Piombo dell’antica Roma per la ricerca sui neutrini
Alcuni lingotti di piombo di epoca romana recuperati al largo della Sardegna saranno utilizzati dall’INFN per l’esperimento CUORE
Il 18 gennaio scorso, al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, si è tenuta la cerimonia di consegna all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) degli ultimi trenta lingotti di piombo recuperati nel 1990 da un relitto al largo dell’Isola di Mal di Ventre, in provincia di Oristano. La nave, di epoca romana, era affondata intorno al I secolo a.C. e conteneva circa mille lingotti di piombo provenienti dall’ area mineraria di Sierra di Cartagena, in Spagna. Su ogni lingotto è presente un cartiglio, una sorta di “marchio di fabbrica” che ha permesso di risalire ai proprietari, Caio e Marco della famiglia dei Pontilieni e Lucio Carulio Hispalo. Di questi mille lingotti ne sono stati recuperati circa la metà. Alcuni sono esposti al Museo Archeologico di Cagliari e al Museo Civico Giovanni Marongiu di Cabras, mentre altri, privati del cartiglio che sarà conservato dagli archeologi, hanno preso la via dei laboratori sotterranei del Gran Sasso.
Il progetto di recupero dei lingotti è stato, infatti, in parte finanziato dall’ INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare perché il piombo, rimasto sott’acqua per oltre duemila anni, presenta le caratteristiche ideali per essere impiegato nel progetto CUORE, acronimo di Cryogenic Underground Observatory for Rare Events, un progetto che coinvolge vari istituti di ricerca italiani e internazionali.
«Questo piombo» spiega Ettore Fiorini, ideatore di CUORE «è un materiale preziosissimo, con un importante valore scientifico, oltre che archeologico, per la schermatura degli apparati per la ricerca di eventi rari. Si tratta, infatti, di un materiale che dev’essere totalmente privo di contaminazione radioattiva. Il piombo moderno contiene una debole contaminazione radioattiva dovuta al suo isotopo 210, che si dimezza in circa ventidue anni. Da qui l’idea di utilizzare il piombo della nave romana che, essendo stato prodotto duemila anni fa, non contiene più isotopi radioattivi».
Situato nei laboratori sotterranei del Gran Sasso, CUORE si propone di indagare alcune proprietà dei neutrini. Dopo l’assegnazione del Nobel per la fisica del 2015 a Takaaki Kajita e Arthur McDonald per le loro scoperte sull’oscillazione dei neutrini, che hanno dimostrato di essere particelle dotate di massa, CUORE cerca di fare un passo in più: si propone infatti di osservare il doppio decadimento beta in assenza di neutrini, che non solo permetterebbe di quantificare la massa di queste particelle, ma dimostrerebbe anche la loro natura di fermioni di Majorana, cioè particelle che sono anche la propria antiparticella.
Il doppio decadimento beta è già, di per sé, un fenomeno raro. Consiste in un processo per cui, all’interno del nucleo di un atomo, due neutroni si trasformano in due protoni, con emissione di due elettroni e due antineutrini. Se, come teorizzato da Majorana, antineutrino e neutrino fossero la stessa particella, verrebbero emessi solo i due elettroni e si verificherebbe quindi un doppio decadimento beta in assenza di neutrini.
CUORE è formato da diciannove torri costituite da 988 bolometri di diossido di tellurio, strumenti in grado di misurare la radiazione elettromagnetica totale. La temperatura a cui opera è bassissima, circa dieci millesimi di grado sopra lo zero assoluto.
Come ha spiegato Fernando Ferroni, presidente dell’Infn, “L’utilizzo dei lingotti di piombo romano rappresenta un caso esemplare di collaborazione tra le Istituzioni, finalizzata a valorizzare il patrimonio archeologico nazionale e la ricerca scientifica di frontiera, come quella sulla fisica dei neutrini, premiata nel 2015 con il Nobel”.
Crediti dell’immagine in evidenza: Museo Civico Giovanni Marongiu, Cabras (OR)
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