronimo di Einstein Telescope, un rivelatore di onde gravitazionali intitolato al fisico che le aveva previste nella sua teoria della relatività […]