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Il Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, ha previsto la creazione di cinque centri nazionali di ricerca. Parliamo degli obiettivi e delle opportunità di questi centri con Hellas Cena coordinatrice dello spoke 6 “Biodiversity and Human Wellbeing” che fa parte del centro nazionale per la Biodiversità. Inoltre, di come il benessere dell’uomo sia il punto centrale di questi progetti di ricerca.
intervista a Hellas Cena
di Mattia La Torre e Sofia Gaudioso
Qual è la filosofia del Pnrr?
La filosofia del Pnrr è quella di riuscire a creare, attraverso un flusso di denaro, più resilienza e progresso per il paese. Questo obiettivo è realizzabile attraverso l’esplorazione di tematiche attuali che possono dare origine nel futuro a una ricerca che ci vedrà coinvolti in maniera più trasversale e attraverso la formazione di ricercatori che riescono a studiare il mosaico nel suo insieme in quella che è una multidisciplinarietà in cui tutti noi dovremmo integrarci. L’altro obiettivo è quello di riuscire a creare nuove professioni perché il mondo cambia velocemente e i giovani hanno bisogno di identificarsi in nuovi ruoli. Questo ovviamente porterà anche a nuove modalità di formazione e a nuovi corsi di laurea e per il momento noi accademici siamo troppo ingessati nei corsi tradizionali oramai non più attuali. L’ultima cosa è che il Pnrr ci ha dato la capacità di vedere nell’alleanza con le imprese una maggiore massa critica e una maggiore capacità di esprimerci.Secondo me questa è la vera rivoluzione culturale alla quale stiamo assistendo in questa forma oserei dire quasi di Rinascimento.
Se lei dovesse fare un bilancio su quello che è stato e sarà per la ricerca in che cosa miglioreremo?
Prima di tutto miglioreremo nella capacità di comprensione di sistemi complessi. Le problematiche con cui ci confrontiamo e con cui ci confronteremo nel futuro non sono diverse da quelle del passato ma poiché le nostre conoscenze sono più elevate la complessità è molto maggiore. Se devo fare una analogia di questo pensiero rispetto al centro biodiversità già Lucrezio ci scriveva nel “De rerum natura” che dovevamo prenderci cura del pianeta perché il pianeta aveva bisogno di noi così come noi del pianeta. Sono passati migliaia di anni e stiamo ripetendo lo stesso mantra ma con una mole di conoscenze pazzesche che se non vengono integrate tra loro non ci permettono di arrivare ad una soluzione. Dobbiamo imparare a dialogare fra di noi, ad ascoltarci e ad acquisire tramite gli occhi degli altri nuovi punti di vista.
Nello spoke 6 c’è proprio una visione integrata tra ambiente e salute umana giusto?
Si. Il centro biodiversità è un centro fatto da tanti spoke. Diciamo che il centro si occupa principalmente di tre grosse aree, l’area mare, l’area terra e l’area urbana. Nell’area urbana c’è anche lo spoke 6. Tutti gli spoke pari del centro biodiversità fanno valorizzazione mentre gli spoke dispari si occupano di monitoraggio e conservazione della biodiversità. In città ci abitano gli esseri umani più che nelle altre zone di interesse del centro biodiversità. Quindi gli esseri umani diventano parte degli abitanti che al pari di animali e fiori devono essere presi in considerazione. Tutto quello che facciamo, la biodiversità marina, la biodiversità terrestre, l’utilizzo dei reflui della città per creare qualcosa di nuovo sono fatte sempre e comunque per un unico scopo e cioè per il benessere dell’uomo. Se non ci occupiamo del benessere dell’uomo che cosa le facciamo a fare? in fondo è una modalità un po’ egoistica ma molto realistica di vedere le cose. Il benessere dell’uomo vuol dire la qualità di vita ma anche l’assenza di malattie cronico degenerative che sono principalmente causate dall’ambiente, da come mangiamo, da come ci muoviamo, da come è la nostra vita se stressata o meno, se l’aria che respiriamo è piena di smog e se l’acqua che beviamo è pura.
Quindi lei è dentro questo spoke ma è anche prorettrice alla terza missione mi sembra che le cose siano anche in questo caso connesse?
È vero. Io penso che il Pnrr sia l’espressione della terza missione. È un po’ difficile far passare questo concetto perché la terza missione o non si sa cosa sia oppure per chi lo sa prende automaticamente il sopravvento dell’aggettivo terza. In realtà, come dico sempre sorridendo ai miei colleghi, la terza missione è la missione dell’università che viene svolta anche attraverso la prima e la seconda. Facciamo didattica per formare delle figure che possano un domani diventare dirigenti e professionisti e poi facciamo ricerca per cercare delle soluzioni a dei problemi della popolazione. Entrambe le cose si riflettono sul territorio sulla gente e sul mondo. Quindi è questa la terza missione.
Le ultime due domande, siamo pronti per la partenza dei centri?
Assolutamente sì. Una fatica immane però il fatto che l’abbiamo fatta tutti insieme e che ci siamo sostenuti secondo me l’ha resa anche un gioco di ruoli divertente ed eccitante. Pensare di poter agire su un cambiamento secondo me è uno degli obiettivi l’uomo vorrebbe raggiungere e quindi avere la percezione di poter fare qualcosa secondo me è veramente grandioso. È l’essenza dell’esistenza.
Come definirebbe i suoi colleghi con i quali ha costruito questi progetti in una parola sola?
Direi audaci.
Hellas Cena, Prorettrice alla Terza Missione, Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Professoressa presso l’Università degli studi di Pavia.
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