Paul Greengard: un biofisico alla scoperta del cervello
Sua l’idea di combinare biochimica e biofisica per comprendere il funzionamento dei neuroni. Una rivoluzione, in un’epoca in cui ancora non si conoscevano le basi della comunicazione fra cellule nervose
Paul Greengard nasce nel 1925 a New York, in circostanze tragiche. Sua madre infatti muore nel darlo alla luce. Il padre, un uomo d’affari, ex cantante e ballerino, si risposa quando Paul ha tredici mesi.
Dopo aver frequentato le scuole pubbliche, trascorre tre anni in marina come tecnico elettronico. Viene assegnato a un team del MIT (Massachusetts Institute of Technology) per lo sviluppo di un sistema di allarme che intercetti gli aerei kamikaze giapponesi prima che raggiungano le navi della flotta americana.
Nel 1948 si laurea in matematica e fisica. Vorrebbe fare una scuola di specializzazione in fisica teorica, ma, a soli tre anni dal bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, teme di essere coinvolto nello sviluppo di nuove armi di distruzione di massa. Decide quindi di dedicarsi alla biofisica e in particolare allo studio della funzione nervosa tramite tecniche elettrofisiologiche. Inizia quindi il suo primo progetto di ricerca in laboratorio sotto la guida di H. Keffer Hartline, che, per i suoi studi sui processi visivi degli animali, alcuni anni dopo verrà insignito del premio Nobel per la Medicina.
Finché un giorno Paul Greengard non assiste a una lezione di Alan L. Hodgkin sulle ricerche, condotte insieme a Andrew Huxley, sulla base ionica degli impulsi nervosi, un lavoro che varrà loro il premio Nobel per la medicina nel 1963. È una rivelazione: Greengard capisce che bisogna combinare tecniche biochimiche e biofisiche per comprendere come funzionino le cellule del nostro cervello.
Dopo il dottorato alla John Hopkins University, si sposta in Europa, alternandosi fra Gran Bretagna e Olanda. Racconterà in seguito di essersi trovato bene in Inghilterra, «un luogo particolarmente compatibile con la mia personalità, che allora era piuttosto riservata». Ma a cospirare verso il suo ritorno negli Stati Uniti sarebbero stati «il basso livello di finanziamenti per la ricerca scientifica, la mia ignoranza delle sfumature del complesso sistema educativo anglosassone – i miei due figli sono nati lì – e la mancanza di riscaldamento centralizzato».
Lavora all’NIH (National Institutes of Health) e poi all’azienda farmaceutica Geigy, spinto dalla speranza di vedere presto le ricadute cliniche delle sue ricerche e di trovare nuovi farmaci per il trattamento dei disordini neurologici e psichiatrici. Rimane però deluso dalla rigidità dell’azienda e dall’estrema difficoltà di ottenere l’autorizzazione a intraprendere progetti di ricerca innovativi. Nel 1967 lascia la Geigy, e diventa professore all’Università di Yale, dove vedono la luce i suoi primi lavori sulla trasduzione del segnale nel sistema nervoso. Finché non arriva una proposta per lui irresistibile: quella di insegnare alla Rockefeller University. Nel 1983 si trasferisce quindi a New York, dove vive tuttora. È lì che svolge la maggior parte del lavoro sulla neurobiologia della segnalazione nervosa che lo porterà al Premio Nobel nel 2000. Premio che condivide con Arvid Carlsson e Eric R. Kandel, “per le loro scoperte sulla trasduzione del segnale nel sistema nervoso”. I tre scienziati con le loro ricerche hanno chiarito come i vengono letti e interpretati i messaggi che i neuroni si inviano (nella trasmissione nervosa c’è sempre un neurone presinaptico che trasmette e un neurone postsinaptico che riceve).
Paul Greengard ha studiato la comunicazione fra le cellule cerebrali. Sua la scoperta di una famiglia di proteine molto abbondanti nel cervello, che ha chiamato sinapsine, a causa della loro localizzazione sulle vescicole sinaptiche. Per questi studi, Greengard si è avvalso di molteplici collaboratori provenienti da varie parti del mondo. Non mancano gli italiani: Pietro De Camilli, Fabio Benfenati e Flavia Valtorta.
Greengard ha deciso di usare la sua parte del premio – circa 400’000 $ – per istituire il Pearl Meister Greengard Prize, un riconoscimento annuale destinato a una ricercatrice che si sia distinta in campo biomedico. Un modo per ricordare sua madre.
L’esperienza della proclamazione del Nobel e di tutto ciò che ne è seguito è stata da lui raccontata in un buffo diario, da cui traspare l’umanità e la simpatia di questo scienziato. Testimoniate fra gli altri anche da una giovane dottoranda, che tanti anni fa, al tavolo di un ristorante di Roma, si sorprese nel vedere lui e la moglie scultrice ordinare la pizza dopo i tortellini… Non poteva immaginare di trovarsi al cospetto di un futuro Premio Nobel, né che lei stessa avrebbe poi deciso di intraprendere la strada della comunicazione, e di raccontare le storie della scienza e dei suoi protagonisti.
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