Organocatalisi: la scoperta rivoluzionaria di List e MacMillan
Premiata con il Nobel per la chimica 2021 la scoperta dell’organocatalisi, una tecnica che permette di utilizzare molecole organiche in grado di rendere più semplici, efficaci e sostenibili le reazioni chimiche a livello industriale
di Matilde Atorino, Vera Caruso, Edoardo Collarini e Caterina Demma
“Costruire molecole è un’arte difficile. Benjamin List e David MacMillan sono insigniti del Premio Nobel per la chimica per lo sviluppo di un nuovo preciso strumento per la costruzione molecolare: l’organocatalisi. Questo ha avuto un grande impatto sulla ricerca farmaceutica e ha reso più green la chimica”. Con queste parole, il segretario dell’Accademia Goran Hansoon ha annunciato i nomi dei vincitori del premio Nobel per la chimica 2021. I chimici Benjamin List del Max-Planck-Institut di Mülheim an der Ruhr e David MacMillan dell’Università di Princeton si sono aggiudicati l’onorificenza per aver sviluppato, in maniera indipendente tra loro, la cosiddetta organocatalisi asimmetrica, una tecnica che permette di combinare tra loro le molecole per ottenerne di nuove, evitando che, durante la reazione, possano avvenire contaminazioni, particolarmente efficace nel rendere più economici e sostenibili certi processi chimici.
Grazie ai progressi nel campo della chimica è possibile sintetizzare molecole capaci di favorire l’elasticità di determinati materiali, di inibire la progressione di malattie, di immagazzinare energia. Quasi nulla di tutto ciò sarebbe possibile senza i catalizzatori. Infatti, la catalisi è il processo che permette di modificare la velocità di una reazione grazie all’inserimento di un catalizzatore, una sostanza che può essere di varia natura e che non viene consumato dalla reazione stessa. A livello industriale, l’uso di catalizzatori è fondamentale e la maggior parte di tutte le sostanze commercializzate oggi richiedono l’uso di un catalizzatore in qualche stadio della loro sintesi. In questo contesto, la catalisi asimmetrica, che prevede l’utilizzo di un catalizzatore capace di favorire un percorso di reazione in cui è necessaria una minore energia di attivazione, l’energia minima necessaria a un sistema per innescare una reazione chimica, per rendere possibile e veloce la sintesi di una molecola, ha avuto un grande sviluppo nella preparazione di prodotti chimici, soprattutto per quelli di interesse farmaceutico.
I ricercatori sono stati a lungo convinti dell’esistenza di due soli tipi di catalizzatori: metalli ed enzimi. I primi, impiegati puri o in presenza di particolari additivi, hanno reso possibili molti dei processi fondamentali dell’industria chimica, tra i quali la sintesi dell’ammoniaca e la trasformazione delle sostanze tossiche presenti nei gas di scarico delle automobili in molecole innocue. I secondi, più propriamente chiamati biocatalizzatori, sono proteine in grado di facilitare le reazioni, particolarmente importanti nella sintesi chimica di numerosi farmaci.
Tuttavia, l’utilizzo dei catalizzatori si porta dietro problemi pratici e ambientali. Gli enzimi non sono di semplice impiego in un contesto industriale e i metalli, in caso di esposizione all’aria e all’umidità, possono facilmente ossidarsi e smettere di funzionare. Così, i ricercatori si sono impegnati nello studio di nuove vie catalitiche da poter utilizzare soprattutto in ambito industriale e l’organocatalisi si è sviluppata a una velocità sorprendente negli ultimi venti anni.
David MacMillan ha lavorato a lungo per trovare una soluzione in grado di ottenere reazioni asimmetriche usando metalli. Partendo da reazioni chimiche che prevedevano l’utilizzo di metalli poco maneggevoli e di difficile utilizzo, è riuscito a sviluppare un metodo di catalisi che si basa sull’utilizzo di piccole molecole organiche, prive di elementi inorganici come i metalli, in grado di formare uno ione, l’imminio, contenente azoto in grado di attrarre elettroni da altre molecole. Il chimico scozzese è stato così in grado di produrre sintesi asimmetriche utilizzando molecole organiche come catalizzatori.
Contemporaneamente, Benjamin List si è dedicato allo studio di grandi enzimi in grado di comportarsi come catalizzatori durante reazioni chimiche che avvenivano nel sistema immunitario di alcuni batteri quando questi venivano attaccati da virus. Concentrandosi in particolar modo sul funzionamento specifico di queste proteine e sul loro effetto catalitico, ha ipotizzato la possibilità di ricostruire solo la specifica porzione di proteina interessata dalla reazione chimica e ottenere così una piccola molecola organica in grado di funzionare come catalizzatore. Per farlo ha utilizzato la prolina, un amminoacido impiegato come catalizzatore nella sintesi di alcune molecole di origine naturale già negli anni ‘70 e poi rapidamente abbandonato: in maniera abbastanza inaspettata, List è riuscito a comprendere che la prolina era in grado di catalizzare la reazione e di renderla asimmetrica.
