Prati incantati
Alla Sapienza è conservato, tra mobili dell’Ottocento e strumenti all’avanguardia, nell’edificio di Botanica del Dipartimento di Biologia Ambientale, il secondo erbario in Italia per ampiezza di campioni che conta più di un milione di esemplari. Un erbario in continua espansione, proiettato verso il futuro. Non solo conservazione ma anche digitalizzazione, un lavoro che permetterà di divulgare, le storie legate ai singoli campioni, e la bellezza e l’importanza dei fogli d’erbario. Di questo ed altro ne abbiamo parlato insieme a Donatella Magri, Mauro Iberite e Caterina Giovinazzo.
Intervista a Donatella Magri, Mauro Iberite e Caterina Giovinazzo
di Diego Parini, Mattia La Torre e Carmine Nicoletti
Iberite: Da sempre collezione di singoli docenti e di studiosi, la base scientifica delle pubblicazioni sulla flora, diventano materiale di museo. Sia la documentazione storica del lavoro effettuato ma anche la documentazione storica della distribuzione delle piante sul territorio. La maggior parte dei musei erbari nascono in questo modo oppure sono nati dalla coalescenza di erbari privati donati o comprati. Nel momento poi in cui il materiale entra nel museo deve acquisire la struttura standard delle nostre collezioni; perché chi raccoglie per sé prende appunti, non scrive completamente il cartellino, ha dei quaderni di campagna dove ci sono tutte le informazioni. Queste informazioni, nel momento in cui diventa una collezione di erbario, devono essere connesse a ogni singolo esemplare. È raro, ma se questi dati non fossero disponibili bisognerebbe buttare il campione. Il valore di queste piante non è solo l’identificazione, ma tutte le note certificate di esperti botanici, questo ora, con le moderne tecnologie, ci permette di mettere tutto a disposizione online, anche con la georeferenziazione.
Quanti pezzi avete e quali sono i più importanti?
Magri: Abbiamo oltre un milione di esemplari che rendono l’erbario della Sapienza il secondo erbario italiano e, nell’ambito degli erbari mondiali, siamo nel top due per cento. Abbiamo una quantità di materiale e di informazioni notevole, attualmente stiamo cercando sempre più di mettere a posto e di rendere le collezioni più fruibili. Le collezioni più importanti sono quelle provenienti dal Lazio e Italia centrale, perché l’erbario è appunto un aggregato di collezioni, molte delle quali conservate nei mobili originari di via Panisperna, da dove è stato portato l’erbario. Dopodiché, è presente un erbario generale che comprende il resto d’Italia e il resto del mondo, poi altre collezioni minori come l’erbario Cesati risalente all’Ottocento.
A chi può essere rivolto un erbario?
Magri: Innanzitutto, ai botanici, poiché il primo scopo è l’attività di ricerca scientifica. Tuttavia, sulle piante ci sono tantissimi appassionati, per esempio una signora che ci ha lasciato la sua collezione, è una bravissima botanica ma non è botanica di professione. Inoltre, sulle piante si possono costruire molte storie; questo ci dà la possibilità di fare divulgazione, perché c’è molto da raccontare. Abbiamo incominciato a produrre alcuni video a partire dalle immagini dei nostri fogli d’erbario digitalizzati, dietro le quali ci sono tantissime storie. Per esempio, attualmente è presente una mostra all’Archivio di Stato a Sant’Ivo alla Sapienza, inaugurata a luglio ed aperta fino a ottobre. Dietro c’è appunto una storia: all’Archivio di Stato hanno trovato delle prove di carta dell’Ottocento, fatte con piante insolite; noi abbiamo fornito le piante da mettere in mostra. In questo caso abbiamo in mostra sia la prova cartacea sia le piante. Tutto ciò appassiona veramente tanto chi sente questi racconti ed è una maniera semplice di divulgare, ma anche gradevole e bella. Il nostro scopo principale è sicuramente la parte scientifica ma la parte divulgativa non è da poco.
Quanto è importante la digitalizzazione?
Magri: Negli ultimi anni abbiamo avviato un’attività di digitalizzazione. Da un lato abbiamo ancora una cura tradizionale dei campioni, che non potrà mai smettere di esistere, perché dobbiamo sempre conservarli nel modo migliore, dall’altro lato stiamo digitalizzando i campioni, per avere un dato facilmente utilizzabile e per potere mettere on line la nostra ricchezza rendendola disponibile per tutti. Abbiamo allestito una sala di digitalizzazione, anche grazie al sostegno del Polo Museale, e siamo partiti da alcune collezioni più recenti, e via via stiamo andando avanti a ritmo pieno. Questo è uno spazio abbastanza grande e speriamo che con il PNRR potremmo anche allargarci su digitalizzazioni massive.
