Why are we so white?
“Ebano e avorio / Vivono insieme in armonia perfetta / Fianco a fianco sulla tastiera del mio piano / O Signore, perché noi no?”. Così, qualche anno fa, Paul McCartney e Stevie Wonder cantavano (in modo un po’ retorico, va detto) di speranze di integrazione e di pace. È un messaggio, quello della canzone, che purtroppo è ancora attuale e per noi italiani oggi ancora di più. Nel 1982, anno del brano, la società italiana era ancora lontana dal conoscere l’immigrazione dal continente africano che è in corso oggi. Se ci sono luoghi in cui si può coltivare l’integrazione fra culture ed etnie questi sono le scuole e le università. È in queste sedi che si mettono in relazione gli esseri umani attorno a un progetto comune, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità. Avendo questo in mente, non ci
si può che rammaricare per il fatto che il nostro Ateneo sia ancora troppo poco plurale e che la presenza di studenti stranieri, soprattutto dal continente africano, sia ancora esigua. Se fuori dalle mura della Sapienza l’ambiente che ci circonda è ormai multietnico e multiculturale, la sensazione è che al suo interno – se non in contesti specifici – questa pluralità si riduca drasticamente. L’auspicio è che Sapienza sappia sempre più mettere in opera politiche per riflettere al suo interno quella che è ormai la realtà variegata della nostra società, favorendo la presenza di studentesse e studenti di origine non italiana, così come di studiose e studiosi. E l’auspicio è anche che nei nostri corsi di laurea e nei nostri dipartimenti siano sempre più presenti le culture “altre”, come oggetto di insegnamento e di ricerca.
Simone Pollo, filosofo morale presso Sapienza Università di Roma
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