Con i loro studi, List e MacMillan hanno quindi mostrato che i catalizzatori organici possono essere utilizzati per rendere possibili e facilitare moltissime reazioni chimiche. “Utilizzando queste reazioni”, ha sottolineato il Comitato per il Nobel, “i ricercatori possono ora costruire in modo più efficiente qualsiasi cosa, da nuovi prodotti farmaceutici a molecole in grado di catturare la luce nelle celle solari. In questo modo, gli organocatalizzatori stanno portando un enorme beneficio all’umanità”.
I vantaggi che derivano dallo sviluppo dell’organocatalisi sono notevoli. Rispetto ai metalli, le piccole molecole organiche sono molto più semplici da ottenere e da utilizzare, hanno un impatto ambientale molto minore e non richiedono un ambiente privo di ossigeno e di umidità, abbassando così sensibilmente i costi di gestione. Inoltre, essendo di piccole dimensioni e meno sensibili a processi di deterioramento, garantiscono una facilità di sintesi e una maneggiabilità che le rende particolarmente adatte per un utilizzo su grande scala. Queste caratteristiche hanno reso l’organocatalisi asimmetrica uno strumento indispensabile nel settore farmaceutico, vista la necessità di avere molecole complesse e con una simmetria specifica. Infatti, grazie ai progressi nell’ambito di ricerca dell’organocatalisi asimmetrica sarà possibile produrre in maniera semplice, economica, efficace e sostenibile molecole di fondamentale importanza per il settore farmaceutico.
L’organocatalisi: una tecnica green per ottenere molecole complesse
Fabrizio Vetica, ricercatore Sapienza al Dipartimento di Chimica, si è occupato per anni di organocatalisi asimmetrica. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di spiegarci l’importanza della scoperta che è valsa a MacMillan e List il Nobel per la chimica di quest’anno.
Cos’è l’organocatalisi asimmetrica? E perché usiamo questo aggettivo?
“L’organocatalisi asimmetrica è una tecnica di sintesi che permette di ottenere delle molecole complesse utilizzando delle piccole molecole organiche che sono costituite principalmente da carbonio, idrogeno e azoto. Per comprendere il concetto di organocatalisi asimmetrica, dobbiamo definire cosa si intende per chiralità (dal greco χείρ, ‘mano’). È una proprietà degli oggetti tridimensionali che non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare: un classico esempio è, per l’appunto, quello delle mani. Ci sono alcune molecole che hanno dei centri chirali, cioè degli atomi di carbonio con particolare orientazione dei sostituenti, che esistono come due immagini speculari. Queste due immagini speculari si chiamano enantiomeri. La particolarità degli enantiomeri è che se siamo in un ambiente achirale, quindi un’ambiente che non discrimina l’orientazione spaziale di queste molecole, questi reagiscono in maniera completamente identica. Ma se invece siamo in un ambiente chirale, cioè un ambiente che permette di discriminare sull’orientazione spaziale di queste molecole, a quel punto gli enantiomeri reagiscono diversamente. È importante capire se di una determinata molecola serve una sola delle due immagini speculari, grazie all’organocatalisi asimmetrica è possibile ottenere la sintesi verso una sola di queste molecole. Questo è fondamentale a livello cellulare perché amminoacidi, zuccheri ed enzimi sono chirali”.
Quali sono i vantaggi degli organocatalizzori a livello ambientale?
“L’utilizzo di queste molecole organiche rientra nell’ambito green della chimica perché sostituiscono i catalizzatori che contengono metalli. I metalli e i complessi di metalli sono difficili da maneggiare e sono necessarie particolari condizioni operative. Oltre a questo, lo smaltimento dei metalli pesanti costituisce un problema per la sostenibilità ambientale. Gli organocatalizzatori, invece, sono biocompatibili e possono essere riciclati. Da un punto di vista ambientale i solventi organici possono essere sostituiti dall’acqua, il che segna un altro punto a favore dell’impatto ambientale”.
Quali sono i principali campi di applicazione di questa scoperta?
“Sicuramente la sintesi di principi attivi. L’ambiente biologico è un ambiente chirale e le molecole che introduciamo possono avere delle ripercussioni negative. Questo perché un enantiomero può avere effetti diversi rispetto ad un altro. Un esempio storico è la talidomide che veniva somministrata alle donne in gravidanza: uno dei due enantiomeri aveva effetti teratogeni. Grazie all’organocatalisi è possibile controllare quale enantiomero stiamo sintetizzando. Nei processi di sintesi di molti principi attivi sono state introdotte procedure organocatalitiche all’interno della via sintetica. Un esempio è quello della levofloxacina, un comune antibiotico che può essere ottenuto con l’organocatalisi asimmetrica”.
Quali sono gli sviluppi futuri di questa tecnica?
“La combinazione con delle tecnologie innovative è sicuramente il futuro. Si può combinare l’organocatalisi con la fotocatalisi, o con tecniche elettrochimiche. Il mio gruppo di ricerca è attualmente impegnato nello studio di reazioni domino che permettono di riciclare il catalizzatore e ottenere direttamente il prodotto finale per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale. Ovviamente, c’è ancora molto da fare perché la tecnica sia completamente sostenibile”.
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