Quanto è interdisciplinare?
Iberite: Alcuni materiali, ad esempio, quelli più preziosi sono i “tipi” – l’esemplare che è stato utilizzato dallo studioso per descrivere per la prima volta una specie – si prestano bene per fare dei prelievi e delle analisi del DNA.
Magri: La questione è che spesso sono materiali molto ridotti quindi staccare una parte, seppur molto piccola, è sempre un grosso problema. Tuttavia, lo si fa, perché di fatto l’esemplare acquisisce una quantità di informazioni e un valore scientifico enorme. Nel momento in cui il DNA di un esemplare è stato sequenziato, quella sequenza viene depositata in una gene bank pubblica; in più, sull’esemplare di erbario viene indicato anche che è stato sequenziato il suo DNA. Oggi si fa tassonomia non solo a livello morfologico, ovvero come è fatta la pianta e tutti i suoi caratteri principali, ma anche a livello molecolare; riuscire a ricostruire il DNA degli esemplari “tipo” è molto importante.
Aspettative per il futuro?
Giovinazzo: Divenire uno strumento utile alla ricerca, e allo stesso tempo, uscire all’esterno con la divulgazione. Coinvolgere il pubblico giovane, e meno giovane, in tematiche legate alla conoscenza approfondita della botanica, ti permette di poter affrontare in maniera più serena, con più cognizione di causa, tutte quelle tematiche legate al cambiamento ambientale. Far conoscere il museo erbario ci porterà sicuramente insomma a una presa di coscienza maggiore di queste tematiche.
Magri: Per esempio, un’altra tematica è la conservazione della biodiversità, e noi qui abbiamo un deposito di biodiversità. Conoscere la biodiversità per conservarla, è assolutamente importante. In un futuro arriveranno nuove tecnologie e nuove modalità di studio dei campioni, questo materiale è conservato per il futuro. Cinquanta anni fa non potevamo immaginare quello che si sta facendo adesso, questo materiale tra 50 anni sarà ancora lì, secco e pronto per analisi per chi verrà a farle. Questa continuità nel tempo, questa tradizione che si rinnova e si aggiorna, con una prospettiva al futuro credo che sia uno degli aspetti più belli di queste collezioni. È un museo classico, un museo antico però è un museo che ha delle prospettive future non piccole.
Il personale?
Magri: Di personale ne serve tanto, perché di lavoro ne abbiamo parecchio; infatti, se cominciassimo adesso l’attività di digitalizzazione penso che ne avremmo per vent’anni. Abbiamo due tecnici che lavorano in erbario, poi abbiamo la collaborazione di Caterina Giovinazzo, che è la curatrice d’area del polo museale, dopodiché abbiamo alcuni colleghi ricercatori come il Prof. Iberite, che nella sua ricerca utilizza particolarmente l’erbario, e anche un certo numero di studenti. In più riceviamo richieste di materiale da diversi studiosi; quindi, c’è un certo movimento. Nonostante, per sua natura, sia un ambiente chiuso abbiamo un bel movimento di persone. Non è il classico museo dove tu puoi andare e osservare le vetrine, però c’è un viavai dal punto di vista scientifico.
Donatella Magri, Palinologa presso il Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma
Mauro Iberite, Botanico presso il Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma
Caterina Giovinazzo, Curatrice dell’area Scienze Biologiche del Polo Museale della Sapienza Università di Roma
Per saperne di più:
il foglio di erbario
Una pianta essiccata può diventare un documento scientifico se corredato da specifiche informazioni:
1. Località e data di raccolta
2. Ambiente di raccolta
3. Nome di chi ha raccolto
4. Nome della pianta
5. Nome di chi ha dato il nome alla pianta
Uno degli elementi che può anche non essere presente è il nome della pianta. Sembrerà strano, ma può non essere presente poiché può essere assegnato, ma modificato, in qualsiasi momento a seguito di una revisione tassonomica. Per quanto riguarda la pianta, devono essere presenti i diversi caratteri diagnostici e le parti significative, così da poter essere riviste e studiate in ogni occasione.
Guarda l’intervista completa sul canale YouTube di STAR
Commenti recenti