questioni di comportamento
Missione, lavoro di squadra e multidisciplinarietà. Sono queste le caratteristiche che per Eleonora Centofante, ricercatrice presso il dipartimento “Charles Darwin” della Sapienza università di Roma, offre un bando PNRR. Parliamo con lei del suo percorso accademico.
Si può presentare a* lettor* di STAR raccontandoci il suo percorso accademico?
Sono originaria di Roma e per questo il mio percorso accademico è iniziato qui, in Sapienza, prima con una triennale in scienze biologiche e poi con una magistrale in neurobiologia. Conclusa la magistrale ho passato un’estate negli Stati Uniti, a Boston, dove ho avuto l’opportunità di conoscere un laboratorio nuovo e una PI (NdR Principal Investigator) che mi ha chiesto di tornare, l’anno dopo, a svolgere un dottorato di ricerca. Quindi, compilate le pratiche per svolgere il dottorato, ho deciso di partire per quest’avventura. Negli Stati Uniti lavoravo su un joint project che coinvolgesse il mio PI in Italia e quello oltreoceano. A Boston sono rimasta cinque anni. Sono rientrata alla Sapienza nel 2018 con una posizione di Post-doc nel laboratorio del professor Mele.
sono fiera sostenitrice dell’accademia italiana, con tutti i difetti che conosciamo. L’approccio scientifico italiano lo trovo più rigoroso
Nello specifico qual è il suo campo di ricerca?
Ho una formazione nel campo della neurobiologia. Ho lavorato su modelli animali e mi sono sempre occupata di caratterizzazione di modelli animali di patologie umane. Nasco come behavioral neuroscientist, poi ho acquisito expertise di elettrofisiologia in vivo, studiando l’attività neuronale in risposta a diversi stimoli, e di farmacologia, studiando come le varie regioni cerebrali rispondono a farmaci e ad altre stimolazioni.
Quali comportamenti ha analizzato?
Per esempio, nel mio percorso di magistrale, ho studiato il comportamento neonatale. Per cui registravo vocalizzazioni ultrasoniche dei topi neonati, chiamati pups, che quando allontanati dalla madre “piangevano”. Non sono suoni che si sentono, ma vengono registrati attraverso speciali apparecchiature. Un altro comportamento interessante è stato lo studio spaziale dei roditori, che, attraverso vari esperienti con l’utilizzo di una piscina, hanno mostrato di saper costruire una mappa spaziale che richiede di riconoscere i punti fermi e capire come fare un percorso.
credo che delle caratteristiche importanti di un buon scienziato siano la dinamicità e la flessibilità. Negli Stati Uniti sono molto rigidi sotto certi aspetti umani
Cosa si porta dietro dall’esperienza negli Stati Uniti?
Penso che il mondo accademico italiano sia molto performante. Sono fiera sostenitrice dell’accademia italiana, con tutti i difetti che pur conosciamo. Devo dire che prediligo l’approccio scientifico italiano, lo trovo più rigoroso, sotto certi aspetti. Degli Stati Uniti, invece, apprezzo molto la capacità di adattarsi e l’approccio multidisciplinare, oltre naturalmente alla possibilità di utilizzare strumenti che incentivano la libertà lavorativa e alle tante collaborazioni possibili, aspetti che vorrei fossero più forti anche qui in Italia.
E invece l’aspetto che le è piaciuto meno lavorando negli Stati Uniti?
Credo che delle caratteristiche importanti di un buono scienziato siano la dinamicità e la flessibilità. Negli Stati Uniti sono molto rigidi sotto certi aspetti umani. Seguono alcuni parametri, ma non hanno una visione d’insieme.
Cosa offre di diverso un bando PNRR?
Da un punto di vista concettuale offre qualcosa di più, perché rispetto a un assegno di ricerca o a una posizione di ricercatore, lavorare per il PNRR significa lavorare per un gruppo numeroso e con una missione più grande. Quelle del PNRR sono risorse pensate per poter estendere le nostre conoscenze e così darci maggiori strumenti per affrontare qualsiasi altra crisi. Il senso di appartenenza è quindi molto più forte. Il gruppo è più forte. Da qui anche la multidisciplinarità che ne consegue. Naturalmente, anche l’aspetto pratico è molto importante: i fondi stanziati consentono infatti l’acquisto di strumentazioni di un certo livello, permettendo inoltre di realizzare accordi internazionali.
Oggi di cosa si occupa?
Oggi ho cambiato laboratorio e quindi anche campo di ricerca, perché il posto da ricercatrice l’ho ottenuto nel laboratorio della professoressa Isabella Saggio, sempre in Sapienza. Quando sono arrivata avevano un progetto già avviato e questo mi ha permesso di entrare con più calma e di conoscere sia le persone sia il campo di ricerca. Il progetto studia l’invecchiamento e il danno cellulare, in particolare del tessuto cardiaco, su modelli animali – che è un po’ il filo conduttore della mia carriera scientifica. Io ho portato i miei expertise sui modelli animali e sto acquisendo singolarmente tutte le nuove skill che riguardano questo nuovo campo di ricerca. Entrare in un progetto già in corso mi ha permesso di avere più tempo per abituarmi al nuovo ambiente e studiare nuove cose. Sono contenta di essermi messa in gioco in questa nuova avventura.
lavorare per il PNRR vuol dire lavorare per un gruppo numeroso, forte e con una missione più grande e multidisciplinare
Quanto è utile cambiare laboratorio? È un’esperienza che secondo lei le porterà qualcosa in più?
È un discorso un po’ complesso. Io credo che serva cambiare laboratorio e che sia un’esperienza utile. C’è un aspetto che riguarda il cambio di ambiente in cui lavori che permette di approcciarsi diversamente alla scienza, e conoscere diversi approcci è fondamentale, perché la conoscenza deriva dal confronto. Quindi, in questo senso, il cambio è arricchente. D’altra parte vi è l’esigenza di cercare una strada precisa, approfondirla e poter diventare esperta in quel particolare ambito. Tuttavia, in questo momento mi trovo ancora in una fase formativa, e sono certa mi servirà acquisire competenze a più ampio spettro.
La difficoltà più grande che ha affrontato cambiando laboratorio?
Lo studio, cioè l’approccio a modelli diversi, e anche il guardare una stessa cosa con occhi diversi. Infatti, studiavo in entrambi i laboratori il modello animale, ma considerando aspetti diversi. E quindi la difficoltà più grande è stata proprio questa: il continuo studio.
la speranza sarebbe quella di riuscire a fare questo mestiere per la vita e potermi stabilizzare
Il bando PNRR dura 3 anni. Si è posta degli obiettivi?
Sì. Innanzitutto vorrei sfruttare questa opportunità per accrescere il più possibile il mio curriculum e quindi raggiungere i parametri per poter ottenere sempre più pubblicazioni. La speranza è quella di riuscire a fare questo mestiere per la vita e riuscire, a un certo punto, a stabilizzarmi. Quindi, che le risorse che abbiamo adesso siano un’energia che permetta di creare più posti di lavoro e una maggiore stabilizzazione.
il mio futuro lo vedo nel mio Paese, perché credo che scappare non è mai una soluzione. Vorrei lottare per migliorare il nostro sistema
Dove si vede fra tre anni?
Mi vedo bene a fare questo mestiere. Un po’ più complesso è invece immaginare un ruolo preciso. Mi vedo sicuramente a fare ricerca, ma non so se mi vedrei leader o solo parte di un gruppo che fa ricerca. Il mio futuro lo vedo nel mio Paese, perché credo che scappare non sia mai una soluzione. Se abbandoni un sistema, non potrai migliorarlo; io invece vorrei lottare per migliorarlo.
Eleonora Centofante, biologa e ricercatrice a tempo determinato di tipo A presso il dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza università di Roma
Sofia Gaudioso, biologa e comunicatrice della scienza, Sapienza università di Roma
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